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Senza confronto

Glenn Greenwald ha sbattuto la porta di Intercept

Betsy Reed: "Glenn chiede il diritto assoluto di determinare cosa pubblicherà. Crede che chiunque sia in disaccordo con lui è corrotto e chiunque abbia la presunzione di modificare le sue parole è un censore"

Greta Privitera

Secondo il giornalista il sito non si occupava del caso di Hunter Biden e avrebbe cercato di censurare un suo pezzo e si è rifugiato sulla piattaforma Substack. Le critiche della direttrice e uno scandalo che non decolla

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Ha sbattuto la porta, e se ne è andato. Il giornalista investigativo ed ex avvocato Glenn Greenwald si è dimesso da The Intercept, il sito di notizie che ha co-fondato nel 2014 con Laura Poitras e Jeremy Scahill. Se ne è andato accusando il giornale di avergli censurato un articolo in cui criticava come i media americani e il team di Joe Biden non avessero affrontato la questione delle email trovate nel computer portatile del figlio del candidato alle presidenziali, Hunter Biden. "I redattori di The Intercept, in violazione del mio diritto contrattuale di libertà editoriale, hanno censurato un articolo che ho scritto questa settimana, rifiutandosi di pubblicarlo a meno che non rimuovessi tutte le parti di critica nei confronti di Joe Biden, il candidato sostenuto con veemenza da tutta New York ", ha scritto Greenwald  in un lungo post di dimissioni. Il giornalista, famoso per aver vinto nel 2014 il premio Pulitzer per le inchieste basate sui documenti sottratti al governo statunitense da Edward Snowden, ha aggiunto che The Intercept non sta più svolgendo la missione per cui sarebbe nato, ossia amplificare le voci raramente ascoltate del giornalismo americano: “L’attuale Intercept è completamente irriconoscibile rispetto alla visione originale", ha detto.

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Ha sbattuto la porta, e se ne è andato. Il giornalista investigativo ed ex avvocato Glenn Greenwald si è dimesso da The Intercept, il sito di notizie che ha co-fondato nel 2014 con Laura Poitras e Jeremy Scahill. Se ne è andato accusando il giornale di avergli censurato un articolo in cui criticava come i media americani e il team di Joe Biden non avessero affrontato la questione delle email trovate nel computer portatile del figlio del candidato alle presidenziali, Hunter Biden. "I redattori di The Intercept, in violazione del mio diritto contrattuale di libertà editoriale, hanno censurato un articolo che ho scritto questa settimana, rifiutandosi di pubblicarlo a meno che non rimuovessi tutte le parti di critica nei confronti di Joe Biden, il candidato sostenuto con veemenza da tutta New York ", ha scritto Greenwald  in un lungo post di dimissioni. Il giornalista, famoso per aver vinto nel 2014 il premio Pulitzer per le inchieste basate sui documenti sottratti al governo statunitense da Edward Snowden, ha aggiunto che The Intercept non sta più svolgendo la missione per cui sarebbe nato, ossia amplificare le voci raramente ascoltate del giornalismo americano: “L’attuale Intercept è completamente irriconoscibile rispetto alla visione originale", ha detto.

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La replica di Betsy Reed, la direttrice del giornale, non si è fatta attendere e ha risposto con un post dove afferma che le accuse di Greenwald “sono assurde”: "La decisione di Glenn Greenwald di dimettersi da Intercept deriva da un disaccordo fondamentale sul ruolo che hanno gli editori nel lavoro giornalistico e sulla natura della censura", ha scritto Reed. “Glenn chiede il diritto assoluto di determinare cosa pubblicherà. Crede che chiunque sia in disaccordo con lui è corrotto e chiunque abbia la presunzione di modificare le sue parole è un censore". E aggiunge: “La storia che racconta sulle sue dimissioni pullula di distorsioni e imprecisioni, tutte progettate per farlo sembrare una vittima, invece che una persona adulta che fa i capricci". Intanto, Greenwald ha pubblicato la sua versione dell'articolo sulla piattaforma online Substack, con una spiegazione: "Sto postando qui la bozza più recente del mio pezzo su Joe e Hunter Biden - l'ultima vista dagli editori di Intercept prima che mi dicessero che si sarebbero rifiutati di pubblicarlo in assenza di importanti cambiamenti strutturali tra cui la rimozione delle critiche a Joe Biden, lasciandomi solo una piccola parte dell’articolo, quella in cui criticavano i media ". Greenwald ha anche affermato di “stare pensando alla possibilità di creare un giornale che tenga presente di tutte le posizioni politiche esistenti”. "Non abbiamo dubbi che Glenn si lancerà in una nuova avventura mediatica in cui non ci saranno gli editori - visto anche l'èra di Substack e Patreon", ha detto Reed nella sua dichiarazione. “Motivo per cui ha senso per i suoi affari che Glenn si dipinga come l'ultimo vero guardiano del giornalismo investigativo e denigri i suoi colleghi e amici di vecchia data come hacker di parte. L’abbiamo capito. Ma i fatti sono fatti e i risultati di Intercept, frutto di un giornalismo senza paura, rigoroso e indipendente, parlano da sé". 

 

 

Per adesso, Greenwald farà parte di quel gruppo di giornalisti che hanno lasciato, o sono stati costretti a lasciare, i media tradizionali e stanno tentando nuove strade, tra cui quella di Substack, una piattaforma fondata nel 2017 che permette di creare newsletter e chiedere direttamente soldi ai lettori per essere finanziati. In questo gruppo di rifugiati, troviamo nomi come Andrew Sullivan, ex New York Magazine, e Matt Taibbi, ex Rolling Stone. Sono spesso uomini, bianchi, famosi per le loro opinioni molto forti e caratteri non sempre compatibili con lavori di gruppo, vedi quello delle redazioni. Substack sembra essere un modello che funziona soprattutto per questi personaggi che hanno un pubblico affezionato e disposto a pagare per continuarli a leggere. Ma se fino a pochi mesi fa, parliamo dei tempi pre pandemia, sembrava uno strumento di diffusione limitata, ora, anche per il dilagare della cancel culture che ha contaminato le redazioni e fa scappare o mette alla porta i giornalisti, sta diventando una meta ambita per un numero sempre crescente di autori, anche noti, alla ricerca di nuovi spazi di libertà. Ma è proprio qui che il meccanismo rischia di inceppare: questa libertà consiste nel non avere nessun confronto con una redazione. Infatti, Substack e piattaforme simili non offrono praticamente alcuna supervisione editoriale ma esiste solo l’autore e le sue idee. Se per Greenwald l’assenza di confronto può essere un plus, altri lo vedono già come un limite importante.

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