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tra virgolette

Cosa non ci perdona il nemico

La lista degli attentati e come lavorare sulla memoria collettiva, secondo il filosofo francese

Mauro Zanon

Alain Finkielkraut in un'intervista al Figaro dice che "il terrorismo non è un fenomeno in sé. Fa parte di un tutto, e questo tutto è l’odio della civiltà francese. Il crimine di Nizza conferma questa diagnosi"

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Parigi. L’attentato islamista perpetrato ieri a Nizza dal tunisino Brahim Aouissaoui si aggiunge a una lista “troppo lunga” di attacchi contro la Francia, ha detto oggi in un’intervista al Figaro il filosofo Alain Finkielkraut. Secondo l’accademico, non è solo la République il bersaglio del terrore islamista, è la Francia come civiltà che questi assassini voglio distruggere al grido di “Allah Akbar!”. “Il terrorismo non è un fenomeno in sé. Fa parte di un tutto, e questo tutto è l’odio della civiltà francese. Il crimine di Nizza conferma questa diagnosi. Da un ‘Allah Akbar!’ all’altro, da Mohamed Merah all’attentato di ieri, la Francia è presa di mira nella sua dimensione ebraica, nella sua dimensione laica e nella sua dimensione cristiana. Possiamo pur continuare a protestare con la nostra buona volontà e a lottare con ardore contro tutte le discriminazioni, ma il nemico è comunque davanti a noi e non ci perdona di essere ciò che siamo”, afferma Finkielkraut, prima di aggiungere: “La decapitazione di Samuel Paty non è stata pianificata né commissionata dallo Stato islamico. Non ha il marchio di nessuna organizzazione nazionale e internazionale. Ma non per questo è l’atto di un lupo solitario. Questo attacco è stato preceduto da una cabala, che ha coinvolto il padre di un’alunna, un predicatore antisemita e alcuni studenti che, dietro compenso, hanno designato il professore all’uccisore, nonostante quest’ultimo non avesse nascosto la sua volontà di umiliarlo e colpirlo per aver mostrato le caricature del Profeta in classe. Questo attentato mostra la continuità esistente tra l’islamismo ordinario e il terrore sanguinario”.

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Parigi. L’attentato islamista perpetrato ieri a Nizza dal tunisino Brahim Aouissaoui si aggiunge a una lista “troppo lunga” di attacchi contro la Francia, ha detto oggi in un’intervista al Figaro il filosofo Alain Finkielkraut. Secondo l’accademico, non è solo la République il bersaglio del terrore islamista, è la Francia come civiltà che questi assassini voglio distruggere al grido di “Allah Akbar!”. “Il terrorismo non è un fenomeno in sé. Fa parte di un tutto, e questo tutto è l’odio della civiltà francese. Il crimine di Nizza conferma questa diagnosi. Da un ‘Allah Akbar!’ all’altro, da Mohamed Merah all’attentato di ieri, la Francia è presa di mira nella sua dimensione ebraica, nella sua dimensione laica e nella sua dimensione cristiana. Possiamo pur continuare a protestare con la nostra buona volontà e a lottare con ardore contro tutte le discriminazioni, ma il nemico è comunque davanti a noi e non ci perdona di essere ciò che siamo”, afferma Finkielkraut, prima di aggiungere: “La decapitazione di Samuel Paty non è stata pianificata né commissionata dallo Stato islamico. Non ha il marchio di nessuna organizzazione nazionale e internazionale. Ma non per questo è l’atto di un lupo solitario. Questo attacco è stato preceduto da una cabala, che ha coinvolto il padre di un’alunna, un predicatore antisemita e alcuni studenti che, dietro compenso, hanno designato il professore all’uccisore, nonostante quest’ultimo non avesse nascosto la sua volontà di umiliarlo e colpirlo per aver mostrato le caricature del Profeta in classe. Questo attentato mostra la continuità esistente tra l’islamismo ordinario e il terrore sanguinario”.

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Un libretto con le caricature di Charlie Hebdo verrà distribuito nelle scuole per contribuire all’insegnamento del significato di libertà d’espressione. Secondo Finkielkraut, “nel programma scolastico bisogna mettere le opere, nient’altro che le opere. Il libretto non è il programma, è scolpire nel marmo un fatto inaudito: delle persone si sono fatte assassinare per aver pubblicato o commentato in classe alcune vignette. Non sono un sostenitore incondizionato delle caricature, perché credo che la critica, anche la più ruvida, non abbia bisogno di passare dall’abbrutimento dei volti e dei corpi. Tuttavia, penso che questi fatti atroci facciano parte della nostra memoria collettiva e che a questo titolo debbano essere oggetto di riflessione e trasmessi”. In occasione dell’omaggio nazionale a Samuel Paty tenutosi nel cortile d’onore della Sorbona, il presidente Macron, citando Jaurès, ha detto che il ruolo della scuola è quello di “formare dei repubblicani”. “Secondo un recente sondaggio, il 74 per cento dei musulmani che hanno meno di venticinque anni mette la legge religiosa al di sopra delle leggi della Repubblica. Ma la laicità, principio repubblicano per eccellenza, si fonda sull’indipendenza della vita spirituale. Senza il riconoscimento di questa indipendenza, non c’è alcun insegnamento possibile. Bisogna dunque formare dei repubblicani per assicurare la trasmissione dei saperi”, dice Finkielkraut al Figaro. E ancora: “La République è un insieme di valori universali. La Francia è una lingua, una letteratura, uno stile di esistenza, è un insieme di città, di paesaggi, di monumenti e di edifici inimitabili”.

 

Da anni il filosofo francese, la cui autobiografia è da poco uscita in Italia (“In prima persona. Una memoria controcorrente”, Marsilio), mette in guardia la Francia e l’Europa dal progetto di islamizzazione del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, dalle mire espansionistiche del sultano di Ankara. E da anni riceve accuse di “islamofobia”. Ora, però, anche gli ambienti a lui più ostili iniziano ad aprire gli occhi su Erdogan. “Contrariamente a ciò che sostenevano fino a poco tempo fa numerosi intellettuali penitenti, l’Europa non si è mai comportata come un’‘associazione cristiana’ dinanzi alla Turchia. In compenso, Recep Tayyip Erdogan, che aspira alla leadership del mondo musulmano, definisce l’assimilazione alla cultura europea come un crimine contro l’umanità e ricopre il presidente francese di insulti perché tollera sul suo territorio le caricature del Profeta. Con Erdogan, l’islam politico è in posizione di combattimento. E il suo obiettivo a lungo termine non è il separatismo, è la conquista. ‘I minareti saranno le nostre baionette, le cupole i nostri elmetti, le moschee le nostre caserme e i credenti i nostri soldati’, diceva quando era sindaco di Istanbul”. 

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