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Editoriali

Mare Sicuro non basta più

Redazione

La Libia ci attacca ancora. È ora di potenziare le nostre missioni navali

Oggi, la Guardia costiera libica ha sparato contro tre pescherecci italiani, 35 miglia nautiche a nord di Misurata, nella Libia occidentale. Il comandante dell’Aliseo è stato ferito perché gli uomini a bordo della motovedetta Ubari, che l'Italia aveva donato nel 2018 agli alleati di Tripoli, hanno sparato ad altezza uomo. Le cose sarebbero potute finire ancora peggio se non fosse intervenuta una fregata della Marina militare italiana, la Libeccio, che si trovava a ben 60 miglia dal luogo dell’attacco.

 

È la seconda volta in una settimana che i libici minacciano i nostri pescatori in acque internazionali – unilateralmente rivendicate nel Golfo di Sirte, in quella che è nota come “Guerra del pesce”. Lo scorso settembre le forze del generale Haftar avevano sequestrato quattro pescherecci di Mazara, liberati dopo un’umiliante trattativa condotta dal nostro governo quattro mesi più tardi.

 

Il caso di oggi è ancora più grave. Oltre al ferimento di un italiano, oltre al luogo in cui è avvenuto l’attacco – sempre più a ovest, tra le acque “amiche” della Tripolitania – in Libia ci si trova davanti a paradossi sempre più inaccettabili. Il primo è che a poche decine di miglia dal luogo dell’attacco, al porto di Tripoli, ormeggia da anni una nave della nostra Marina militare che, ironia della sorte, deve prestare assistenza logistica alla Guardia costiera libica, quella che ci ha sparato contro. Altro cortocircuito è che la missione Mare Sicuro, cui appartiene la nave Libeccio intervenuta oggi (così come la nave Alpino lunedì scorso) svolge anche compiti di sostegno alla stessa Guardia costiera libica. Così era stato deciso nel 2017 dal nostro governo per proteggerci dalle “invasioni di migranti”.

 

Oggi il pericolo più prossimo è invece quello che corrono i nostri pescatori. Una soluzione c’è: tornare a riempire gli spazi nel Mediterraneo centrale che in questi anni abbiamo deciso di lasciare nelle mani dei libici. Non si parla del fantasioso “blocco navale” perorato dai sovranisti nostrani, ma del potenziamento delle missioni a cui l’Italia già partecipa: Mare Sicuro e la missione europea Irini. “Ci deve scappare il morto per fare intervenire il governo?”, ha detto uno degli armatori dei pescherecci. Bisogna agire perché no, non possiamo essere “soddisfatti” della Guardia costiera libica.

 

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