PUBBLICITÁ

L'attentato

"Centinaia di milizie dove il nostro ambasciatore in Congo è stato ucciso"

Luca Gambardella

Luca Attanasio, il carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci e il loro autista sono stati uccisi in un'area dove regna l'instabilità. Sul tavolo c'è l'ipotesi dell'estremismo islamico, ma anche quella di una delle tante milizie che contendono il potere allo stato centrale

PUBBLICITÁ

Oggi intorno alle 9 ora italiana, nei pressi del villaggio del Congo orientale di Kanyamahoro, 30 chilometri a nord del capoluogo Goma e a ridosso del confine con il Rwanda, degli uomini armati hanno ucciso l'ambasciatore italiano Luca Attanasio, un carabiniere che lo scortava, Vittorio Iacovacci, e l'autista del loro fuoristrada, Mustapha Milambo. La Farnesina ha confermato la notizia, ma non ha aggiunto particolari sulla dinamica dei fatti. Le autorità congolesi hanno detto che un commando di sei persone ha tentato di rapire gli italiani, li hanno portati nella foresta ma nella fuga sono hanno ucciso l'ambasciatore e il carabiniere. Attanasio, secondo ambasciatore ucciso all'estero nella storia della diplomazia italiana dopo il caso di Daniele Occhipinti del 1990 in Costa d'Avorio, era nato in provincia di Milano, e nonostante avesse solo 43 anni aveva accumulato una notevole esperienza nel settore delle politiche dello sviluppo in Africa.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Oggi intorno alle 9 ora italiana, nei pressi del villaggio del Congo orientale di Kanyamahoro, 30 chilometri a nord del capoluogo Goma e a ridosso del confine con il Rwanda, degli uomini armati hanno ucciso l'ambasciatore italiano Luca Attanasio, un carabiniere che lo scortava, Vittorio Iacovacci, e l'autista del loro fuoristrada, Mustapha Milambo. La Farnesina ha confermato la notizia, ma non ha aggiunto particolari sulla dinamica dei fatti. Le autorità congolesi hanno detto che un commando di sei persone ha tentato di rapire gli italiani, li hanno portati nella foresta ma nella fuga sono hanno ucciso l'ambasciatore e il carabiniere. Attanasio, secondo ambasciatore ucciso all'estero nella storia della diplomazia italiana dopo il caso di Daniele Occhipinti del 1990 in Costa d'Avorio, era nato in provincia di Milano, e nonostante avesse solo 43 anni aveva accumulato una notevole esperienza nel settore delle politiche dello sviluppo in Africa.

PUBBLICITÁ

 

Le tre vittime erano al seguito di un convoglio del World Food Programme proveniente da Goma e diretto in una scuola di Rutshuru, nell'ambito di un progetto di cooperazione. Le foto pubblicate in rete mostrano il corpo del giovane diplomatico italiano colpito mortalmente e il vetro posteriore del fuoristrada su cui viaggiava frantumato dai colpi d'arma da fuoco. Alcuni giornalisti locali hanno parlato di un tentato rapimento sventato dall'intervento di una squadra di ranger del parco nazionale di Virunga, che sarebbe stata in azione mentre era in zona per installare una linea elettrica.

 

PUBBLICITÁ

Nel Nord Kivu, la regione in cui il convoglio è stato assalito, le autorità statali non riescono a governare e ad assicurare stabilità. Dal 2010 è attiva Monusco, una missione di peacekeeping delle Nazioni Unite composta soprattutto da militari indiani, pakistani e bengalesi. I risultati finora sono stati scarsi. “Per farsi un'idea solo nel Nord Kivu sono attive un centinaio di milizie armate”, spiega al Foglio Camillo Casola, ricercatore dell'Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi). I gruppi armati competono fra loro e con le autorità statali per il controllo delle risorse naturali, soprattutto diamanti.

 

Secondo l'ultimo rapporto del Kivu Security Tracker, che monitora le attività criminali e terroristiche nella regione, dal 2019 la situazione è peggiorata. Lo scorso gennaio, sei ranger del parco nazionale di Virunga, a ridosso del luogo dell'agguato in cui Attanasio è morto, sono stati uccisi da una di queste milizie, quella di Mai Mai. “Allo stato attuale è difficile dire quale di questi gruppi sia responsabile dell'attacco di oggi”, spiega ancora Casola. “Il più noto è quello delle Forze democratiche del Congo (Adf). E' attivo da molti anni, ma dal 2019 ha cominciato a rivendicare i suoi attentati in nome dello Stato islamico”. Il collegamento fra Adf e Isis è stato talvolta messo in discussione, ricorda il ricercatore dell'Ispi, “perché prima di allora il gruppo armato non aveva mai fatto ricorso alla retorica salafita”. Ora però sembra che Adf e Isis siano utili alle rispettive cause: “Se da una parte il gruppo armato congolese usa la sua affiliazione al Califfato per avere risonanza mediatica, dall'altra il Califfato ottiene in cambio visibilità in una regione in cui altrimenti sarebbe assente”.

 

Ma l'ipotesi dell'estremismo islamico va considerata con cautela, per almeno un paio di ragioni: “La prima è che i rapimenti non sono troppo diffusi in quell'area e raramente l'Adf vi ha fatto ricorso per autofinanziarsi. La seconda è che, pur essendo attivo nel Nord Kivu, non è mai stato tracciato nella zona di Kanyamahoro”. L'altra ipotesi da non scartare, quindi, è quella di un'imboscata finita male da parte di una milizia che ha tentato l'azzardo di assaltare il convoglio dell'Onu, pur senza essere in grado di compiere l'impresa.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

In questa fetta di terra che separa il Congo dal Rwanda, i gruppi armati in competizione con lo stato hanno già dimostrato di avere pochi scrupoli anche nei confronti di funzionari internazionali. Ai tempi dell'epidemia di ebola, che tra il 2018 e il 2019 ha colpito il Congo orientale, le milizie hanno ucciso diversi medici e infermieri che lavoravano con l'Organizzazione mondiale della sanità e con l'Unicef. “Il loro scopo è esclusivamente quello di rendere instabile la regione – dice Casola – Le milizie nel Congo orientale si comportano in modo diverso da altri casi africani. In Somalia, al Shabaab punta sul consenso popolare per mantenersi in vita e per questo svolge anche attività di sostegno sociale ed economico parallele a quelle dello stato. Qui in Congo invece, parliamo di un paese a maggioranza cattolica, dove i proseliti dell'estremismo islamico non hanno mai avuto troppa diffusione e in cui i gruppi armati sono spesso scollegati dalla società e dai villaggi”.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ