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Il padre dell'atomica

Chi sapeva dell'operazione per uccidere lo scienziato iraniano?

Mohsen Fakhrizadeh è stato ucciso vicino a Teheran mentre era in auto. I sospetti su Israele, l'ira del regime e le conseguenze sull'America in transizione

Paola Peduzzi

Alcuni indizi fanno pensare che forse questa volta gli americani erano al corrente dell’operazione. Di certo l’allerta era alta, perché le forze israeliane avevano esplicitamente detto agli Stati Uniti che si aspettavano un “periodo duro” fino al 20 gennaio del 2021, cioè l’insediamento di Joe Biden.

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Mohsen Fakhrizadeh era alla guida della sua auto ad Absard, a una quarantina di chilometri da Teheran, quando è stato colpito dagli spari. Ha perso il controllo, è andato a sbattere ma quando sono arrivati i medici era ancora vivo: è morto poco dopo in ospedale.

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Mohsen Fakhrizadeh era alla guida della sua auto ad Absard, a una quarantina di chilometri da Teheran, quando è stato colpito dagli spari. Ha perso il controllo, è andato a sbattere ma quando sono arrivati i medici era ancora vivo: è morto poco dopo in ospedale.

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Esperti e funzionari occidentali sono convinti che Fakhrizadeh sia una figura decisiva nel programma nucleare militare iraniano che il regime di Teheran nega di aver mai sviluppato (dice che vuole sviluppare soltanto un programma nucleare civile). Un report del 2011 dell’Agenzia atomica dell’Onu   indicava un unico nome tra i responsabili del programma: quello di Fakhrizadeh. Era lui che aveva le competenze per creare una bomba atomica, era lui che aveva lavorato al programma nucleare e con tutta probabilità ci stava ancora lavorando. Gli ispettori dell’Agenzia atomica avevano chiesto di incontrarlo personalmente all’interno di un’indagine sulle attività illecite del regime in ambito nucleare, ma la richiesta non era mai stata accolta. Il regime ha ammesso l’esistenza di Fakhrizadeh soltanto alcuni anni fa, ma aveva dichiarato che era un ufficiale dell’esercito che lavorava come docente e ricercatore presso l’Università Imam Hussein. Secondo un rapporto della Cia consegnato all’Amministrazione Bush nel 2007,  Fakhrizadeh era sì un ricercatore ma l’incarico all’Università era una copertura: in una risoluzione dell’Onu di quello stesso anno, il suo nome comparve nella lista delle persone coinvolte con le attività nucleari e dei missili balistici. E nel 2008 era nella lista delle persone cui erano stati congelati i beni finanziari.

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Nel 2018, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha pubblicamente definito Fakhrizadeh il “padre della bomba atomica iraniana”, e mentre alcuni gruppi facevano circolare fotografie non verificate dello scienziato, il Mossad lo aveva messo in cima alla lista dei suoi obiettivi. E’ anche per questo che il primo indiziato del blitz in cui è stato ucciso Fakhrizadeh è proprio Israele. Il regime di Teheran ha inizialmente negato, ma quando ha confermato l’uccisione sono iniziati i messaggi contro i “terroristi” assassini. Il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, ha scritto su Twitter: “Questa vigliaccheria – con indicazioni serie sul ruolo di Israele – mostra quanto siano disperatamente guerrafondai i responsabili. L’Iran chiede alla comunità internazionale e soprattutto all’Unione europea, di porre fine a questo vergognoso doppio standard e condannino le loro azioni da stati terroristici”.

  

Ronen Bergman, uno dei più autorevoli esperti di intelligence in Israele, ha raccontato nel suo ultimo libro, “Rise and Kill First”, come il Mossad ha creato la lista degli scienziati iraniani e come poi abbia cercato, a volte riuscendoci, di colpirli. C’è una precisazione importante nel libro sul fatto che gli Stati Uniti non hanno mai saputo né voluto sapere di queste operazioni. L’ex direttore della Cia, Michael Hayden, dice che gli israeliani non hanno mai detto nulla dei loro piani “né con un occhiolino né con un sorriso”. Alcuni indizi fanno pensare che forse questa volta gli americani erano al corrente dell’operazione. Di certo l’allerta era alta, perché le forze israeliane avevano esplicitamente detto agli Stati Uniti che si aspettavano un “periodo duro” fino al 20 gennaio del 2021, cioè l’insediamento di Joe Biden.  Donald Trump si è ritirato dall’accordo sull’Iran e ha costruito un’alleanza molto solida con Israele e con l’Arabia Saudita che ha portato non soltanto ai Patti di Abramo – il riconoscimento dello stato di Israele da parte di alcuni paesi del Golfo – ma anche all’incontro di questa settimana a Neom tra sauditi, americani e israeliani. Biden è stato il vicepresidente dell’Amministrazione Obama che ha costruito l’accordo sul nucleare iraniano da cui si è ritirato Trump. Il 12 novembre, il presidente uscente aveva chiesto ai suoi collaboratori se c’era la possibilità di colpire il sito di Natanz: gli era stato consigliato di non farlo. Due settimane fa c’è stata la conferma dell’uccisione, il 7 agosto scorso a Teheran, di Abu Muhammad al Masri, secondo in grado nella leadership di al Qaida e ideatore degli attentati alle ambasciate americane in Africa nel 1998. Gli Stati Uniti hanno inviato B-52 in medio oriente e Israele era in allerta per possibili attacchi da parte dell’Iran o dei suoi alleati. Alcuni funzionari hanno detto al New York Times che l’uccisione di  Fakhrizadeh è un avvertimento forte per gli altri scienziati: se possiamo prendere uno come lui, possiamo prendervi tutti. E’ da qui che dovrà ripartire Joe Biden.

 

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