Berlino sotto choc

Il germanista Bolaffi ci dice che ora Scholz deve rimettere in discussione il modello tedesco

Marco Cecchini

L'esperto di Germania, parlando al Foglio, sottolinea le difficoltà che sta incontrando Berlino: "La verità è che la classe dirigente tedesca è stata totalmente spiazzata dagli eventi ma non si vede un leader che possa ammetterlo"

“La Germania è sotto choc”, dice Angelo Bolaffi, tra i più autorevoli germanisti italiani. E mettendo in fila i fatti non si può dargli torto. All’indomani dell’invasione dell’Ucraina Berlino ha annunciato una svolta radicale in una politica estera che ha sempre avuto un occhio di riguardo per Mosca; poi si è fermata. Il cancelliere Olaf Scholz tentenna su tutto: sanzioni, armi a Kyiv, import di gas russo. Il presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmeier, il capo della maggiore potenza europea, che voleva andare in visita nella capitale ucraina, è stato “dichiarato persona non gradita”. Uno schiaffo clamoroso. Tutto ciò mentre i media alzano il velo sull’intreccio politico affaristico tra un pezzo dell’Spd e la Russia.

“La verità è che la classe dirigente tedesca tutta è stata totalmente spiazzata dagli eventi – dice Bolaffi – E’ come un coniglio davanti a un serpente (Putin, ndr) che lei  pensava fosse una biscia addomesticabile.  Angela Merkel, che Putin lo conosce bene, l’aveva detto a Barack Obama all’indomani dell’annessione della Crimea: Putin è un bugiardo e un malfattore. Ma poi ha proseguito nella politica del doppio binario: egemonia tedesca nella politica economica europea, nessuna pretesa di esercitare una leadership europea in politica estera che doveva rimanere nazionale e nel caso tedesco aperta a Mosca”. L’attuale silenzio ha due spiegazioni secondo Bolaffi: “Innanzitutto in Germania quando un cancelliere esce di scena, lo fa del tutto. In secondo luogo Merkel si rende conto di avere sbagliato. Oggi è criticata, anche se col senno di poi è facile”. Chi si trova in una situazione drammatica tuttavia, non solo per gli scandali, è l’Spd “che deve rimettere in discussione il Modell Deutschland inventato da Helmut Schmidt e portato avanti da Gerhard Schröder: energia a basso costo, sicurezza del posto di lavoro, bassi salari, crescita guidata dalle esportazioni”. 


Per Bolaffi quello “non era un modello mercantilista, perché tutti hanno puntato sulle esportazioni, ma certamente ha consentito alla Germania di trarre, insieme alla Cina, i maggiori benefici dalla globalizzazione”. Questa è storia, ma il problema oggi è: che fare? “La Germania avrebbe bisogno di una “Bad Godesberg” geopolitica, ma non si vede un leader che possa dire ai tedeschi: ragazzi, abbiamo sbagliato, rimbocchiamoci le maniche perché qui cambia tutto. In Germania c’è un antiamericanismo diffuso, figlio di una cultura profonda che gli anni di Trump hanno accresciuto. L’opinione pubblica è perlopiù disorientata e preoccupata dei sacrifici, imprese e sindacati sono contrari alle sanzioni per ragioni corporative”.  Ma forse c’è anche qualcosa di più, bisogna guardare indietro al 1989 e alle sue conseguenze, non trova? “Certo, perché la guerra che oggi si combatte in Ucraina è la guerra che avrebbe potuto combattersi dopo la caduta del Muro per salvare l’Unione sovietica dalla dissoluzione e alla quale Gorbaciov saggiamente rinunciò. Grazie alla caduta del Muro i tedeschi hanno potuto ricostituire l’unità nazionale. Ma oggi gli ucraini devono combattere per difendere la propria identità dalla pretesa di Putin di sanare la ferita della ‘catastrofe geopolitica del XX secolo’. Da questo punto di vista dunque la Germania porta sulle spalle una enorme responsabilità morale e politica, che non ha ancora elaborato e che non dovrebbe permetterle di restare paralizzata di fronte a quello che accade”.

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