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La resistenza del pluralismo

Riapre il dissenso in Ungheria

Micol Flammini

I giornalisti del sito Index messi a tacere da Viktor Orbán lanciano Telex, un nuovo progetto editoriale con amici stranieri (anche di Visegrád)

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L’assalto al sito Index da parte del governo ungherese si era concluso con la vittoria  di Viktor Orbán su una delle poche voci d’opposizione rimaste a Budapest. La tattica era stata ingegnosa: uno degli uomini di Orbán, Miklós Vaszily, aveva acquistato il 50 per cento della società che vende la pubblicità a Index, un modo per ricattare la redazione: se volete i soldi avete bisogno di pubblicità, se volete la pubblicità dovete scrivere quello che piace al governo. Una delle caratteristiche principali della testata era la presenza in bella vista nella pagina principale del sito di un “barometro dell’indipendenza” che, nonostante i ripetuti attacchi subiti da parte del partito Fidesz, dal 2018 non si era mai mosso, era rimasto saldamente con la lancetta puntata su “indipendente”, per non creare allarmismi. La lancetta si è spostata soltanto dopo le prima interferenze e i primi ricatti della società di Vaszily, che hanno portato prima alle dimissioni del direttore, Szabolcs Dull, poi a quelle di gran parte della redazione. Le immagini dei giornalisti che lasciavano le loro scrivanie tra gli abbracci e le lacrime erano arrivate in tutta Europa, il quotidiano polacco Gazeta Wyborcza aveva anche dedicato ai colleghi di Budapest una lettera scritta in ungherese e in polacco. Index esiste ancora, non si vede più il barometro, ma la testata continua a esserci. La redazione è composta da qualcuno convinto che la resistenza interna sia da portare avanti e da qualcuno che si è adattato alle nuove condizioni. Per i giornalisti che hanno scelto di andarsene il momento delle lacrime e della commozione è durato poco perché a meno di un mese dalle loro dimissioni si sono messi al lavoro su un nuovo progetto che si chiamerà Telex. 

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L’assalto al sito Index da parte del governo ungherese si era concluso con la vittoria  di Viktor Orbán su una delle poche voci d’opposizione rimaste a Budapest. La tattica era stata ingegnosa: uno degli uomini di Orbán, Miklós Vaszily, aveva acquistato il 50 per cento della società che vende la pubblicità a Index, un modo per ricattare la redazione: se volete i soldi avete bisogno di pubblicità, se volete la pubblicità dovete scrivere quello che piace al governo. Una delle caratteristiche principali della testata era la presenza in bella vista nella pagina principale del sito di un “barometro dell’indipendenza” che, nonostante i ripetuti attacchi subiti da parte del partito Fidesz, dal 2018 non si era mai mosso, era rimasto saldamente con la lancetta puntata su “indipendente”, per non creare allarmismi. La lancetta si è spostata soltanto dopo le prima interferenze e i primi ricatti della società di Vaszily, che hanno portato prima alle dimissioni del direttore, Szabolcs Dull, poi a quelle di gran parte della redazione. Le immagini dei giornalisti che lasciavano le loro scrivanie tra gli abbracci e le lacrime erano arrivate in tutta Europa, il quotidiano polacco Gazeta Wyborcza aveva anche dedicato ai colleghi di Budapest una lettera scritta in ungherese e in polacco. Index esiste ancora, non si vede più il barometro, ma la testata continua a esserci. La redazione è composta da qualcuno convinto che la resistenza interna sia da portare avanti e da qualcuno che si è adattato alle nuove condizioni. Per i giornalisti che hanno scelto di andarsene il momento delle lacrime e della commozione è durato poco perché a meno di un mese dalle loro dimissioni si sono messi al lavoro su un nuovo progetto che si chiamerà Telex. 

 
Sul nuovo sito i giornalisti stanno ancora lavorando, non si conosce la data di uscita, ma si sa che sarà una voce di opposizione. Probabilmente non ci sarà il barometro, ormai è storia vecchia, ma l’intenzione è quella  di raccontare la storia di una resistenza ancora possibile in Ungheria. Il problema dei soldi, che sono la ragione che ha messo Index nelle mani di Vaszily, rimane, ma finora  trentaduemila persone  hanno già deciso di donare un contributo a Telex e dietro c’è anche un forte sostegno internazionale. Uno dei più grandi gruppi di media della Repubblica ceca, Economica, ha deciso di donare duecentomila euro al sito web ungherese. Il gruppo ceco dice di averlo fatto per “spirito di solidarietà” in un momento in cui le voci di opposizione in Ungheria sono in difficoltà. Economia appartiene all’imprenditore ceco Zdenek Bakala, molto interessato al mondo dei media e che ha deciso di sostenere Telex almeno nel momento del lancio, poi si vedrà. 

 
Viktor Orbán è sempre stato molto interessato al controllo dell’informazione nel suo paese, nel 2018 uno dei suoi amici, Gábor Liszkay, aveva fondato Kesma (Fondazione stampa e media dell’Europa centrale), un gruppo editoriale vastissimo in cui era riuscito ad aggregare circa cinquecento testate tra giornali, siti, radio e tv per un totale di 88 milioni di euro. In questo modo il primo ministro era riuscito a mettere sotto il suo controllo gran parte della stampa del suo paese che diffonde le notizie secondo la visione orbaniana. Lunedì il premier ha pubblicato un suo articolo sul quotidiano Magyar Nemzet, uno dei più letti in Ungheria, in cui metteva in guardia i suoi cittadini dalle istituzioni europee, abituate a servire il volere il George Soros, il miliardario di origini ungheresi diventato il bersaglio di tanta destra nazionalista e antisemita, più che quello degli elettori. Ha anche spiegato perché sostiene Donald Trump e non Joe Biden nelle elezioni americane del 3 novembre – a causa dell’“imperialismo morale” spesso dimostrato dai democratici – e ha promesso che lui da premier ungherese metterà sempre l’efficienza economica al di sopra di tutte le politiche promosse dall’Unione europea: “obiettivi climatici elevati all’assurdità, un’Europa sociale e una società multiculturale”.  Orbán si sta preparando con largo anticipo alle elezioni del 2022, teme che la crisi economica, il pil ungherese quest’anno ha subìto una contrazione del 13,6 per cento, e le difficoltà sanitarie gli faranno perdere il consenso delle zone più periferiche e anche più povere del paese. Questa campagna elettorale si preannuncia più dura e più martellante della altre –  Orbán è sempre stato sicuro di vincere, nel 2018 ha ottenuto il 49 per cento dei voti, ma il premier è tra i creatori della campagna elettorale permanente – probabilmente con forti toni antieuropei che il Partito popolare europeo, la famiglia del Parlamentare da cui Orbán è stato sospeso in attesa di una sentenza definitiva, farà fatica a non prendere in considerazione. Con la pandemia è aumentata la tendenza illiberale di Viktor Orbán, il suo progetto antidemocratico diventa sempre più concreto e il fatto che ci sia un gruppo di giornalisti pronto a lanciare un nuovo progetto indipendente, senza lagne e con tantissima voglia di reagire, è un buon segnale per l’opposizione ungherese.

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