PUBBLICITÁ

Guardare negli occhi la guerra di religione

Giuliano Ferrara

Nizza, la strage, gli islamisti, la dottrina fragile dei benpensanti (chiesa compresa). Agire contro chi soffia sul fuoco

PUBBLICITÁ

Della strage di cattolici a Nizza, con il suo cuore simbolico di una cattedrale dedicata alla Madonna in cui tre agnelli sacrificali sono stati sgozzati da un fanatico islamico che gridava Allahu Akbar, colpisce la convergenza dei significati: guerra di religione; orchestrazione di una campagna islamista e antifrancese del “sultano incendiario” Erdogan, che ha diverse spiegazioni politiche; immigrazione e infiltrazione di avanguardie del fanatismo che esprimono i sentimenti della comunità islamica in generale; questione della libertà, ancora più evidente nella storia tragica di Samuel Paty; questione della legge, della cultura e della forza.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Della strage di cattolici a Nizza, con il suo cuore simbolico di una cattedrale dedicata alla Madonna in cui tre agnelli sacrificali sono stati sgozzati da un fanatico islamico che gridava Allahu Akbar, colpisce la convergenza dei significati: guerra di religione; orchestrazione di una campagna islamista e antifrancese del “sultano incendiario” Erdogan, che ha diverse spiegazioni politiche; immigrazione e infiltrazione di avanguardie del fanatismo che esprimono i sentimenti della comunità islamica in generale; questione della libertà, ancora più evidente nella storia tragica di Samuel Paty; questione della legge, della cultura e della forza.

PUBBLICITÁ

        

Macron ha cominciato a uscire dalla funesta logica della lagna occidentale, esitante, impaurita, con la semplice decisione di definire “terrorismo islamista” quanto accade. E’ stato un passo decisivo al quale il capo della Francia non poteva sottrarsi dopo la decapitazione di un insegnante che aveva tenuto con serenità didattica una lezione sulla libertà di espressione, usando come materiali di studio in classe le vignette su Maometto che ebbero esiti fatali nel gennaio del 2015. Ma questo passo deve avere delle conseguenze e queste nascono dalla convergenza di significati che emerge dall’eccidio di Nizza.       

 

PUBBLICITÁ

Escludere la nozione di guerra di religione, come fa il capo della chiesa cattolica, come fanno tutti i benpensanti del mondo occidentale, è grottesco. Il discorso di Ratzinger a Ratisbona fu il gigantesco anticipo teologico delle innocenti vignette satiriche di Charlie Hebdo, costate la più spietata vendetta a chi le disegnò e pubblicò. Con il suo tono accademico e dotto, il Papa rilevò che alla radice dell’islamismo come religione politica stava la profezia combattente di un guerriero e la logica della spada al posto di quella della ragione, del logos e della predicazione della parola che salva. A questa diagnosi incontrovertibile si opposero le manifestazioni assassine e gli atti di spietata intimidazione da una parte all’altra del globo islamico, con il corteggio vile della presa di distanza dei governi occidentali e della meglio casta intellettuale. Eppure è risibile anche solo pensare che non appartenga al rango di una guerra di religione il fanatismo di un ceceno che decapita un insegnante nella periferia parigina per aver espresso il massimo dei nostri criteri di vita e di coscienza, dopo la sollecitazione ambientale nota e con le note complicità comunitariste, o il fanatismo di un tunisino immigrato a Lampedusa che sgozza un sagrestano e tre fedeli in cattedrale in nome degli islamici perseguitati da Macron, aizzato dalla campagna politica di Erdogan.

        

 

La lagna occidentale non ha più margini per esprimersi con le sue solite litanie. La chiesa cattolica non può più restare imbavagliata e muta, in nome della fratellanza umana e dell’equivoco modo di intendere il dialogo inter-religioso, di fronte all’evidenza di un conflitto che la riguarda. Dopo l’undici settembre, che fu il picco dell’ondata epidemica islamista, dovremmo aver capito, anche per le lezioni successive che ci sono state impartite dovunque nel mondo e in particolare in Francia, che queste ondate non cesseranno e che l’islamismo politico internazionale, in forme diverse, costruendo stati del terrore come l’Isis o martirizzando un prete come padre Hamel o in mille altri modi, collettivi e solitari, continuerà a dare segni di vita che per noi sono segni di morte. Nella forma reticente e irenista, il dialogo con i “santi” dell’islam non è una risposta. Benevola nelle intenzioni ma inefficace, la protezione puntuale degli obiettivi simbolici possibili, per esempio le chiese e le scuole che saranno presidiate da 7.000 militari dell’operazione sentinella, è una chimera. La stessa idea che la risposta a una guerra carica di cultura, di risentimento e fede aspramente mescolati, si possa condurre nel segno della legge, e dunque nel rispetto dei criteri di valore che difendono la nostra libertà e al tempo stesso la indicano come una libertà senza spada, è pura vanità. Resta solo la forza: la pulizia dei territori perduti dell’occidente, la normalizzazione dei comunitarismi islamici che fanno da corona all’islam politico, l’isolamento, il contenimento e il sanzionamento diplomatico, politico e militare degli stati e delle classi dirigenti che da Ankara a Teheran soffiano sul fuoco. 

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ