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Perché le condizioni di utilizzo di WhatsApp non ci agitano in Europa

David Carretta

La European way sul digitale è un modello che anche l’India vuole imitare. L’ambizione di un patto transatlantico tecnologico

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Sui giornali in India da alcuni giorni è in corso un dibattito sulla necessità per il paese di adottare una legge di protezione dei dati analoga al Gdpr introdotto nell’Unione europea. Adottato nel 2016 e entrato in vigore nel 2018 il Gdpr è il Regolamento generale sulla protezione dei dati che ha messo una serie di paletti stringenti a siti, piattaforme, applicazioni mobili e altri servizi digitali. A provocare il dibattito indiano è stata la decisione di Facebook di aggiornare le sue condizioni di utilizzo per permettere a WhatsApp, sua applicazione di messaggistica istantanea, di condividere i dati con la casa madre. L’obiettivo di Facebook è monetizzare WhatsApp, comprata nel 2014 per 19 miliardi: tutti i servizi della mega piattaforma di Mark Zuckerberg potranno ottenere dati della messaggeria come il numero di telefono, indirizzo IP, device utilizzato, geolocalizzazione e future transazioni finanziarie. Lo choc è stato amplificato dall’ultimatum inviato agli utenti a inizio gennaio: le nuove condizioni entreranno in vigore dall’8 febbraio: “Dopo tale data dovrai accettare i nuovi termini per continuare a usare WhatsApp”. In tutto il mondo è iniziata una migrazione di milioni di persone da WhatsApp verso concorrenti ritenuti più sicuri, come Signal e Telegram. Ma in Europa l’urgenza è meno impellente. Le nuove condizioni della privacy nell’Ue sono diverse dal resto del mondo.  

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Sui giornali in India da alcuni giorni è in corso un dibattito sulla necessità per il paese di adottare una legge di protezione dei dati analoga al Gdpr introdotto nell’Unione europea. Adottato nel 2016 e entrato in vigore nel 2018 il Gdpr è il Regolamento generale sulla protezione dei dati che ha messo una serie di paletti stringenti a siti, piattaforme, applicazioni mobili e altri servizi digitali. A provocare il dibattito indiano è stata la decisione di Facebook di aggiornare le sue condizioni di utilizzo per permettere a WhatsApp, sua applicazione di messaggistica istantanea, di condividere i dati con la casa madre. L’obiettivo di Facebook è monetizzare WhatsApp, comprata nel 2014 per 19 miliardi: tutti i servizi della mega piattaforma di Mark Zuckerberg potranno ottenere dati della messaggeria come il numero di telefono, indirizzo IP, device utilizzato, geolocalizzazione e future transazioni finanziarie. Lo choc è stato amplificato dall’ultimatum inviato agli utenti a inizio gennaio: le nuove condizioni entreranno in vigore dall’8 febbraio: “Dopo tale data dovrai accettare i nuovi termini per continuare a usare WhatsApp”. In tutto il mondo è iniziata una migrazione di milioni di persone da WhatsApp verso concorrenti ritenuti più sicuri, come Signal e Telegram. Ma in Europa l’urgenza è meno impellente. Le nuove condizioni della privacy nell’Ue sono diverse dal resto del mondo.  

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In India la Confederation of All India Traders (l’associazione delle piccole imprese, ndr) ha chiesto al governo di impedire a Facebook di condividere i dati di WhatsApp. Un ricorso è stato presentato all’Alta Corte di Delhi per ingiungere che i dati non vengano condivisi con terzi perché violerebbe i diritti fondamentali e la sicurezza nazionale. Il governo indiano ha risposto che potrebbe convocare Facebook per spiegare perché la modifica alle condizioni di utilizzo imposta agli utenti nell’Ue è più di quella in India. Sui giornali indiani, diversi esperti invocano l’adozione del modello europeo. “Il Gdpr in Europa è una legge stringente e robusta che protegge la privacy e i dati dei suoi cittadini, a differenza dell’India dove il Personal Data Protection bill deve ancora essere trasformato in legge”, ha detto a India Today, Karnika Seth, esperta di diritto digitale di Seth Associates. “I residenti dell’Ue hanno il Gdpr e di conseguenza un livello più alto di protezioni dei dati a differenza dei cittadini indiani”, ha spiegato Prasanth Sugathan direttore del Software Freedom Law Centre.

 

Il fatto che la European way sul digitale sia invidiata da una delle potenze tecnologiche emergenti del Ventunesimo secolo dimostra quanto l’Ue sia stata lungimirante e previdente nell’anticipare i grandi trend sui dati. Il Gdpr è un pesante aggravio burocratico per imprese e consumatori. Nella pandemia ci si è perfino accorti che rende più difficile trovare vaccini e cure (la Commissione è corsa ai ripari proponendo una modifica alle regole sulla circolazione dei dati personali, compresi quelli sanitari). Ma perfino Facebook si è dovuta arrendere: le condizioni di utilizzo per gli utenti europei dall’8 febbraio dovrebbero rispettare il Gdpr. Niamh Sweeney, direttore della Policy di WhatsApp, ha spiegato che “non ci sono cambiamenti (...) in Europa”. WhatsApp non condividerà – se non in minima parte – i dati degli utenti europei con Facebook per i suoi prodotti o pubblicità. In sostanza, si limiterà a offrire alle imprese di usare le infrastrutture di Facebook per ospitare le loro conversazioni WhatsApp se non vogliono stoccare i loro messaggi, senza però averne accesso.

 

La European way digitale dovrebbe essere rafforzata con il Digital Service Act e il Digital Market Act che la Commissione ha proposto a metà dicembre. Le nuove regole, che devono ancora essere approvate dai governi dei 27 e dall’Europarlamento, impongono ai gatekeeper (chi controlla l’accesso al mercato) e alle piattaforme sistemiche tutta una serie di cose da fare e da non fare con sanzioni che possono arrivare al 10 per cento del fatturato (e per l’abuso di posizione dominante ripetuto lo smembramento). Le piattaforme sistemiche dovranno rimuovere beni, servizi o contenuti illegali online e garantire trasparenza su pubblicità e algoritmi utilizzati per consigliare i contenuti. I gatekeeper non potranno usare i dati che raccolgono dalle imprese con cui competono e saranno costretti ad aggiustare i loro algoritmi per evitare che i loro servizi o prodotti siano i primi a comparire nelle ricerche. L’ambizione dell’Ue è trascinare Joe Biden verso un patto transatlantico tecnologico per fare della Europea way digitale uno standard globale. O almeno per le democrazie.

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