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Occhio al gas

Il conflitto tra azeri e armeni mette a rischio la Tap, l’alternativa energetica a Putin

Luca Gambardella

"Bombardamenti non distanti da gasdotti e oleodotti", dice Baku. L'Europa (e l'Italia) cominciano a preoccuparsi

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Martedì l’Azerbaigian ha accusato l’Armenia di avere bombardato molto vicino – dieci metri – a un tratto dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, che trasporta il greggio fino alle coste turche e poi viene smistato in Europa. La Socar, la società statale azera che si occupa della produzione di petrolio e gas, ha detto che per ora non ci sono danni, ma più i combattimenti nel Nagorno Karabakh vanno avanti più aumentano le preoccupazioni europee. In particolare quelle dell’Italia, che è il primo paese al mondo per importazioni dall’Azerbaigian.

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Martedì l’Azerbaigian ha accusato l’Armenia di avere bombardato molto vicino – dieci metri – a un tratto dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, che trasporta il greggio fino alle coste turche e poi viene smistato in Europa. La Socar, la società statale azera che si occupa della produzione di petrolio e gas, ha detto che per ora non ci sono danni, ma più i combattimenti nel Nagorno Karabakh vanno avanti più aumentano le preoccupazioni europee. In particolare quelle dell’Italia, che è il primo paese al mondo per importazioni dall’Azerbaigian.

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I combattimenti in questa regione si stanno trasformando: dalle montagne semi disabitate, i missili armeni sono arrivati a colpire Ganja, la seconda città dell’enclave. Era proprio quello che nessuno voleva che accadesse: oltre al rischio di vittime civili, che aumenta l’attenzione generale su un conflitto che pochi vogliono troppo sotto i riflettori, c’è anche l’aspetto energetico. La Socar ha definito questi bombardamenti una strana “coincidenza” e ha lanciato l’allarme anche per la Tap, la Trans Adriatic Pipeline, che dall’Azerbaigian porterà il gas in Turchia e quindi in Europa, passando per la Grecia e la Puglia. L’apprensione della compagnia di stato azera va presa con cautela, visto che Baku ha tutto l’interesse a ingigantire gli effetti degli attacchi armeni agli occhi dell’occidente. E’ anche vero però che quello energetico è un tasto sensibile per l’Europa. Il progetto Tap è già entrato nella fase operativa e le forniture dovrebbero iniziare entro la fine dell’anno. L’accusa degli azeri – che sono sostenuti militarmente dai turchi – è che russi e armeni stiano tentando di sabotare un progetto energetico importante per la Turchia e per l’Ue – un progetto che rientra nella strategia europea di scavalcare la dipendenza dal gas russo.

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Secondo Richard Giragosian, direttore del Regional Studies Center (Rsc), un think tank armeno, per ora nessuno ha davvero interesse a ridimensionare l’intensità dei combattimenti. Il motivo, spiega al Foglio, sono le forniture di armamenti che negli ultimi anni hanno alimentato la competizione fra Turchia e Russia nella regione. “Mosca è tutt’altro che ansiosa di interrompere il conflitto, almeno in questi primi giorni. E soprattutto ora che è il principale venditore di armamenti sia all’Azerbaigian sia all’Armenia”. Proprio il suo ruolo di equo “fornitore” per entrambe le parti in guerra, finora aveva reso il Cremlino l’unico arbitro della partita. Oggi però questa posizione super partes si è deteriorata. “Le relazioni fra Armenia e Russia negli ultimi tempi sono peggiorate”, dice Giragosian. “Il principale motivo dell’esitazione russa nel conflitto – secondo l’analista – è che Mosca vuole mettere pressione agli armeni e aumentare il loro senso di dipendenza da Mosca nel settore degli armamenti”.

Ieri, Vladimir Putin ha parlato di “immane tragedia” e ha chiesto un cessate il fuoco immediato. Il messaggio del Cremlino è che non intende combattere, almeno per ora: “Abbiamo degli impegni nei confronti dell’Armenia – ha aggiunto Putin, riferendosi all’alleanza difensiva sancita nel 1992 fra Russia e nove repubbliche ex sovietiche, che si attiva in caso di aggressione da parte di un paese terzo. “Abbiamo sempre rispettato gli accordi, li rispettiamo oggi e li rispetteremo in futuro”, ha promesso il presidente russo.

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