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Raddoppiamole, le sanzioni alla Russia

Paola Peduzzi

Navalny avvelenato con il Novichok, un crimine “contro i nostri valori”

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Milano. La prova è “inequivocabile” dice il governo di Angela Merkel: Alexei Navalny è stato “vittima di un attacco con un agente chimico nervino” del gruppo Novichok – sì, il Novichok, agente nervino creato dai militari, che era stato utilizzato per avvelenare Sergej Skripal, il 4 marzo del 2018, a Salisbury, nel Regno Unito. Il governo tedesco “scioccato” ha condannato con “la massima fermezza” l’avvelenamento del più famoso degli oppositori del presidente russo Vladimir Putin e ha informato immediatamente l’Unione europea e la Nato per decidere un’azione coordinata. Poco dopo è intervenuta la stessa cancelliera Merkel che ha detto: “Il crimine contro Alexei Navalny è un crimine contro i valori fondamentali e i diritti fondamentali che difendiamo”, e gli attentatori “hanno cercato di metterlo sotto silenzio”.

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Milano. La prova è “inequivocabile” dice il governo di Angela Merkel: Alexei Navalny è stato “vittima di un attacco con un agente chimico nervino” del gruppo Novichok – sì, il Novichok, agente nervino creato dai militari, che era stato utilizzato per avvelenare Sergej Skripal, il 4 marzo del 2018, a Salisbury, nel Regno Unito. Il governo tedesco “scioccato” ha condannato con “la massima fermezza” l’avvelenamento del più famoso degli oppositori del presidente russo Vladimir Putin e ha informato immediatamente l’Unione europea e la Nato per decidere un’azione coordinata. Poco dopo è intervenuta la stessa cancelliera Merkel che ha detto: “Il crimine contro Alexei Navalny è un crimine contro i valori fondamentali e i diritti fondamentali che difendiamo”, e gli attentatori “hanno cercato di metterlo sotto silenzio”.

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L’analisi tossicologica su Navalny – che è ancora in condizioni gravi ma sembra non sia più in pericolo di vita – è stata fatta da un laboratorio speciale dell’esercito tedesco che ha confermato quel che si diceva già dall’inizio, da quando Navalny era stato trasferito in Germania dopo l’avvelenamento, e che sembrava quasi fin troppo stupido per essere vero. Ancora il Novichok, davvero?

 

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Eppure sì, si tratta dell’ormai celebre agente nervino militare sviluppato in Unione sovietica tra gli anni Settanta e Ottanta, quello che due agenti del Gru, i servizi segreti esterni russi, avevano trasportato nel Regno Unito – erano stati smascherati dall’inchiesta del sito Bellingcat che è stata qualche mese fa raccontata dal principio in un articolo del Guardian intitolato: “Una catena di stupidità”.

 

Questo tratto – la stupidità – non deve però ingannare, perché è l’alibi che utilizza lo stesso Putin: pensate che saremmo così stupidi da? Il punto non è tanto quel che si può pensare sulle tecniche utilizzate piuttosto le operazioni e gli obiettivi di Mosca. La Russia è attualmente sotto un regime di sanzioni da parte dell’Unione europea per due ragioni: l’invasione dell’Ucraina (dove, oltre all’invasione degli omini verdi, un sistema missilistico russo ha abbattuto un aereo civile, nel luglio del 2014, uccidendo tutte le persone a bordo, 294) e l’annessione della Crimea, sempre nel 2014, non riconosciuta dall’Ue. Ogni sei mesi le sanzioni vengono ridiscusse, e più passa il tempo più si compatta il fronte che vorrebbe allentarle – è formato da Italia, Grecia, Cipro, Bulgaria e Ungheria. Anche il presidente francese, Emmanuel Macron, ha tentato una strategia del disgelo nei confronti della Russia, una delle poche mosse di Macron che sono piaciute a Trump, il quale voleva invitare la Russia al G7 che avrebbe dovuto ospitare a Camp David all’inizio dell’estate, il primo passo per il reintegro di Mosca e la resurrezione del G8. L’alleggerimento delle sanzioni passa attraverso la risoluzione del conflitto ucraino che non sembra prossima, e ora la Merkel chiede un’azione congiunta dell’Ue e ancor più della Nato perché questo crimine in violazione dei valori che difendiamo non resti impunito. Anche perché non è isolato.

 

Una breve e recente ricognizione, oltre al Novichok: qualche giorno fa, è stato arrestato in Francia un ufficiale francese di stanza alla base Nato di Napoli accusato di aver fornito informazioni “top secret” al Cremlino. Pare che nell’ultimo periodo fosse diventato meno cauto e fosse stato visto più volte assieme a un agente russo del Gru – anche qui: imperizia o forse più facilmente sfrontatezza perché tanto il più delle volte prevale l’impunità? Il Gru come si sa ha un’unità – la 29155 – che ha come missione “destabilizzare l’Europa”, come si legge in un documento che ha pubblicato il New York Times nel dicembre dello scorso anno. Quest’unità si muove sul territorio europeo e fino al 2018, aveva il proprio quartier generale sulle Alpi francesi, a Chamonix, come ha rivelato il Monde sempre nell’inverno scorso. L’opera di destabilizzazione assume forme diverse: a gennaio a Lille, in Francia, Imran Aliev, un blogger ceceno oppositore del regime filoputiniano di Ramzan Kadyrov, è stato ucciso nella sua stanza di albergo con 135 coltellate. A luglio, è stato trovato morto alla periferia di Vienna, in Austria, un cittadino ceceno, Mamikhan Umarov (su YouTube aveva un canale in cui si chiamava Anzor) cui era stato concesso l’asilo nel 2007, e sono stati arrestati due sospettati di nazionalità russa. Ma l’omicidio di un cittadino ceceno più famoso – Zelimkhan Khangoshvili – è avvenuto nel dicembre scorso proprio in Germania, in un parco di Berlino: secondo le autorità il colpevole è Vadim Krasikov che – stando a un’inchiesta sempre di Bellingcat – sarebbe stato arrestato nel 2014 per l’omicidio di un uomo d’affari a Mosca, ma poi il suo nome è scomparso dall’archivio giudiziario russo e sarebbe diventato un sicario protetto dal Cremlino. Quest’omicidio ha portato a una crisi diplomatica tra Berlino e Mosca, e a giugno la cancelliera aveva anche ipotizzato di introdurre ulteriori sanzioni.

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Oltre alle uccisioni, c’è poi la campagna di destabilizzazione mediatica che non si è mai interrotta come dimostra la sospensione di account Facebook legati all’Internet Research Agency, la “fabbrica dei troll” del cosiddetto “cuoco di Putin”. La propaganda non si muove soltanto con i troll (che sono stati identificati nell’inchiesta americana Russiagate che, non ci stancheremo mai di ripeterlo, non prova la connessione tra il Cremlino e la campagna elettorale di Trump ma prova l’attività di interferenza russa nelle elezioni del 2016) né con i media legati al Cremlino ma anche grazie ai sostenitori di Putin che tacciano di russofobia tutto quel che riguarda la critica alla Russia. Non c’è bisogno di scavare nel sottobosco dei social media: il presidente americano Trump si mostra spesso stupito dell’“ossessione” che tutti hanno nei confronti di Putin e di Mosca: lui vorrebbe piuttosto incanalarla verso la Cina.

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