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Guerre sui mercati

Ant group, una quotazione da record

La fintech cinese per eccellenza, gemella di Alibaba, si quota in Borsa. E potrebbe essere l’ennesimo terreno di scontro tra America e Cina

Giulia Pompili

Ant Group approderà alle Borse di Hong Kong e Shanghai il 5 novembre prossimo, e venderà circa l’11 per cento delle sue azioni per un valore complessivo di 34,4 miliardi di dollari. Dopo la quotazione, Ant potrebbe valere circa 310 miliardi di dollari. E' il più importante colosso fintech del mondo, fondato dal tycoon cinese Jack Ma

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È la più grande offerta pubblica iniziale della storia. Ant Group approderà alle Borse di Hong Kong e Shanghai il 5 novembre prossimo, e venderà circa l’11 per cento delle sue azioni per un valore complessivo di 34,4 miliardi di dollari. Dopo la quotazione, Ant potrebbe valere circa 310 miliardi di dollari, molto più di molte banche internazionali. Il nome dell’azienda forse non vi dice niente, ma parliamo del più importante colosso fintech del mondo, fondato dal tycoon cinese Jack Ma come spinoff del suo gigante dell’ecommerce Alibaba. Se vogliamo interpretare la notizia con la lente della geopolitica, si tratta dell’ennesimo colpo della Cina contro l’America: un’azienda tutta cinese dove tutti vogliono investire (compresi moltissimi americani) e che secondo gli analisti sta per rivoluzionare il settore bancario globale. E forse non è un caso se l’Ipo avviene proprio nei giorni delle elezioni presidenziali in America, quando all’incertezza dei mercati occidentali si opporrà il traino delle contrattazioni in Asia orientale. Lo ha detto il fondatore, Jack Ma, qualche giorno fa a Shanghai: il fatto che la quotazione più grande della storia non si faccia a New York era “impensabile fino a tre anni fa. Ma i miracoli avvengono”. 
Non c’è niente come Ant Group in occidente. L’azienda, 16.600 dipendenti, possiede otto sussidiarie diverse tra cui Alipay, il sistema di “portafogli” elettronico che in tutto il mondo serve a pagare direttamente dallo smartphone. Ma per capire le dimensioni di un’app di servizi finanziari come Ant Group, basti pensare che l’azienda controlla, tra gli altri, anche una banca virtuale, una carta di credito virtuale, una app per la gestione patrimoniale, un’altra per servizi assicurativi, un’app per il riconoscimento biometrico e il sistema dei crediti sociali. Ant Group dichiara 1,2 miliardi di utilizzatori nel mondo, grazie anche agli investimenti che sta facendo fuori dai confini cinesi. Se siete in Corea del sud e pagate con la superapp sudcoreana Kakao pay, per esempio, state in realtà utilizzando i servizi di Ant Financial, che ha comprato il 43,9 per cento dell’azienda sudcoreana.

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È la più grande offerta pubblica iniziale della storia. Ant Group approderà alle Borse di Hong Kong e Shanghai il 5 novembre prossimo, e venderà circa l’11 per cento delle sue azioni per un valore complessivo di 34,4 miliardi di dollari. Dopo la quotazione, Ant potrebbe valere circa 310 miliardi di dollari, molto più di molte banche internazionali. Il nome dell’azienda forse non vi dice niente, ma parliamo del più importante colosso fintech del mondo, fondato dal tycoon cinese Jack Ma come spinoff del suo gigante dell’ecommerce Alibaba. Se vogliamo interpretare la notizia con la lente della geopolitica, si tratta dell’ennesimo colpo della Cina contro l’America: un’azienda tutta cinese dove tutti vogliono investire (compresi moltissimi americani) e che secondo gli analisti sta per rivoluzionare il settore bancario globale. E forse non è un caso se l’Ipo avviene proprio nei giorni delle elezioni presidenziali in America, quando all’incertezza dei mercati occidentali si opporrà il traino delle contrattazioni in Asia orientale. Lo ha detto il fondatore, Jack Ma, qualche giorno fa a Shanghai: il fatto che la quotazione più grande della storia non si faccia a New York era “impensabile fino a tre anni fa. Ma i miracoli avvengono”. 
Non c’è niente come Ant Group in occidente. L’azienda, 16.600 dipendenti, possiede otto sussidiarie diverse tra cui Alipay, il sistema di “portafogli” elettronico che in tutto il mondo serve a pagare direttamente dallo smartphone. Ma per capire le dimensioni di un’app di servizi finanziari come Ant Group, basti pensare che l’azienda controlla, tra gli altri, anche una banca virtuale, una carta di credito virtuale, una app per la gestione patrimoniale, un’altra per servizi assicurativi, un’app per il riconoscimento biometrico e il sistema dei crediti sociali. Ant Group dichiara 1,2 miliardi di utilizzatori nel mondo, grazie anche agli investimenti che sta facendo fuori dai confini cinesi. Se siete in Corea del sud e pagate con la superapp sudcoreana Kakao pay, per esempio, state in realtà utilizzando i servizi di Ant Financial, che ha comprato il 43,9 per cento dell’azienda sudcoreana.

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Ma è da Alipay che nasce tutto: come ricordato dal New York Times, Jack Ma, il fondatore di Alibaba, nel 2008 ha detto al portale Sina che “se le banche non cambiano, saremo noi a cambiare le banche”. E ci è riuscito: insieme a WeChat, la superapp di Tencent, Alipay ha contribuito a trasformare la Cina – un paese che, come il Giappone, faceva fatica addirittura ad abbandonare i contanti per le carte di credito – nel più grande mercato contactless del mondo. Sei anni fa è iniziata una competizione spietata tra le due superapp, come racconta Simone Pieranni nel libro “Red Mirror” (Laterza), che ha accelerato la trasformazione delle aziende in due colossi: “Durante il Capodanno cinese del 2014, WeChat consentì ai suoi utenti di mandare delle ‘buste rosse’ virtuali, le tradizionali buste contenenti soldi, il principale regalo del fine d’anno cinese, permettendo ai suoi utenti di agganciare il profilo WeChat al conto in banca”. Fino ad allora Alibaba era l’ecommerce, Alipay il metodo di pagamento. E invece adesso anche in Italia i turisti cinesi possono pagare in moltissimi posti – a cominciare dagli aeroporti – sia con Alipay sia con WeChat. E in questo settore è  stata la Cina a trainare l’occidente: per fare un paragone, ogni mese l’app cinese ha più di 730 milioni di utenti attivi, mentre la Paypal di Peter Thiel ne ha solo 346 milioni. Se durante il periodo delle festività cinesi Ant Group è stata in grado di processare 459 mila pagamenti al secondo, l’americana Visa ne può gestire solo 65 mila contemporaneamente. Ma non è soltanto una questione di numeri e di popolazione, spiega il New York Times. Parliamo di una modernizzazione a tappe forzate che ha reso la Cina, in ogni aspetto della vita quotidiana, uno dei paesi più tecnologici del mondo. Lo ha fatto per velocizzare lo sviluppo del paese, ma anche naturalmente per motivi di controllo, perché dai Big Data dei pagamenti si risale ai movimenti dell’utente, un sistema molto utile soprattutto ora con il lavoro di contact tracing dovuto alla pandemia. 


Con uno smartphone si può fare tutto, e perfino aiutare il paese a ridurre le emissioni di anidride carbonica, uno degli obiettivi del governo di Xi Jinping per accreditare la Cina come potenza responsabile nel mondo. E che si basa però su un problema molto sentito tra la popolazione: quello dell’inquinamento. Nel 2016 Ant Financial ha lanciato Ant Forest, un mastodontico progetto che ha avuto un successo insperato tra la popolazione: se un utente cammina ed evita l’auto, o compra prodotti sostenibili, ottiene dei punti attraverso un giochino divertente. Un tot di punti corrisponde a un nuovo – e vero, non virtuale – albero piantato. Sin dal suo lancio, Ant Forest ha piantato più di centoventi milioni di alberi nel nord della Cina, in un’area di oltre centomila ettari. E’ un esempio di come il coinvolgimento del business e della popolazione negli obiettivi del governo di Pechino funzioni alla perfezione. 


I problemi ci sono: finora il mercato estero rappresenta soltanto il 5 per cento dei ricavi di Ant Group e la quotazione in Borsa dovrebbe servire al rilancio internazionale. A frenare la rincorsa al mercato globale di Ant Group, scriveva giorni fa l’analista finanziario Fraser Howie sull’Interpreter, potrebbe essere l’America, che ha già preso di mira TikTok, Huawei e WeChat ma finora aveva salvato il business di Jack Ma. La prossima settimana, tra le elezioni americane e la quotazione, è cruciale: per questa e per molte altre battaglie. 

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