Su Amy Coney Barrett, la scelta di Trump alla Corte Suprema

Considerata la versione femminile di Antonin Scalia, di cui è stata pupilla, garantirà ai repubblicani una maggioranza di sei giudici conservatori su nove. Il presidente voleva già nominarla nel 2018 ma poi scelse Kavanaugh: oggi è il suo momento

Donald Trump ha scelto il nome del giudice da nominare al seggio della Corte Suprema rimasto vacante dopo la morte, la scorsa settimana, di Ruth Bader Ginsburg: si tratta di Amy Coney Barrett. "Lei me la tengo per Ginsburg" disse Trump nel 2018 quando Amy Coney Barrett fu presa in considerazione per sostituire il giudice Anthony Kennedy alla Corte Suprema. Allora il presidente scelse Brett Kavanaugh, poi confermato con molte polemiche. 

 

Considerata la versione femminile di Antonin Scalia, il giurista italo-americano tra gli interpreti più conservatori della Costituzione statunitense, scomparso nel febbraio del 2016, Barrett era stata la sua assistente legale. Come giudice d'Appello si è già espressa due volte contro l'aborto che considera "sempre immorale". Cattolica, 48 anni e 7 figli, originaria di New Orleans, in Louisiana, Barrett è giudice della Corte d'Appello del settimo circuito di Chicago. 

 

La nomina a meno di un mese dalle elezioni aprirà una battaglia al Congresso per la conferma, ma i democratici hanno poche chance di bloccare la nomina, dal momento che i repubblicani hanno la maggioranza al Senato. Barrett potrebbe così garantire ai repubblicani una maggioranza di sei giudici conservatori su nove alla Corte, con Trump che nei giorni scorsi ha espresso la convinzione che le elezioni quest'anno finiranno alla Corte perché l’esito sarà controverso.

 

Per approfondire:
 

La Barrett l’anno scorso ha preso una decisione che per molti ha fatto scuola, nel senso che altri giudici l’hanno adottata per risolvere casi simili, e riguardava un caso di presunta violenza sessuale da parte di uno studente universitario contro una studentessa. L’argomento, come si capisce, è molto delicato e si presta a controversie che vanno a toccare l’opinione pubblica di tutta la nazione e hanno il potenziale per allargarsi a dismisura e diventare una discussione su molti temi.

 

 

Barrett ha fatto saltare tutte le inibizioni e le pretestuose cortesie dietro cui la cultura liberal si trincera per meglio spacciarsi come equa e scevra di pregiudizi. Di fronte all’eventualità di una sua nomina le maschere sono cadute, gli infingimenti sono evaporati, e lei è diventata il simbolo di uno scontro culturale più ampio di una singola nomina.

 

  

Da qualche anno nelle università americane gli studenti hanno adottato una dottrina iperprotettiva che dice questo: non dovete esporci alle idee che ci ripugnano, perché nel momento in cui lo fate state commettendo una violenza contro di noi. Chiarimento numero uno: non si parla di inculcare, indottrinare oppure obbligare gli studenti ad accettare quelle idee, si tratta di una questione di semplice esposizione. Non vogliono nemmeno sapere che esistono.

 

 

L'esito peggiore non è quello in cui Trump rifiuta l’esito delle elezioni, ma quello in cui usa tutto il suo potere a disposizione per far sì che il risultato non sia negativo per lui. Questo potere è molto grande e si esercita nei 79 giorni di interregno tra il 3 novembre e il 20 gennaio. C’è però ancora (almeno) un grado di separazione tra il piano del presidente e un regime

  

  

Il penultimo oltraggio del presidente degli Stati Uniti: vediamo come va, non mi impegno a una transizione pacifica. Ma che scateni davvero l’inferno nel caso di una vittoria di Biden, è tutto da vedere. Più facile che stia provando ad alzare la posta. Trump cercherà il colpo basso, ma Pentagono, Wall Street e Corte non sono normalizzabili da un Vip del “Grande Fratello”. 

 

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