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Biden non butta via tutto il trumpismo

Blinken, nominato come segretario di stato, ha spiegato al Congresso i punti di continuità con il passato. Approccio duro con la Cina, no all'atomica all'Iran, l'ambasciata a Gerusalemme resta

Paola Peduzzi

Blinken ha ignorato le pressioni dei democratici che lo volevano come uno schiacciasassi sulla politica estera di Donald Trump, e ha schivato i tentativi dei repubblicani di incastrarlo in qualche polemica

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Il giorno prima dell’insediamento della nuova presidenza, Antony Blinken, nominato da Joe Biden al dipartimento di stato, ha ignorato le pressioni dei democratici che lo volevano come uno schiacciasassi sulla politica estera di Donald Trump, e ha schivato i tentativi dei repubblicani di incastrarlo in qualche polemica. Nessuna crisi può essere risolta da “un paese che agisce da solo, pure se è una potenza come l’America”, ha detto Blinken, ma parte della strategia trumpiana, quella anticinese soprattutto, è da continuare.

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Il giorno prima dell’insediamento della nuova presidenza, Antony Blinken, nominato da Joe Biden al dipartimento di stato, ha ignorato le pressioni dei democratici che lo volevano come uno schiacciasassi sulla politica estera di Donald Trump, e ha schivato i tentativi dei repubblicani di incastrarlo in qualche polemica. Nessuna crisi può essere risolta da “un paese che agisce da solo, pure se è una potenza come l’America”, ha detto Blinken, ma parte della strategia trumpiana, quella anticinese soprattutto, è da continuare.

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Consigliere di Biden già ai tempi della vicepresidenza, establishment democratico purissimo, Blinken ha detto durante l’audizione di conferma al Senato di essere d’accordo sul fatto che Pechino abbia ingannato il resto del mondo sul coronavirus e sul fatto che stia commettendo un genocidio contro gli uiguri e altre minoranze etniche. “Penso che il presidente Trump abbia fatto bene ad adottare un approccio più duro nei confronti della Cina – ha detto Blinken – Non concordo con molti dei modi utilizzati”.

Blinken ha difeso l’accordo nucleare con l’Iran cui aveva contribuito durante l’Amministrazione Obama, ma ha spiegato che la Repubblica islamica deve mostrare chiaramente di voler rispettare i termini dell’accordo, cioè rinunciare alla costruzione dell’arma nucleare. “Useremo questo accordo come piattaforma con i nostri alleati, che saranno dalla stessa nostra parte, per cercare un patto più lungo e più solido”, ha detto Blinken,  confermando così l’obiettivo di  limitare il programma missilistico iraniano e il sostegno di Teheran ai gruppi terroristici alleati in medio oriente – lo stesso obiettivo dell’Amministrazione Trump. “Ma siamo ancora molto distanti” da questo punto, ha detto Blinken, rifiutando  la pretesa iraniana di veder alleggerire le sanzioni prima di tornare all’accordo e al negoziato. Tra gli alleati da consultare c’è Israele e ci sono i paesi del Golfo: “E’ di vitale importanza” consultarli su qualsiasi passo da fare con l’Iran.

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Blinken si augura che israeliani e palestinesi tornino a dialogare e negoziare sul progetto di “due popoli due stati”, ma è molto scettico sulla possibilità che il rilancio possa avvenire in breve tempo: ha chiesto che siano evitate azioni unilaterali che rischiano soltanto di ridurre a zero le chance di una trattativa, e ha fatto riferimento alla necessità di “azioni che costruiscano fiducia” tra le parti – fiducia è la parola chiave dell’approccio restauratore dell’Amministrazione Biden. Blinken ha detto di voler anche cementare gli accordi di Abramo che stanno normalizzando i rapporti di Israele con Bahrein ed  Emirati arabi uniti, un altro pilastro della politica estera di Trump. Il senatore texano Ted Cruz, uno degli otto che non hanno votato per la certificazione dell’elezione di Biden la notte dopo l’insurrezione al Congresso, ha chiesto a Blinken: “Lei concorda sul fatto che Gerusalemme sia la capitale di Israele e impegna gli Stati Uniti a mantenere l’ambasciata a Gerusalemme?”. Risposta di Blinken: “Sì e sì”.
Nel nuovo corso, gli Stati Uniti smetteranno di vendere armi e sostenere l’Arabia Saudita nella guerra in Yemen e gli Houthi, avversari dei sauditi sostenuti dall’Iran (lo Yemen è uno dei terreni su cui si scontrano direttamente le due potenze, probabilmente il più martoriato), saranno tolti “immediatamente” dalla lista delle organizzazioni terroristiche in cui erano stati inseriti dall’Amministrazione Trump solo qualche giorno fa, uno dei blitz di fine mandato dell’incendiario  Mike Pompeo.  In questa decisione, Blinken ha citato “una grande preoccupazione” per quel che riguarda la situazione umanitaria  – si è parlato molto di leader e poco di popoli, nelle quattro ore di audizione, questa è stata una rara e importante eccezione.
Blinken vuole anche estendere il trattato New Start sulle armi nucleari alla Russia, cosa che Trump non voleva fare; vuole rivedere con gli alleati la strategia con la Corea del nord, “la situazione non è migliorata, anzi è peggiorata”, dopo il grande abbraccio di Trump a Kim Jong Un; non vuole negoziare con il dittatore venezuelano Nicolás Maduro, ancora al suo posto e violentissimo nonostante le pressioni americane.

Molto bello è stato il botta e risposta con il senatore repubblicano Lindsey Graham, un trumpiano, che ha poi detto di essere  favorevole alla conferma di Blinken come segretario di stato: nell’audizione, Blinken aveva ben presente il fatto di dover ottenere l’appoggio dei repubblicani e molti hanno visto nelle sue risposte parecchio opportunismo, ma questo è il modo con cui vuole operare l’Amministrazione Biden al Congresso (sul metodo e nel merito i democratici più radicali hanno già le mani nei capelli). Lo scambio comunque è questo, le domande sono di Graham.
L’Iran è il più grande stato sponsor del terrorismo?. Blinken: “Sì”.
Israele è uno stato razzista? “No”.
Qualsivoglia accordo con i talebani in Afghanistan deve essere sottoposto a delle condizioni? “Assolutamente”.
La persecuzione degli uiguri da parte della Cina è un genocidio? “Il mio giudizio è questo”.
Cosa direbbe alle persone in arrivo al confine americano, la cosiddetta carovana in marcia dagli stati del sud? “Direi: non venite”.
 

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