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Nella battaglia con la Cina

Trump non ha ottenuto un granché con TikTok

Paola Peduzzi

Il presidente ha sbraitato molto ma su sicurezza e dati non ha risolto nulla. E l'app "dello svago" è entrata in campagna elettorale

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Milano. Donald Trump ha sbraitato contro TikTok, ha creato e smontato alleanze, ha twittato, firmato ordini esecutivi, minacciato e vietato, ma se si va a vedere bene come stanno andando le cose, “l’accordo che il presidente ha benedetto non soddisfa le sue richiese e dà a Pechino molte ragioni per cui essere contenta”. Lo scrive Shelly Banjo di Bloomberg che si è fatta largo tra gli annunci e le polemiche ed è arrivata al punto: come spesso accade con questo presidente americano tanto ciarliero e torvo, le cose non stanno come lui le racconta. Se l’accordo tra ByteDance e Oracle regge, Trump non otterrà praticamente nulla di quello che voleva, in particolare non otterrà una cosa che ci riguarda tutti e che è alla base delle ostilità – non soltanto trumpiane – nei confronti della “app cinese”: impedire a TikTok di fornire i dati americani al governo di Pechino o di usare l’app per fare propaganda su scala mondiale.

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Milano. Donald Trump ha sbraitato contro TikTok, ha creato e smontato alleanze, ha twittato, firmato ordini esecutivi, minacciato e vietato, ma se si va a vedere bene come stanno andando le cose, “l’accordo che il presidente ha benedetto non soddisfa le sue richiese e dà a Pechino molte ragioni per cui essere contenta”. Lo scrive Shelly Banjo di Bloomberg che si è fatta largo tra gli annunci e le polemiche ed è arrivata al punto: come spesso accade con questo presidente americano tanto ciarliero e torvo, le cose non stanno come lui le racconta. Se l’accordo tra ByteDance e Oracle regge, Trump non otterrà praticamente nulla di quello che voleva, in particolare non otterrà una cosa che ci riguarda tutti e che è alla base delle ostilità – non soltanto trumpiane – nei confronti della “app cinese”: impedire a TikTok di fornire i dati americani al governo di Pechino o di usare l’app per fare propaganda su scala mondiale.

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Zhang Yiming, fondatore di ByTeDance, ha fatto sapere che gli resta l’80 per cento della proprietà –  Walmart e Oracle in tutto avranno il 20 per cento – e che a gennaio tramite un’ipo otterrà nuovi capitali. Ma quel che più conta, oltre ai bilanci dell’azienda, nella battaglia per la supremazia tecnologica, il potere di TikTok permetterà alla Cina di mantenere il controllo sull’algoritmo che decide quali video far vedere – e anche come organizzare gli utenti tra loro: ci sono categorie ben definite sulla base di quel che guardano – agli utenti (l’app è stata scaricata due miliardi di volte, soltanto in America ha 100 milioni di utilizzatori). La privacy e la sicurezza nazionale sono questioni cruciali che però questa battaglia così chiacchierata e ostentata non risolve. Secondo Greg Touhill, che si è occupato per sei presidenti americani (l’ultimo è stato Obama) di sicurezza informatica, l’interferenza di Trump nella gestione di TikTok – come si sa Oracle è un’azienda “amica” di questa presidenza: in altri paesi parleremmo di businessmen-oligarchi vicini al governo – ha ripercussioni molto grandi per la gestione di tutti i social. La Cina ha un approccio “isolazionista” alla questione: vieta i colossi stranieri e crea network in casa che spesso hanno un ruolo determinante nella politica di sorveglianza di Pechino (sorveglianza, in Cina, significa riconoscimento, discriminazione, deportazione). Ora potrebbe accelerare questo processo e mettere più al riparo le proprie aziende da eventuali operazioni ostili straniere.


TikTok ha anche una rilevanza particolare oggi che si presenta alla sua prima campagna elettorale americana in una posizione molto diversa rispetto al passato. La Reuters ha dedicato a questo esordio una piccola indagine cercando di andare oltre alle dichiarazioni formali rilasciate dal management di TikTok che vuole mostrare neutralità e che dice di preoccuparsi soltanto del fatto che la app resti puro divertimento. Ma alcune società si sono messe a verificare l’informazione politica che circola sulla app – dove gli hashtag  Trump2020 e Biden2020 hanno 12 miliardi di visualizzazioni – e hanno notato che ci sono molte manipolazioni. “Non ci sono più soltanto sfide di balletti”, ha detto un esperto. Non ci sono pubblicità come su Facebook, ma la stessa Reuters  ha segnalato alcuni hashtag su notizie false riguardanti i voti postali che sono stati in parte rimossi. TikTok dice che lavora ogni giorno per evitare che ci sia una deriva politica nell’utilizzo della app che nessuno vuole: deve rimanere un posto in cui svagarsi.


Il confine che TikTok pretende di tracciare è molto sottile e forse già troppo confuso per essere davvero ripristinato. Come già accaduto nel 2016, dopo il voto ci si accorgerà se qualcosa è successo sulla app del divertimento che non abbiamo colto. Intanto quel che sembra certo è che Trump ha cercato di schiacciare TikTok nel suo conflitto con Pechino ma non ha reso né l’America né gli altri più sicuri.
 

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