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il colloquio

Agnès Verdier-Molinié ci dice perché il piano di Macron è solo un inizio

Mauro Zanon

Due chiacchiere con la liberale più esigente di Francia

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Agnès Verdier-Molinié è una liberale esigente. “Dicono che non sono mai soddisfatta, ma in realtà non faccio altro che osservare lo stato dei conti pubblici francesi. La Francia, come hanno fatto Germania e Olanda negli ultimi anni, avrebbe dovuto prendere certe decisioni per riequilibrare le finanze. Ma ciò non è accaduto, e ora, complice la crisi sanitaria, ci ritroviamo in una situazione molto grave, tenuto conto del nostro elevato debito pubblico e dell’enorme pressione fiscale che ci attanaglia”.

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Agnès Verdier-Molinié è una liberale esigente. “Dicono che non sono mai soddisfatta, ma in realtà non faccio altro che osservare lo stato dei conti pubblici francesi. La Francia, come hanno fatto Germania e Olanda negli ultimi anni, avrebbe dovuto prendere certe decisioni per riequilibrare le finanze. Ma ciò non è accaduto, e ora, complice la crisi sanitaria, ci ritroviamo in una situazione molto grave, tenuto conto del nostro elevato debito pubblico e dell’enorme pressione fiscale che ci attanaglia”.

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Agnès Verdier-Molinié è la direttrice della fondation iFrap, pensatoio e fortino del liberalismo nel paese che ha la più alta spesa pubblica d’Europa e non ha mai perso il vizio dirigista, anche se Macron, indubbiamente, sta provando a cambiare questa cultura”, dice al Foglio l’economista più invisa alla banda di Thomas Piketty. Quest’ultimo, commentando France Relance, il piano di rilancio da 100 miliardi presentato dal presidente Macron due settimane fa, ha affermato che è “troppo incentrato sulle imprese” a detrimento del settore pubblico.

 

Per Agnès Verdier-Molinié, invece, i miliardi utilizzati per ridurre le tasse sulle imprese dovevano essere ancora di più. “L’idea di abbassare le tasse sulla produzione e di fare una politica dell’offerta è sicuramente una ottima idea”, sottolinea la presidente della fondation iFrap, ma venti miliardi in due anni “non sono sufficienti”. “Noi, sulla base delle nostre valutazioni, proponevamo una riduzione che fosse progressivamente più importante. Dieci miliardi il primo anno, quindici il secondo, venti il terzo, trenta quello dopo, in modo da avere una dinamica tale da permettere di ricreare posti di lavoro e reindustrializzare la Francia”, spiega l’economista liberale, prima di aggiungere: “Con un calo immediato della tassazione si fa respirare l’economia e gli imprenditori ricevono quell’ossigeno necessario che serve a salvare gli impieghi e potenzialmente a crearne degli altri”.

 

Assieme ai centocinquanta ricercatori ed esperti che orbitano attorno alla sua fondazione, Agnès Verdier-Molinié, autrice di molti bestseller per le edizioni Albin Michel, realizza paper e studi che mettono spesso a confronto il sistema fiscale, amministrativo e lavorativo francese con quello degli altri paesi europei. E il confronto su cui la direttrice della fondation iFrap ritorna a più riprese durante la chiacchierata è quello con la Germania. “Prima stavo parlando al telefono con un imprenditore che ha una parte dell’attività in Germania e mi ha detto che in termini di massa salariale paga il venti per cento in meno rispetto alla Francia”, racconta, e aggiunge: “Mantiene le sue attività in Francia perché è francese ed è legato sentimentalmente al suo paese. Ma mi ha detto che se ragionasse come una tabella Excel, avrebbe delocalizzato le sue attività già da un bel po’ di tempo. Il problema della Francia è molto più strutturale di ciò che emerge dalla crisi del Covid-19”.

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E qui, Agnès Verdier-Molinié, se la prende con i sindacati francesi, che sono “immobilisti e paritaristi”, e dovrebbero invece ispirarsi ai loro omologhi tedeschi, che sono “pro business e pensano prima di tutto a salvare le imprese”. “La competitività delle imprese è il tema principale in Francia”, afferma la direttrice della fondation iFrap, il più urgente assieme alla riforma dello stato. In questo senso, il progetto di legge 3d, volto al trasferimento di poteri e responsabilità dal governo centrale agli enti locali, a livello di sanità, di lavoro, di istruzione e di cultura, è “una bella idea”, commenta l’economista, “l’importante è che non vengano create nuove strutture, perché l’apparato amministrativo è già ipertrofico”.

 

Prima di lasciarci, lancia un messaggio che è rivolto ai suoi concittadini: “Se vogliamo salvare il modello sociale francese, dobbiamo lavorare di più con la possibilità di guadagnare anche meno. Non è glamour, lo so, ma non si può eternamente vivere a credito, non si può mantenere un certo modello senza fare gli sforzi necessari”.

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