Fine del principe delle tenebre

L'Amministrazione Biden pensiona il dirigente della Cia che non faceva dormire l'Iran

Daniele Raineri

Michael D’Andrea, soprannominato “il principe delle tenebre” oppure  “Ayatollah Mike”, era stato nominato da Trump a capo di una nuova divisione dell’intelligence per portare avanti una linea molto dura contro l'Iran. Adesso la decisione del suo pensionamento è il segnale opposto

L’Amministrazione Biden ha mandato in pensione Michael D’Andrea, un dirigente della Cia che nel 2017 era stato nominato da Trump – con il mandato di essere aggressivo – a capo di una nuova divisione dell’intelligence che si occupava dell’Iran. All'epoca lo status di D’Andrea tra gli addetti ai lavori era leggendario: era stato il fondatore e il leader del programma droni della Cia post 11 settembre che nel corso di circa cinquecento operazioni uccise una lista lunga di capi al Qaida nelle zone montagnose del Pakistan, era stato a capo dell’unità che aveva individuato il nascondiglio di Osama bin Laden, era circondato da una fama di lavoratore maniacale che passava le notti su una brandina in ufficio e allo stesso tempo si era convertito all’islam per sposare la moglie musulmana. Alla Cia aveva un paio di nomignoli: “il principe delle tenebre” oppure  “Ayatollah Mike”. Roba da serie Netflix, fino a quando l’allora presidente Obama decise che la campagna clandestina era troppo attiva e uccideva troppi civili e ne ordinò la chiusura. La fine definitiva del programma diretto da D’Andrea arrivò nel 2015, quando un drone americano colpì un nascondiglio di al Qaida e uccise un ostaggio americano e un ostaggio italiano, Giovanni Lo Porto. 

 

Nel 2017 i giornali americani avevano segnalato che la nomina di D’Andrea era da considerarsi il segnale, da parte di Trump e dell’allora direttore della Cia Mike Pompeo, che l’America intendeva adottare una linea molto più dura con l’Iran e che la nuova divisione si sarebbe occupata anche di operazioni clandestine. Due settimane fa l’Amministrazione Biden ha sciolto quella divisione della Cia,  che si chiamava Iran Mission Center. E l’ha fatta confluire nel settore dell’intelligence, più generico, che si occupa di medio oriente (e ha creato una nuova divisione che si chiama China Mission: l’ordine delle priorità è chiaro). Il segnale a ritroso è forte. Il pensionamento di D’Andrea contro il suo volere, come è stato spiegato da alcuni colleghi due giorni fa al giornalista americano Zach Dorf, e lo scioglimento della sua unità questa volta indicano che l’Amministrazione americana vuole mandare un messaggio di distensione all’Iran, proprio adesso che si attraversa una fase molto ambigua e pericolosa. 

 

Gli iraniani rifiutano di riprendere i negoziati a Vienna che in teoria avrebbero dovuto portare a un nuovo accordo sul nucleare come quello del luglio 2015. Da giugno, da quando è salito al potere il presidente Ebrahim Raisi, rispondono con scuse vaghe a tutte le proposte e non fissano una data per ricominciare le trattative. Il problema è che nel frattempo l’Iran continua ad andare avanti con il programma nucleare e il paravento della ricerca atomica civile non regge più. Un mese fa un rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica aveva rivelato che l’Iran a questo ritmo di arricchimento avrebbe avuto abbastanza uranio di grado militare per costruire una bomba atomica nel giro di un mese. In teoria oggi quel termine potrebbe essere stato già superato e questo non vuol dire che l’Iran dispone davvero di una bomba atomica, ma che se avesse la volontà politica di sfidare le reazioni della comunità internazionale potrebbe essere già in grado di produrla. 

 

Le Guardie della rivoluzione iraniane detestavano D’Andrea e sui loro media lo accusavano di ogni genere di complotto contro l’Iran, a partire dalle manifestazioni di piazza del 2019 contro il carovita, che per loro erano state ordite dal dirigente americano. L’anno scorso hanno fatto circolare la notizia falsa della sua morte e anzi se la sono intestata: hanno inventato l’abbattimento di un aereo americano in Afghanistan con D’Andrea a bordo, come rappresaglia per la morte del generale Qassem Suleimani

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)