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Berlino guida il fronte antinucleare e ostacolo le proposte dell'Ue

Micol Flammini

Germania, Austria e Lussemburgo si oppongono all'inserimento del nuclere nella tassonomia ideata dalla Commissione, ma così si ritarda soltanto la svolta verde dell'Europa

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Roma. Anche sulla tassonomia – la classificazione degli investimenti che portano un contributo sostanziale agli obiettivi del Green deal europeo – la Commissione europea ha cercato la sintesi. Ha tentato di mettere d’accordo sia la Francia sia la Germania, proponendo sia il nucleare sia il gas naturale  come “mezzi per facilitare la transizione verso un futuro prevalentemente basato sulle rinnovabili”. Molti paesi però non hanno apprezzato l’inserimento del nucleare nella tassonomia, sostenuto molto da Parigi, ma anche da nazioni come la Polonia e la Repubblica ceca,  e la Germania si è messa alla guida degli scontenti, sostenuta soprattutto da Austria e Lussemburgo. 

La Germania anche durante il governo di Angela  Merkel aveva manifestato di preferire il gas al nucleare, ma adesso l’esecutivo è costituito da tre partiti e le questioni ambientali sono affidate gran parte ai Verdi, che hanno scommesso molto sulla lotta contro il nucleare. Mentre l’Europa affronta una delle sue peggiori crisi energetiche, Berlino ha deciso di chiudere tre centrali nucleari. Si tratta degli stabilimenti di Brokdorf, nello stato dello Schleswig-Holstein, di Grohnde in Bassa Sassonia e di Gundremmingen, in Baviera. Il processo di smantellamento durerà molto, anche una ventina di anni e costerà circa 1,1 miliardi di euro per ciascun impianto. E altre tre verranno chiuse entro l’anno. La decisione non è stata presa da questo governo, ma già dalla Merkel dopo il disastro di Fukushima, ma ora che la Germania ha deciso di guidare il fronte europeo anti nucleare, il valore simbolico della scelta è grande. La bozza redatta  dalla  Commissione ha aperto anche una prima spaccatura nel governo tedesco, perché per i Verdi neppure il gas naturale sarebbe accettabile, parlano di greenwashing, di misure cosmetiche, ma sia i socialdemocratici sia i Liberali approvano invece la proposta di Bruxelles per la quale il gas può essere considerato sostenibile a determinate condizioni. Christian Lindner, leader dei Liberali e ministro delle Finanze, ha detto alla Süddeutsche Zeitung: “La Germania ha realisticamente bisogno di moderne centrali elettriche a gas come tecnologia di transizione perché stiamo rinunciando al carbone e all’energia nucleare”. Ma sul realismo le anime del governo tedesco non sembrano andare d’accordo fino in fondo. E’ Robert Habeck, ministro verde dell’Economia, a capeggiare le file degli scontenti e degli arrabbiati, ma finora le alternative proposte sono poche e la testardaggine della Germania contro il nucleare da molti è giudicata inopportuna e mostra tutta la sua matrice ideologica. 

 

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Oltre a Berlino, c’è l’altro governo mezzo verde di Europa a opporsi con forza alle proposte europee: l’Austria. Il ministro dell’Ambiente, Leonore Gewessler, ha detto che Vienna è pronta a fare causa a Bruxelles e ha detto che l’energia nucleare è “pericolosa e  non rappresenta una soluzione nella lotta contro la crisi climatica”. L’Austria ha già commissionato un parere legale sull’inclusione del nucleare nella tassonomia e Gewessler ha chiarito che comunque neppure il gas naturale dovrebbe essere inserito tra le fonti sostenibili. Anche il Lussemburgo è della stessa idea, ma queste posizioni non chiariscono quali sarebbero i rimedi che dovrebbero favorire la transizione. 

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La Commissione ha cercato un compromesso, ed è stata accusata di aver dato una risposta nebulosa e di aver dimostrato di essere poco convinta delle proprie idee: la bozza della tassonomia è arrivata  poco prima della mezzanotte del 31, ora verrà valutata da una commissione di esperti indipendenti che avrà tempo fino al 12 gennaio per inviare a Bruxelles i suoi pareri, ma  i governi europei non hanno il potere di porre il veto alla tassonomia e all’uso del nucleare. La Commissione ha anche elencato a quali condizioni il nucleare può essere considerato sostenibile –  se il paese ospitante può garantire che le centrali non causino “un danno significativo” all’ambiente, compreso lo smaltimento sicuro delle scorie nucleari – ma l’opposizione guidata dalla Germania al momento non sembra costruttiva e anzi sembra poter causare un danno a un’Europa che cerca di impegnarsi nelle sue promesse ambientali durante un periodo di grave crisi energetica.
 

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