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l'intervento

Il ministro della Difesa Guerini ci spiega perché il Sahel è strategico per l’Italia

Lorenzo Guerini

“La nostra presenza (non solo militare) è cruciale per la stabilizzazione dell’area. Il paese è diventato uno dei capisaldi della nostra azione esterna". La lettera

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Al direttore - L’articolo di ieri di Daniele Raineri, sulla situazione in Mali, mi offre l’occasione di condividere alcune riflessioni sulla nostra presenza, anche militare, in Sahel. Più volte ho sottolineato come quello sia il vero confine meridionale dell’Europa, caratterizzato da dinamiche di sicurezza che riguardano il nostro continente e l’Italia. Ci troviamo infatti in un territorio altamente instabile dal punto di vista politico e sociale ed estremamente povero dal punto di vista economico. Condizioni ottimali per gli estremismi di matrice jihadista, spesso associati ai movimenti di insorgenza locale, cui si aggiungono i flussi di traffici illegali di ogni natura che giungono sulle coste nordafricane a poche centinaia di miglia dall’Italia e dall’Europa, con riflessi sulla nostra sicurezza. Ed è per questo che il Sahel è diventato uno dei capisaldi della nostra azione esterna. Negli ultimi anni abbiamo infatti progressivamente incrementato la nostra presenza, agendo sia su base bilaterale sia con il contributo alle iniziative di Onu, Ue e multilaterali.

 

Il principale impegno italiano è la Misin, la missione bilaterale di assistenza ed addestramento in Niger, su cui intendiamo continuare a investire, in piena sintonia con le autorità locali, anche attraverso il completamento della costruzione di un hub nazionale a Niamey, che sarà funzionale a tutte le nostre attività nella regione. Sul piano multilaterale siamo presenti nelle missioni Ue e Onu e siamo parte della coalizione Takuba, cui contribuiamo con capacità di evacuazione medica. Il Mali è un paese cruciale per gli equilibri nella regione. La transizione verso il ritorno alla democrazia ha subìto un rallentamento, ma, come abbiamo sottolineato nelle interlocuzioni con i nostri partner, la scelta di lasciare il paese potrebbe dare spazio ad altri attori che cercano di rafforzare il loro ruolo nella regione, anche attraverso l’uso di gruppi paramilitari. Tra i paesi membri della missione le consultazioni sono continue e penso che nessuna decisione debba essere presa in modo isolato. Ho avuto recentemente modo di confrontarmi con la mia collega francese mentre, proprio lo scorso venerdì, si è tenuto, in videoconferenza, un incontro dei ministri della Difesa per una valutazione congiunta della situazione. Siamo di fronte a un quadro complesso che non può essere affrontato con meccanismi automatici ma richiede una comprensione approfondita, senza ovviamente rinunciare a trasmettere messaggi chiari.

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In Mali, è questo certamente un momento delicato e complicato e le relazioni con la giunta militare non sono semplici. Dobbiamo continuare a impostare un confronto esplicito su punti centrali e dirimenti per confermare il nostro impegno: la transizione verso le elezioni e la chiarezza nei rapporti con paesi terzi e loro proxy.  La nostra presenza, a suo tempo richiesta dall’allora autorità governativa, è finalizzata a incrementare la sicurezza del paese, nel contrasto alle varie forme di terrorismo che continuano a condizionarne ampie aree. Sono convinto che si tratti di uno di quei contesti in cui proprio la capacità tutta italiana di dialogare con ogni interlocutore possa fornire un importante contributo anche alla stabilizzazione. Ne è un esempio concreto l’accordo di principio e collaborazione tra il governo del Mali e i movimenti armati del nord del paese firmato a Roma proprio ieri (3 febbraio) grazie alla mediazione della onlus italiana Ara Pacis Initiatives for Peace. 

 

La presenza italiana in Sahel, nelle varie modalità in cui si realizza, è una chiara scelta di politica estera del nostro paese, confermata dall’apertura di rappresentanze diplomatiche nell’area, dalla nostra partecipazione a iniziative regionali come il G5 Sahel e al significativo impegno di cooperazione internazionale verso l’area. Quello militare è quindi solo uno degli strumenti messi in campo dall’Italia, in uno sforzo che risponde innanzitutto a un nostro specifico interesse di sicurezza. La situazione in Sahel continuerà ovviamente a essere costantemente monitorata attraverso uno stretto coordinamento tra la Difesa, il ministero degli Esteri e il previsto coinvolgimento del Parlamento per una puntuale valutazione delle evoluzioni in corso.

Lorenzo Guerini, ministro della Difesa

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