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I Verdi accolgono i quattro scissionisti del M5s. Ma a certe condizioni

David Carretta

La riunione di stamattina, poi il via libera. Mercoledì l'ingresso sarà ufficializzato. Ma Corrao, Pedicini, Evi e D'Amato danno garanzie sulla rottura con Di Battista e sul loro sostegno a Conte. Il documento esclusivo visionato dal Foglio

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Il gruppo dei Verdi mercoledì accoglierà i quattro secessionisti che hanno abbandonato la delegazione del Movimento 5 stelle al Parlamento europeo, permettendo così a Ignazio Corrao, Rosa D'Amato, Eleonora Evi e Piernicola Pedicini di trovare una nuova casa e agilità politica molto più rapidamente di quanto immaginato. In una riunione questa mattina del gruppo dei Verdi il dibattito è stato veloce e senza ostacoli. Contrariamente a un anno fa, quando una parte consistente degli ecologisti europei si era opposta all'ingresso di tutta la delegazione del M5s, questa volta nessuno ha obiettato. Anche perché Corrao, D'Amato, Evi e Pedicini hanno dovuto dare garanzie politiche forti. In un documento inviato al gruppo dei Verdi – di cui Il Foglio è entrato in possesso - i quattro assicurano che la loro rottura non è solo con il M5s, ma almeno in parte anche con Alessandro di Battista, rispetto al quale dicono agire “in piena autonomia”. Inoltre, i quattro spiegano di non aver “alcuna intenzione” di “destabilizzare l'attuale governo Conte. Lo sosteniamo e riteniamo che sia assolutamente centrale che resti in carica al fine di continuare il suo lavoro e programma, in particolare durante questa pandemia”, secondo il documento dei quattro. Risultato: il gruppo dei Verdi ha deciso di mettere il loro ingresso all'ordine del giorno della prossima riunione di mercoledì. La decisione, scontata, sarà presa per acclamazione.

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Il gruppo dei Verdi mercoledì accoglierà i quattro secessionisti che hanno abbandonato la delegazione del Movimento 5 stelle al Parlamento europeo, permettendo così a Ignazio Corrao, Rosa D'Amato, Eleonora Evi e Piernicola Pedicini di trovare una nuova casa e agilità politica molto più rapidamente di quanto immaginato. In una riunione questa mattina del gruppo dei Verdi il dibattito è stato veloce e senza ostacoli. Contrariamente a un anno fa, quando una parte consistente degli ecologisti europei si era opposta all'ingresso di tutta la delegazione del M5s, questa volta nessuno ha obiettato. Anche perché Corrao, D'Amato, Evi e Pedicini hanno dovuto dare garanzie politiche forti. In un documento inviato al gruppo dei Verdi – di cui Il Foglio è entrato in possesso - i quattro assicurano che la loro rottura non è solo con il M5s, ma almeno in parte anche con Alessandro di Battista, rispetto al quale dicono agire “in piena autonomia”. Inoltre, i quattro spiegano di non aver “alcuna intenzione” di “destabilizzare l'attuale governo Conte. Lo sosteniamo e riteniamo che sia assolutamente centrale che resti in carica al fine di continuare il suo lavoro e programma, in particolare durante questa pandemia”, secondo il documento dei quattro. Risultato: il gruppo dei Verdi ha deciso di mettere il loro ingresso all'ordine del giorno della prossima riunione di mercoledì. La decisione, scontata, sarà presa per acclamazione.

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Corrao, D'Amato, Evi e Pedicini ieri avevano annunciato improvvisamente l'uscita dalla delegazione del M5s al Parlamento europeo motivandola con i dissensi sempre più forti con il Movimento a livello europeo. Il M5s ha cambiato "pelle e cuore", dice il documento inviato ai Verdi. I quattro spiegano di aver votato in dissenso sulla conferma della nomina di Ursula von der Leyen. Il passaggio è interessante perché Corrao, D'Amato, Evi e Pedicini nel luglio del 2019 avevano lasciato intendere di aver votato a favore, contribuendo a rendere decisivo il ruolo del M5s per la conferma della presidente della Commissione. "Il resto della delegazione dei Cinque Stelle ha cercato di giocare il ruolo di 'queen makers', sulla base del loro ruolo decisivo nella sua elezione, sperando di essere ricompensati con un certo ruolo in Commissione (all'epoca quando il candidato italiano doveva essere ancora indicato) e di trovare un gruppo politico in cui sedere". I quattro ricordano anche di aver votato in modo diverso dalla delegazione del M5s su diversi temi ambientali: la strategia europea sulle foreste, l'allocazione di appena il 30 per cento delle risorse di InvestEu agli obiettivi climatici, la riforma della Politica agricola comune, i sussidi ai combustibili fossili, il fondo della transizione giusta.

 

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C'è anche un passaggio sul Mes nel quale i quattro rivelano come funziona la delegazione del M5s. “Una risoluzione su come affrontare le ripercussioni economiche della pandemia conteneva un chiaro invito a attivare i finanziamenti del Mes”, si legge nel documento destinato ai Verdi: “Dopo alcuni incontri surreali della delegazione, in cui la posizione comune variava in modo bizzarro (prima quasi tutti conto la risoluzione, poi quasi tutti a favore), noi quattro abbiamo deciso di rispettare i nostri principi e negare il nostro sostegno". Secondo i quattro "il cambio di cuore" della delegazione del M5s al Parlamento europeo è stata dettata da "numerosi cambiamenti in Italia, che derivano principalmente da sempre meno democrazia interna nei Cinque Stelle, la sommissione a partiti di governo junior e giravolte sulla causa ambientale, senza essere in grado di definire una chiara affiliazione europea". Le ragioni esposte sono un atto d'accusa al M5s. La prima è organizzativa: la "creazione di una leadership top-down" nel 2017 con la modificazione dello statuto, l'elezione del Capo Politico e la "tolleranza zero" verso ogni sistema di dissenso. La seconda è politica: i governi di coalizione prima con la Lega ("la strumentalizzazione dei migranti da parte di Salvini non è stata adeguatamente contrastata dai Cinque Stelle") e poi con il Partito democratico (nel quale non sono state portate avanti battaglie ambientaliste a sufficienza).

 

I Verdi devono comunque aver chiesto delle garanzie ulteriori, probabilmente per il timore di indebolire il governo Conte e di diventare uno strumento delle lotte interne ai pentastellati. “La nostra decisione di lasciare il M5s ha una vera dimensione europea. Non ha niente a che fare con le dinamiche politiche a Roma e le voci sulla nostra opposizione al governo italiano. Non c'è intenzione da parte nostra di destabilizzare l'attuale governo Conte. Lo sosteniamo", si legge nel documento. E Dibba? "Non c'è stata partecipazione di alcun tipo o condivisione delle nostre deliberazioni con deputati italiani o ex deputati italiani (come Alessandro di Battista) nel processo che ha portato alla nostra decisione di lasciare il M5s”, hanno scritto i quattro.

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