PUBBLICITÁ

Lo Stretto e la minaccia cinese

L'America ha cambiato il suo rapporto con Taiwan

Il segretario di stato Mike Pompeo elimina tutte le "restrizioni autoimposte" nelle relazioni bilaterali con Taipei. Pechino furiosa

Stefano Pelaggi

Uno degli ultimi atti dell'Amministrazione Trump riguarda un passaggio per la "normalizzazione" delle relazioni con la Repubblica di Cina, il nome formale di Taiwan. Abbandonare la "One China Policy" potrebbe avere conseguenze serie per i rapporti con Pechino

PUBBLICITÁ

Il 9 gennaio il segretario di stato americano Mike Pompeo ha annunciato l'eliminazione “delle restrizioni autoimposte” nella relazione tra gli Stati Uniti e la Repubblica di Cina, il nome formale dell'isola di Taiwan. La notizia è stata accolta con prudenza dagli osservatori, perché ogni volta che si parla di Taiwan, delle relazioni sino-taiwanesi o dei rapporti tra Washington e Taipei gli analisti ricordano la necessità di agire con cautela, attraverso negoziati diplomatici e cercando la concertazione tra le parti in causa. Le relazioni tra Cina, Taiwan e America si basano su una complessa serie di compromessi, dove l’equilibrio è legato a interpretazioni spesso discordanti di singole parole o espressioni. Nella vasta bibliografia sulle relazioni tra gli Stati Uniti e Taiwan l’aggettivo “kafkiano” compare in maniera frequente, solo i paper accademici riescono a evitare il riferimento allo scrittore ceco attraverso le citazioni di dichiarazioni e atti legislativi. Ogni cambiamento nei rapporti rappresenta un possibile pericolo nell’equilibrio delle relazioni nello Stretto di Taiwan, definito da Robert Kaplan come "il campo di battaglia definitivo del 21° secolo”.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Il 9 gennaio il segretario di stato americano Mike Pompeo ha annunciato l'eliminazione “delle restrizioni autoimposte” nella relazione tra gli Stati Uniti e la Repubblica di Cina, il nome formale dell'isola di Taiwan. La notizia è stata accolta con prudenza dagli osservatori, perché ogni volta che si parla di Taiwan, delle relazioni sino-taiwanesi o dei rapporti tra Washington e Taipei gli analisti ricordano la necessità di agire con cautela, attraverso negoziati diplomatici e cercando la concertazione tra le parti in causa. Le relazioni tra Cina, Taiwan e America si basano su una complessa serie di compromessi, dove l’equilibrio è legato a interpretazioni spesso discordanti di singole parole o espressioni. Nella vasta bibliografia sulle relazioni tra gli Stati Uniti e Taiwan l’aggettivo “kafkiano” compare in maniera frequente, solo i paper accademici riescono a evitare il riferimento allo scrittore ceco attraverso le citazioni di dichiarazioni e atti legislativi. Ogni cambiamento nei rapporti rappresenta un possibile pericolo nell’equilibrio delle relazioni nello Stretto di Taiwan, definito da Robert Kaplan come "il campo di battaglia definitivo del 21° secolo”.

PUBBLICITÁ

 

Che cosa ha deciso Pompeo

PUBBLICITÁ

L'Amministrazione Trump, in uno dei suoi ultimi atti, ha dichiarato di voler rimuovere le restrizioni che hanno definito le modalità delle relazioni diplomatiche tra Taiwan e gli Stati Uniti. Si tratta di un lungo elenco di regole tra cui il divieto di riferirsi a Taiwan come a “un paese”, ogni menzione di un “governo” a Taipei e un controllo delle modalità di incontro tra i funzionari. Alcune città erano formalmente vietate per i diplomatici e i rappresentanti delle istituzioni taiwanesi, ad esempio Washington, mentre i ranghi dei funzionari statunitensi in visita a Taiwan erano oggetto di un’accurata valutazione. Pompeo ha dichiarato che queste restrizioni, prese nel tentativo di una pacificazione con il Partito comunista cinese, non hanno più ragione di esistere. Il comunicato di Pompeo modifica in maniera radicale la prassi delle relazioni tra Taipei e Washington, e adesso l’Amministrazione Biden si trova nella delicata situazione di dover riscrivere le “regole d’ingaggio” con l’alleato taiwanese. Una situazione che potrebbe rafforzare le relazioni tra Stati Uniti e Taiwan ma rischia di incrinare i delicati rapporti dello Stretto e generare un antagonismo cinese nei confronti di Taipei.

   

Che cos'è la One China Policy

Le relazioni diplomatiche tra Washington e Taipei sono state interrotte nel 1979, con l’inaugurazione di quelle tra Pechino e Washington. Un percorso che era stato avviato nel 1971 con il viaggio segreto a Pechino di Henry Kissinger, all'epoca consigliere per la Sicurezza nazionale, e dalla visita ufficiale del presidente statunitense Richard Nixon nella Repubblica popolare cinese. Da quel momento i rapporti tra l'America e Taiwan vengono definiti da elementi fattuali: dichiarazioni politiche, atti congressuali, leggi e statement congiunti. La struttura centrale delle relazioni tra Taipei e Washington (come quella tra Taipei e i principali attori internazionali, compresa l'Unione europea) è la “One China Policy”. La politica dell’Unica Cina era un prerequisito fondamentale posto da Pechino per aprire le relazioni con gli Stati Uniti. Washington riconosce sia l’esistenza di una sola Cina sia la Repubblica Popolare cinese come l’unico governo legale della Cina e prende atto della sovranità cinese su Taiwan. Ne prende atto, ma non concorda con questa posizione, come dimostrano tre comunicati congiunti tra Washington e Pechino del 1972, 1979 e 1982.

   

PUBBLICITÁ

Tre diverse interpretazioni

PUBBLICITÁ

Nell’interpretazione di Pechino, con l’accettazione della “One China Policy” Washington implicitamente riconosce alla Repubblica popolare la sovranità su Taiwan, anche se non esiste una menzione esplicita. E' un espediente semantico usato per superare un ostacolo e mantenere le relazioni diplomatiche. Ma ogni paese e ogni organizzazione internazionale ha la propria interpretazione della politica dell’Unica Cina. I rapporti tra Taiwan e gli Stati Uniti sono regolati da leggi e decreti: pochi mesi dopo la rottura delle relazioni bilaterali, Washington si impegnò con il Taiwan Relations Act del 1979 a difendere la sovranità dell’isola fornendo “materiale per la difesa e servizi in quantità necessaria affinché Taiwan protegga se stessa”. E' quello l'atto del Congresso che autorizza de facto le relazioni diplomatiche tra Taiwan e Stati Uniti e istituisce l’American Institute in Taiwan come rappresentanza di Washington a Taipei.

   

PUBBLICITÁ

Difesa di Taiwan e difesa dello status quo

La legge prevede che Taiwan sia considerata, ai sensi delle leggi statunitensi, allo stesso modo di "paesi, nazioni, stati, governi o entità simili straniere", ossia equipara Taiwan a uno stato quasi-sovrano. Ma il Trattato di mutua difesa tra gli Stati Uniti e Taiwan, abolito nel 1980, non enuncia un automatismo per un eventuale intervento militare a difesa di Taiwan. Vuol dire che una eventuale dichiarazione di indipendenza taiwanese non rientra nella cornice del sostegno militare americano. E' una dinamica volta a mantenere il controllo sull’alleato taiwanese ma soprattutto la stabilità nella regione.

  

Da un lato, la fornitura statunitense di materiale bellico a Taiwan è cresciuta in maniera costante dagli anni Ottanta a oggi. Se nel 1980 gli armamenti donati o venduti a Taipei ammontavano a 500 milioni di dollari, nel 2019 Washington ha approvato la vendita di armamenti all’isola pari a 2,2 miliardi di dollari. Ogni fornitura è soggetta all’approvazione del Congresso ed è quindi espressione diretta della volontà del governo americano. Dall'altro lato, però, il Taiwan Relations Act dice che gli Stati Uniti prenderanno “qualsiasi tentativo di determinare il futuro di Taiwan con mezzi diversi da quelli pacifici, inclusi boicottaggi o embarghi, come una grave minaccia”. Ma il punto è far rimanere stabile la situazione, mantenere lo status quo. Non ci sono solo le periodiche minacce di Pechino, ma anche le spinte taiwanesi animate da velleità indipendentistiche, esplicitamente proibite.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ