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I Paesi Bassi entrano in "lockdown parziale"

Micol Flammini

La seconda ondata olandese va più veloce della prima e Mark Rutte corre ai ripari (anche per motivi elettorali). Il premier vuole vincere il voto di marzo e adesso è alle prese con il virus, i populisti e il concetto di libertà 

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Ieri, alle dieci del mattino, il numero dei positivi al coronavirus nei Paesi Bassi era arrivato a 7.393 nuovi casi in un giorno. Nell’ultima settimana, l’aumento dei contagiati è stato del 60 per cento e secondo i dati diffusi dal Rivm (Istituto nazionale per la salute pubblica e l’ambiente) il numero di pazienti in terapia intensiva, in sette giorni, è passato da 121 a 192, con un aumento dei ricoveri ospedalieri del 40 per cento. “Il virus continua a diffondersi senza sosta”, hanno commentato gli esperti dell’Istituto e, per cercare di frenarlo, ieri il primo ministro Mark Rutte e il ministro della Sanità Hugo de Jonge hanno presentato un piano per portare gli olandesi fuori dalla seconda ondata: “Stiamo andando verso un lockdown parziale – ha detto il premier – è l’unica soluzione”. Per quattro settimane bar e ristoranti rimarranno chiusi, ci sarà una stretta sugli sport ricreativi e anche sulla possibilità di avere ospiti in casa, non più di tre persone, e i viaggi sono sconsigliati. Il governo  vuole tentare delle chiusure brevi,  per ridurre i danni economici  – il pil olandese nel secondo trimestre è calato dell’8,5 per cento – e alleggerire  il sistema sanitario, che non aveva conosciuto una grave pressione nei primi mesi della pandemia e adesso  sta faticando a contrastare il rapido aumento dei contagiati.  A marzo, il governo  era deciso  a fermare l’epidemia con molte raccomandazioni e pochi obblighi, puntando tutto sulla responsabilità dei cittadini. Qualcuno aveva anche parlato di immunità di gregge, ma l’Olanda si era ricreduta in fretta e aveva annunciato il confinamento dei cittadini e la chiusura della maggior parte delle attività lavorative. In primavera i Paesi Bassi avevano raggiunto  il picco  con poco più di 1.300 nuovi casi al giorno.  Ma   a guardare i contagi nelle ultime settimane sembra che qualcosa sia andato storto nella strategia olandese: non soltanto la diffusione del virus è ricominciata dopo i mesi estivi, ma è ricominciata con un ritmo insolitamente rapido che, come scrive il Financial Times, sta rendendo i Paesi Bassi “un esempio da manuale di quanto velocemente le cose possano andare male”.

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Ieri, alle dieci del mattino, il numero dei positivi al coronavirus nei Paesi Bassi era arrivato a 7.393 nuovi casi in un giorno. Nell’ultima settimana, l’aumento dei contagiati è stato del 60 per cento e secondo i dati diffusi dal Rivm (Istituto nazionale per la salute pubblica e l’ambiente) il numero di pazienti in terapia intensiva, in sette giorni, è passato da 121 a 192, con un aumento dei ricoveri ospedalieri del 40 per cento. “Il virus continua a diffondersi senza sosta”, hanno commentato gli esperti dell’Istituto e, per cercare di frenarlo, ieri il primo ministro Mark Rutte e il ministro della Sanità Hugo de Jonge hanno presentato un piano per portare gli olandesi fuori dalla seconda ondata: “Stiamo andando verso un lockdown parziale – ha detto il premier – è l’unica soluzione”. Per quattro settimane bar e ristoranti rimarranno chiusi, ci sarà una stretta sugli sport ricreativi e anche sulla possibilità di avere ospiti in casa, non più di tre persone, e i viaggi sono sconsigliati. Il governo  vuole tentare delle chiusure brevi,  per ridurre i danni economici  – il pil olandese nel secondo trimestre è calato dell’8,5 per cento – e alleggerire  il sistema sanitario, che non aveva conosciuto una grave pressione nei primi mesi della pandemia e adesso  sta faticando a contrastare il rapido aumento dei contagiati.  A marzo, il governo  era deciso  a fermare l’epidemia con molte raccomandazioni e pochi obblighi, puntando tutto sulla responsabilità dei cittadini. Qualcuno aveva anche parlato di immunità di gregge, ma l’Olanda si era ricreduta in fretta e aveva annunciato il confinamento dei cittadini e la chiusura della maggior parte delle attività lavorative. In primavera i Paesi Bassi avevano raggiunto  il picco  con poco più di 1.300 nuovi casi al giorno.  Ma   a guardare i contagi nelle ultime settimane sembra che qualcosa sia andato storto nella strategia olandese: non soltanto la diffusione del virus è ricominciata dopo i mesi estivi, ma è ricominciata con un ritmo insolitamente rapido che, come scrive il Financial Times, sta rendendo i Paesi Bassi “un esempio da manuale di quanto velocemente le cose possano andare male”.

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Secondo diversi analisti, le difficoltà del governo con la seconda ondata si spiegano con due ragioni in particolare. La prima è determinata da una serie di messaggi poco chiari e contrastanti da parte delle autorità sanitarie che non si sono mai dimostrate del tutto a favore dell’uso della mascherina nei luoghi pubblici, ieri De Jonge ne ha parlato per la prima volta. Il governo non si è pronunciato apertamente nei confronti delle misure di prevenzione. Gli stessi membri dell’esecutivo si sono mostrati poco attenti: il ministro della Giustizia, Ferdinand Grapperhaus, ha festeggiato il suo matrimonio senza rispettare alcune raccomandazioni sanitarie  e  non si è dimesso. La seconda ragione è più culturale e ha a che vedere con un certo modo di intendere il  concetto di libertà che anche secondo il premier britannico Boris Johnson è alla base dell’aumento dei contagi in alcuni paesi. Anche l’Olanda è parte di quelle nazioni, nordiche e spesso frugali, i cui governi hanno preferito non imporre troppe restrizioni per limitare la diffusione del virus, nel rispetto della  vena libertaria dei loro cittadini. Ma adesso, anche Rutte si è dovuto ricredere e le  restrizioni non serviranno soltanto a ridurre i contagi, ma pure a salvare il  suo consenso. 

 

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In estate, dopo i primi mesi della pandemia,  la popolarità del premier era aumentata, come è accaduto a tutti leader europei, escluso Emmanuel Macron, che avevano beneficiato di un ritorno di fiducia nelle istituzioni. Ma Rutte, assieme ad Angela Merkel, era tra quelli più amati con un consenso al 75 per cento. Questa percentuale però rischia di erodersi a causa degli effetti della seconda ondata, per questo il governo ha deciso di cambiare atteggiamento. I Paesi Bassi saranno la prima nazione a tenere delle elezioni politiche dopo, o probabilmente durante, la pandemia. Si vota a marzo e Rutte con il suo partito (Vvd)  vuole vincere di nuovo. I toni da campagna elettorale si erano già sentiti durante i negoziati per il Recovery fund, quando il premier ha puntato i piedi, assieme agli altri frugali, per invertire le percentuali dei prestiti e dei sussidi per i paesi più in difficoltà. In quei mesi Rutte e il suo ministro dell’Economia, il cristiano-democratico Wopke Hoekstra, puntavano a ottenere un risultato buono per l’Olanda, ma anche buono per la loro coalizione e per i propri partiti alle prossime elezioni. Le nuove restrizioni sono un tentativo di calmare l’opinione pubblica che non si aspettava una seconda ondata tanto  forte dopo la prima così controllata. Come scrivono Mehreen Khan e Jim Brundsen del Financial Times, i populisti in Olanda, rimpiccioliti dal risultato delle europee del 2019,  si stanno  rialzando: nell’arrivo dell’emergenza sanitaria e nei dubbi del governo  hanno visto una nuova possibilità. 

 

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