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Tutti gli intrecci commerciali di Erdogan con Russia e Ucraina  

Mariano Giustino

La neutralità assunta da Ankara nella guerra sta mettendo in luce la scelta di autonomia strategica intrapresa dopo il fallimento del negoziato di adesione del paese all’Ue

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Ankara. Il teatro della diplomazia si sposterà ad Antalya nel tentativo di favorire un negoziato di pace tra Russia e Ucraina nell’ambito di un vertice a livello ministeriale voluto dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Domani il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, incontrerà il suo omologo ucraino, Dmitro Kuleba, alla presenza del ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavusoglu. Questo trilaterale, nell’ambito dell’Antalya Diplomacy Forum, sarà il primo incontro ad alto livello tra Mosca e Kyiv dall’inizio dell’invasione russa.

 

L’attivismo diplomatico turco in questi giorni è stato quanto mai intenso. Il presidente Erdogan ha tenuto diciannove colloqui con diversi leader mondiali di cui sei con Kuleba e quattro con Lavrov ed è in continuo contatto con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, con il quale ha anche un rapporto di stretta cooperazione. Erdogan incontrerà oggi il presidente israeliano Isaac Herzog e il giorno successivo il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev. Domenica  ha avuto un colloquio telefonico con Vladimir Putin e dopo un’ora di conversazione è riuscito soltanto a ottenere che trenta mercantili turchi, in rada nel Mar d’Azov carichi di olio di girasole e di grano, riprendessero la navigazione verso la Turchia. Nel fine settimana vi sono state scene di panico nei supermercati turchi perché si era diffusa la notizia che le scorte di olio e di grano stavano terminando. 

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Il governo turco è stato molto cauto sin dall’inizio della crisi ucraina, si è imposto la neutralità per via delle strette relazioni di dipendenza sia dalla Russia sia dal blocco occidentale. La Turchia inoltre ha con l’Ucraina una cooperazione che è da entrambi definita come un “partenariato strategico”. La reazione di Ankara all’invasione russa si è  limitata a una scontata denuncia e ha rivelato una limitata capacità del governo di svolgere un ruolo attivo nella crisi essendo quest’ultimo sempre più bloccato tra la Russia e la Nato. La Turchia è l’unico membro dell’Alleanza atlantica che si oppone alle sanzioni economiche occidentali perché con la Russia ha relazioni che potremmo definire di “cooperazione competitiva”: sostengono parti opposte nei conflitti in Libia, Siria e Caucaso meridionale, ma lo fanno in un modo da riconoscere e dunque rispettare la reciproca sfera di influenza in espansione. Anche nel 2014, Ankara criticò l’invasione russa della Crimea, ma non aderì alle sanzioni imposte dagli Stati Uniti contro la Russia.

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Il leader turco agli occhi di Mosca però appare come un mediatore poco credibile dal momento che al centro della forza trainante della relazione strategica turco-ucraina vi è una crescente cooperazione in materia di difesa. Ankara ha venduto all’Ucraina due dozzine di droni armati Bayraktar TB2 che sono stati già impiegati da Kiev contro i ribelli filorussi del Donbas e ora nella difesa dall’invasore. Kyiv fornisce ad Ankara i motori dei micidiali Bayraktar e recentemente ha inaugurato nei pressi della capitale ucraina una fabbrica per la produzione congiunta di droni Akinci.
La Russia è però un partner commerciale chiave per la Turchia: Ankara teme che con un eventuale allargamento del conflitto sarebbe chiamata a schierarsi in quanto membro della Nato e ciò l’esporrebbe a possibili ritorsioni, soprattutto in Siria dove la sua presenza è garantita esclusivamente dalla Russia. Ma c’è un altro motivo non trascurabile che impone ad Ankara di assumere il ruolo di mediatore e di non schierarsi al fianco dell’occidente. E’ il timore di un’ulteriore perdita di consensi che si potrebbe verificare per un suo allontanamento da Mosca. I circoli ultranazionalisti e islamisti del partito al governo Akp sostengono  la politica del presidente sul conflitto e ritengono che il proprio paese debba dare la priorità alle relazioni con la Russia e con la Cina, più che a quelle con gli Stati Uniti e con l’Unione europea. E a questi si aggiungono anche l’opinione pubblica di sinistra e i circoli eurasisti che propugnano un allontanamento dall’occidente e dalla Nato.

 

La neutralità assunta da Ankara nella guerra della Russia all’Ucraina sta mettendo in luce la scelta di autonomia strategica intrapresa dopo il fallimento del negoziato di adesione del paese all’Ue. Turchia e Russia condividono molto più di quanto sembri. Le due potenze risorgenti vogliono scuotere l’ordine mondiale post sovietico, ciascuna disdegna le norme liberali ed entrambe vogliono assumere un ruolo più importante sulla scena mondiale per i rispettivi paesi.
Per questo Ankara sta investendo molto nell’assumere un ruolo decisivo nel portare al tavolo della pace Mosca e Kiev, perché sa che la sua neutralità potrebbe non essere sostenibile nel lungo termine senza incorrere in seri costi, soprattutto se si dovesse estendere il conflitto. Dunque potremmo aspettarci di vedere presto un’altra inversione di marcia nella direzione della politica estera turca.

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