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dal cremlino al fronte

Putin comanda (male) la guerra nel Donbas

Micol Flammini

Altro che fine stratega, tutti gli errori sul campo sono decisi direttamente dal presidente russo. Anche la sua intelligence è stata carente: gli informatori usati in Ucraina sono uomini dell'ex presidente Yanukovich che, per riprendere il loro potere e accelerare l'arrivo dei russi, potrebbero aver fornito informazioni inesatte

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Tornato dalla sua visita a Mosca in aprile, il cancelliere austriaco, Karl Nehammer, disse che Vladimir Putin era fuori dal mondo, contribuendo così a creare un’aura di informazioni rarefatte attorno al presidente russo. Dall’invasione dell’Ucraina, in molti sono rimasti stupiti dal fatto che Putin – definito giocatore di scacchi, calcolatore, fine stratega – avesse potuto compiere un errore così grave con la guerra, senza calcolare con attenzione le ripercussioni. La spiegazione  poteva essere una sola: Putin non è correttamente informato, il problema sono quelli attorno a lui. Un rapporto dell’intelligence britannica di cui ha scritto il Guardian sembra indicare il contrario, e racconta che non soltanto Putin è bene informato, ma è proprio lui a prendere le decisioni assieme al capo di stato maggiore, Valerij Gerasimov. Il presidente russo dirige le operazioni sul terreno, comanda gli spostamenti di truppe, e svolge compiti che di solito sono di pertinenza di un colonnello o comandante di brigata. Si è messo a capo dell’offensiva dalla sua seconda fase, quella che avrebbe dovuto portare alla “liberazione del Donbas”. 

 

Queste informazioni ci riportano al video in cui Putin ordinava al ministro della Difesa,  Sergei Shoigu, di non attaccare i soldati del battaglione Azov dentro all’acciaieria di Mariupol, ma di assediarli fino a quando  dallo stabilimento non sarebbe più uscita neppure una mosca. Era un ordine  non di pertinenza del presidente. Putin è ovviamente anche il comandante in capo delle Forze armate russe, ma non spetterebbero a lui le decisioni militari quotidiane sul campo di battaglia. Forse per scarsa fiducia nei confronti dei suoi uomini, forse perché sa che a questa guerra potrebbe essere legato anche il suo futuro presidenziale, Putin si è assunto un compito  che non ha neppure le competenze per svolgere: ogni decisione è sua, ogni tattica sbagliata è sua, ogni battaglione impantanato per aver cercato di attraversare un fiume in un momento pericoloso è sua responsabilità, frutto dei suoi calcoli sbagliati e delle sue strategie che appaiono tutto fuorché raffinate. 

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Il fallimento dell’intelligence russa, però, c’è stato davvero: chi aveva il compito di stabilire legami con la popolazione russofona e filorussa nel Donbas non ha fatto il suo dovere e chi doveva riferire a Mosca come andavano le cose ha trasmesso informazioni incomplete. Finora ci sono state ritorsioni contro il Quinto servizio dell’Fsb, il dipartimento dell’intelligence che agisce all’estero, ma il portale iStories, uno dei pochi siti  russi che portano avanti inchieste battagliere, ha rivelato che molti degli uomini che nel Donbas avrebbero dovuto racimolare informazioni utili per l’attacco erano  ex funzionari di Viktor Yanukovich. I principali informatori dell’Fsb erano uomini  della sicurezza e uomini d’affari della squadra dell’ex presidente ucraino filorusso, cacciato nel 2014 dopo le proteste di Euromaidan. Speravano in un’invasione russa per riprendere  i loro posti di comando e anziché dare rapporti  dettagliati, hanno probabilmente riferito informazioni utili ad accelerare l’arrivo dei russi in Ucraina. Guardando al loro tornaconto, più che alla strategia. Putin sapeva, ha deciso lui di fidarsi e di essere informato male. 
 

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