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La società americana è cambiata, ma l'impegno "pro" life è debole

Maurizio Crippa

Le chiese e la riduzione dell’aborto a una battaglia morale “anti pro choice”

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Non potrebbe esserci migliore esempio dello scontro attorno alla sentenza Roe vs Wade per spiegare l’essenza di uno stato federale. Per banalizzare: negli Stati Uniti non sarebbe possibile un referendum per l’abolizione della legislazione sull’aborto, come ci fu in Italia a fronte di una legge valida erga omnes. Ma che non sia possibile un referendum, non significa che non sia misurata a livello demoscopico, per quel che vale, l’opinione degli americani sull’aborto. E stando ai trend degli ultimi anni, rivedere l’impianto ora vigente potrebbe non risultare un plateale scippo di libertà, essendo le posizioni in bilico. In democrazia è la maggioranza a decidere. E in democrazia, può persino accadere che le posizioni si modifichino. Mostrano i sondaggi Gallup, ad esempio, che ancora a metà degli anni 90 il vantaggio dei pro choice sui pro life era netto (pro life attorno al 40 per cento contro il 55 e più degli abortisti).

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Non potrebbe esserci migliore esempio dello scontro attorno alla sentenza Roe vs Wade per spiegare l’essenza di uno stato federale. Per banalizzare: negli Stati Uniti non sarebbe possibile un referendum per l’abolizione della legislazione sull’aborto, come ci fu in Italia a fronte di una legge valida erga omnes. Ma che non sia possibile un referendum, non significa che non sia misurata a livello demoscopico, per quel che vale, l’opinione degli americani sull’aborto. E stando ai trend degli ultimi anni, rivedere l’impianto ora vigente potrebbe non risultare un plateale scippo di libertà, essendo le posizioni in bilico. In democrazia è la maggioranza a decidere. E in democrazia, può persino accadere che le posizioni si modifichino. Mostrano i sondaggi Gallup, ad esempio, che ancora a metà degli anni 90 il vantaggio dei pro choice sui pro life era netto (pro life attorno al 40 per cento contro il 55 e più degli abortisti).

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Da allora i pro life sono cresciuti, nel 2011 fece scalpore la notizia che le parti nella società americana si erano addirittura invertite, anche se di poco. Nel 2021 la forbice tra le due posizioni – con leggera maggioranza pro choice – era assai stretta. L’altalena ha sempre influito anche sugli atteggiamenti della politica, a partire almeno dal 1985 quando Reagan varò la cosiddetta Mexico City Policy, che chiudeva i finanziamenti alle organizzazioni che sostengono l’aborto fuori dagli Stati Uniti. Da allora, ogni amministrazione democratica (Biden compreso, è stato fra i suoi primi atti) ha rimosso il divieto, e ogni presidente repubblicano lo ha reintrodotto. Che il mutamento di idee si rifletta nel voto e di conseguenza nella composizione della Corte suprema, è ovvio.

 

Più interessante è capire da dove nasca. L’annotazione di Giuliano Ferrara, nell’articolo di oggi in prima pagina, secondo cui “abbiamo imparato dalla biologia tante cose decisive” rispetto a “qualcosa o qualcuno che sta al di fuori del perimetro della privacy” coglie il punto meglio di chi accusa l’onda della destra religiosa. Come la giudice di nomina obamiana Sonia Sotomayor, dura nel denunciare la “forzatura” di ridurre il tema dell’aborto a una faccenda etica e religiosa – la sacralità della vita. Non c’è dubbio però che la crescita negli ultimi decenni di un’opinione religiosa conservatrice – che non è per forza l’Alt Right: la componente pro life inizia a crescere con Reagan, e con le presidenze Bush il peso della componente cattolica è di molto cresciuto – abbia influito.

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Ma secondo le rilevazioni demoscopiche il ruolo determinante del fattore religioso in materia è ambiguo. Lo scorso anno il Pew Research Center riferiva che la maggioranza dei cattolici (55 per cento) ritiene che l’aborto dovrebbe essere legale; mentre per Gallup la chiesa cattolica continua a perdere adesioni proprio per la sua posizione intransigente sull’aborto. A fronte di tutto questo, la Conferenza episcopale americana si è fatta notare nell’ultimo anno soltanto per un’iniziativa politico-ideologica: l’idea (abortita) di escludere dalla Comunione Joe Biden in quanto cattolico ma abortista.

Un po’ poco, all’interno di uno scontro così radicale su un problema che oltre che etico è anche sociale. Soprattutto se si considera che l’atteggiamento della destra evangelical è sostanzialmente punitivo, e nient’altro, rispetto alle donne. Ma anche la Chiesa cattolica, nei 50 anni dalla Roe vs Wade, si è espressa soprattutto con iniziative di tipo pubblico – la Marcia per la vita di Washington – e con tentativi legislativi restrittivi. Lo fa con un ingente investimento di mezzi, basterebbe il caso dell’attivismo della American League of Life, impegnata nella denuncia morale dell’aborto. Molte politiche “anti pro choice”, si potrebbe dire, mentre invece le politiche a sostegno delle madri, delle famiglie e dei nascituri che non nascono, insomma effettivamente pro life, sono rimaste marginali. Si attenderà la decisione dei giudici supremi, ma, se anche ci saranno molte restrizioni al diritto di aborto, non è detto che questo coincida con una rinnovata cultura di sostegno delle nascite. Ridurre “il grave problema di trasmettere la vita”, a una questione di precetti religiosi è, da sempre, una delle gravi debolezze dei pro life.
 

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