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Perché l’Europa ha perso la pazienza con l’Austria di Kurz

David Carretta

L’Austria ha puntato su AstraZeneca “perché era più promettente e poco caro. E’ stata una scommessa ed è andata male”, l'esasperazione degli ambasciatori Ue dopo l'ennesimo no di Kurz

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Il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, ieri ha rifiutato un accordo tra i 27 paesi dell’Unione europea per mostrarsi solidali con i paesi che si trovano in difficoltà nella campagna di vaccinazione perché avevano puntato su AstraZeneca rinunciando a una parte delle dosi di Pfizer-BioNTech. E, paradossalmente, alla testa di quel gruppo di paesi si era messo lo stesso Kurz. L’Austria, la Slovenia e la Repubblica ceca hanno bocciato una proposta di compromesso della presidenza portoghese dell’Ue per ridistribuire dieci milioni di dosi Pfizer-BioNTech, la cui consegna è stata anticipata dal terzo al secondo trimestre.

 

Il 30 per cento della fornitura doveva essere utilizzato per aiutare Bulgaria, Croazia, Slovacchia, Lettonia ed Estonia, tutti paesi che a causa della scommessa sul vaccino sbagliato si sarebbero ritrovati con tassi di vaccinazione sotto il 50 per cento a fine di giugno. La presidenza portoghese aveva previsto una compensazione anche per la Repubblica ceca, che ha ordinato la sua quota pro rata di Pfizer-BioNTech, ma ha rinunciato a una parte delle dosi di Moderna e Johnson&Johnson. Gli altri 7 milioni di vaccini Pfizer-BioNTech dovevano essere distribuiti sulla base della popolazione.

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L’Austria e la Slovenia erano escluse dal meccanismo correttivo, perché dovrebbero comunque raggiungere il 50 per cento di tasso di vaccinazione. E così austriaci e sloveni, assieme ai cechi, hanno deciso di mettere il loro veto a una decisione per consenso. Risultato: 19 paesi cederanno (fondamentalmente in via bilaterale al momento della firma del contratto) alcune delle loro dosi a Bulgaria, Croazia, Slovacchia, Lettonia ed Estonia per dimostrare la loro solidarietà. La Repubblica ceca ha perso 140 mila dosi aggiuntive. L’Austria e la Slovenia si terranno tutta la loro quota, ma senza ottenere una sola dose in più.

 

L’episodio può apparire marginale, ma illustra quanto alcuni governi nazionali siano responsabili dei contraccolpi della strategia dell’Ue sui vaccini. Nel corso del 2020, le preferenze e le esitazioni su quali vaccini ordinare da parte dei vari governi avevano rallentato la conclusione degli accordi di acquisto anticipato della Commissione con le società farmaceutiche. Ancora oggi i 27 sono costretti a trascorrere giorni a negoziare su una manciata di dosi: quasi due ore di discussioni tra i capi di stato e di governo al Vertice in videoconferenza del 25 marzo e tre riunioni degli ambasciatori degli stati membri al Coreper non sono bastate a trovare una soluzione.

 

Ma il braccio di ferro rivela anche quanto il resto dell’Ue abbia perso la pazienza con Sebastian Kurz. Il cancelliere austriaco è in difficoltà in patria per la lentezza delle somministrazioni e la decisione di rinunciare a 1,4 milioni di dosi Johnson&Johnson. Prima è volato in Israele annunciando la sua uscita dalla strategia dell’Ue sui vaccini. Poi ha denunciato un “bazar” delle dosi. Infine si è messo alla testa della banda dei paesi in difficoltà perché avevano sbagliato gli ordini, salvo tradirli all’ultimo minuto, compresi alcuni alleati tradizionali come la Croazia o la Bulgaria (dove domenica si vota con il primo ministro, Boyko Borissov, in difficoltà).

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Perfino Polonia e Ungheria hanno accettato la solidarietà europea”, dice al Foglio un diplomatico dell’Ue. Secondo alcuni testimoni, alla riunione del Coreper di ieri l’esasperazione degli altri ambasciatori era fisicamente palpabile. L’Austria ha puntato su AstraZeneca “perché era più promettente e poco caro. E’ stata una scommessa ed è andata male”, spiega un ambasciatore: “Ci sono state decisioni sbagliate e (Kurz) deve dare la colpa solo a sé stesso”. Al vertice in videoconferenza della scorsa settimana, il fronte del “no” a Kurz andava da Angela Merkel a Mario Draghi, da Mark Rutte a Mette Frederiksen (la premier danese che aveva fatto il viaggio in Israele con il cancelliere austriaco). Un tempo considerato stella emergente del Partito popolare europeo, Kurz è riuscito ad alienarsi quasi tutti i suoi alleati. L’annuncio del potenziale acquisto di Sputnik V rischia solo di peggiorare le cose.

 

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