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Aspettando Navalny

Micol Flammini

E’ difficile fare opposizione senza il leader. I navalniani cercano una strategia per tenere vivo il dissenso

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Roma. Durante il suo viaggio in Siberia, qualche giorno prima di essere avvelenato e di sentirsi male sul volo che lo avrebbe riportato a Mosca, Alexei Navalny era a Tomsk. All’università della cittadina siberiana uno degli studenti presenti all’incontro con l’attivista gli aveva domandato: “Ma lei, perché è ancora vivo?”. E questa domanda Navalny se l’è sentita fare tante volte e sempre ha risposto allo stesso modo: “Perché per il Cremlino io sono più un problema da morto”. Alexei Navalny è ancora vivo, anzi i medici tedeschi che lo hanno preso in cura all’ospedale Charité di Berlino dicono che si salverà – le sue condizioni migliorano anche se non si sa quali conseguenze lascerà l’agente nervino usato per avvelenarlo – ma che il suo silenzio possa rappresentare un problema politico interno per il Cremlino, non è detto. Tutto dipende dalla riorganizzatore dei sostenitori di Navalny che in questi giorni si sono ritrovati con una campagna elettorale da portare avanti e con una grande eredità da mantenere.

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Roma. Durante il suo viaggio in Siberia, qualche giorno prima di essere avvelenato e di sentirsi male sul volo che lo avrebbe riportato a Mosca, Alexei Navalny era a Tomsk. All’università della cittadina siberiana uno degli studenti presenti all’incontro con l’attivista gli aveva domandato: “Ma lei, perché è ancora vivo?”. E questa domanda Navalny se l’è sentita fare tante volte e sempre ha risposto allo stesso modo: “Perché per il Cremlino io sono più un problema da morto”. Alexei Navalny è ancora vivo, anzi i medici tedeschi che lo hanno preso in cura all’ospedale Charité di Berlino dicono che si salverà – le sue condizioni migliorano anche se non si sa quali conseguenze lascerà l’agente nervino usato per avvelenarlo – ma che il suo silenzio possa rappresentare un problema politico interno per il Cremlino, non è detto. Tutto dipende dalla riorganizzatore dei sostenitori di Navalny che in questi giorni si sono ritrovati con una campagna elettorale da portare avanti e con una grande eredità da mantenere.

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L’attivista, nato come blogger anticorruzione e poi trasformatosi, quasi per accidente, nel più carismatico oppositore di Vladimir Putin, era in Siberia per promuovere la sua campagna del “voto intelligente”. Il 13 settembre ci saranno le elezioni locali in alcune regioni russe, la linea proposta da Navalny è: votate il candidato più forte, non importa se comunista, se liberale o indipendente, l’importante è che non sia di Russia Unita. Lui, d’altro canto, non può candidarsi, è il leader della Fondazione anticorruzione e non di un partito, ma prima di essere avvelenato aveva deciso che l’obiettivo fondamentale, dopo il referendum costituzionale con cui Putin si è assicurato la candidatura per altri due mandati, è dimostrare al presidente che la Russia non sta tutta con lui. Anzi, che se può si coalizza e vota contro i suoi uomini.

   

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La campagna per il “voto intelligente” stava andando bene, ma i navalniani, i suoi aiutanti, si sono ritrovati davanti al silenzio del loro leader senza una strategia e con il timore di perdere tutto il sostegno e il seguito che l’attivista era riuscito a guadagnare. Sono molte le personalità all’interno della Fondazione anticorruzione di Alexei Navalny, ma nessuna di loro è riuscita a emergere con forza. C’è Lyubov Sobol, avvocato come Navalny, diventata famosa durante le proteste a Mosca dello scorso anno mentre guidava i manifestanti con i fiori in mano. C’è Ivan Zhdanov, direttore della Fondazione volato subito a Omsk per verificare le condizioni di salute di Navalny dopo la notizia del suo malore. C’è anche Leonid Volkov, oggi a Berlino al fianco dell’attivista. Ma sono nomi, facce note solamente come piccole galassie dell’universo Navalny e, mentre lui è in coma, e c’è una campagna elettorale da portare avanti, nessuno sa bene come comportarsi. Per questo lunedì la Fondazione ha deciso di pubblicare un video con frammenti di quello che Navalny aveva realizzato in Siberia. Nel suo viaggio tra Tomsk e Novosibirsk, l’avvocato era lì non soltanto per parlare con i suoi sostenitori e convincere a votare in modo intelligente quante più persone possibile, era lì anche per raccogliere materiale contro i candidati di Russia Unita. Aveva girato qualche video, spezzoni dell’inchiesta itinerante, e la sua squadra ha deciso di pubblicare tutto per far sentire al pubblico la voce di Navalny che denuncia la corruzione dei politici siberiani. L’attivista in questi anni è diventato un brand che ha attirato tantissimi giovani che un tempo partecipavano solo alle manifestazioni ma oggi possono anche votare, e se parteciperanno a queste elezioni lo faranno secondo le linee fornite da Navalny: il voto intelligente. Il problema però è che l’universo Navalny si regge su di lui, lui ha dato la linea, lui ha dato le parole, i mezzi, i canoni del dissenso e della protesta e tutte le persone che in questi anni si sono unite al suo universo lo hanno fatto per alimentare, rafforzare, sostenere la figura dell’oppositore che tanto infastidisce Putin al punto che il presidente russo non pronuncia il suo nome da quasi dieci anni. Pare lo abbia fatto l’ultima volta nel 2013, durante la campagna elettorale per le comunali a Mosca, e poi mai più.

    

Navalny non è un politico, è un organizzatore che ha creato la lingua della protesta, l’estetica dell’opposizione. Un brand fortissimo che potrebbe godere di una forte spinta alle elezioni del 13 settembre – i navalniani lo sanno bene e insistono sul suo avvelenamento – ma che poi, se i danni per la sua salute saranno duraturi, rischia di perdersi, e con lui tutto il movimento e il seguito antiputiniano messo su in questi anni.

     

La Siberia è un pezzo importante in questa storia, perché è l’obiettivo principale della squadra di Navalny. A Novosibirsk, la terza città della Russia, tutti i candidati non di Russia Unita hanno formato una coalizione e l’opposizione in Siberia ha due vantaggi. Uno più antico, spesso il Cremlino è distratto e in quelle zone si organizza male. Il secondo è molto più recente: Khabarovsk, la regione che ha manifestato per tutta l’estate contro la rimozione del loro governatore. Con gli slogan, i metodi organizzativi e i simboli di Nalvalny, i manifestanti di Khabarovsk sono scesi in piazza ogni fine settimana per chiedere la scarcerazione del loro governatore e per gridare a Putin di dimettersi. Ogni fine settimana il corteo diventava più grande, più fastidioso per Mosca. Tutto questo dissenso non ha un partito, ha soltanto una figura di riferimento che ha lavorato per anni per metterlo su e adesso potrebbe perdersi in fretta. Forse la convinzione di Navalny – “per il Cremlino sono più un problema da morto” – non era del tutto fondata.

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