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La sovietizzazione dell'America

Micol Flammini

Gli irriconoscibili Stati Uniti di Masha Gessen, modificati dal trumpismo. Non solo fake news ma fabbricazione di notizie positive come accadeva nell'Urss

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E’ capitato a Masha Gessen, giornalista del New Yorker, di ritrovarsi improvvisamente in un paese diverso rispetto a quello in cui credeva di vivere. E non soltanto questo paese per lei è diventato irriconoscibile, ma si è trasformato in una nazione nella quale le è capito di vivere in precedenza e che non le è piaciuta affatto.

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E’ capitato a Masha Gessen, giornalista del New Yorker, di ritrovarsi improvvisamente in un paese diverso rispetto a quello in cui credeva di vivere. E non soltanto questo paese per lei è diventato irriconoscibile, ma si è trasformato in una nazione nella quale le è capito di vivere in precedenza e che non le è piaciuta affatto.

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Il paese in questione, quello diventato irriconoscibile agli occhi della giornalista, sono gli Stati Uniti, che trasformati dal trumpismo e dalla pandemia sono diventati simili alla Russia, anzi: all’Unione sovietica. Masha Gessen è nata a Mosca poi con la famiglia si è trasferita negli Stati Uniti e, in Unione sovietica prima e in Russia poi, ha trascorso i suoi primi anni da reporter.

  

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Ha raccontato la fine del comunismo e l’arrivo di Vladimir Putin al Cremlino, poi è tornata in America. Come spesso accade a chi è vissuto tra due mondi, la giornalista ne riconosce le differenze e i punti in comune che fino a poco tempo erano pochissimi ma, improvvisamente, durante l’emergenza sanitaria, ha iniziato a sentirsi fuori posto: come se gli Stati Uniti non fossero più loro e si fossero trasformati in Urss.

 

“La sovietizzazione” dell’America, come la chiama Gessen in un articolo sul New Yorker, è avvenuta durante l’Amministrazione Trump e la pandemia l’ha resa visibile. Nel modo di gestire l’emergenza, il capo della Casa Bianca e il suo entourage hanno usato le stesse strategie del Partito comunista. E questo non riguarda soltanto il tentativo di diffondere notizie non vere, ma anche la continua necessità di fabbricare notizie positive. Racconta Masha Gessen che quando era piccola, capitava spesso di sentire la propaganda dichiarare che gli operai continuavano a costruire strade bellissime per collegare tutto il paese.

 

Una volta, dopo aver visto un servizio in tv in cui veniva propagandata una nuova strada, Masha e i suoi genitori decisero di salire a bordo della loro Zhiguli per andare a vedere la modernità dell’infrastruttura. Arrivati sul posto videro una strada in dissesto con un unico tratto messo a posto: durante il servizio la televisione aveva inquadrato soltanto quello.

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Così durante la pandemia l’Amministrazione ha mentito sui dati, anche esperti un tempo rispettati, come Deborah Birx, per compiacere il presidente hanno sminuito l’emergenza e, sempre per compiacere il presidente, il Center for Disease Control and Prevention ha minimizzato le proprie linee guida per la sicurezza esortando le scuole a riaprire. Così funzionava nella Russia sovietica, dove tutto era detto e fatto in funzione della sopravvivenza del Partito.

 

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Gessen racconta che far capire agli amici americani quanto fosse incomprensibile la burocrazia russa era sempre stato molto difficile. Ma l’America durante l’emergenza ha dimostrato la stessa mancanza di flessibilità, con regole astruse che, per esempio, non hanno permesso di aumentare la disponibilità dei posti in ospedale. Il Partito viveva in un mondo a sé e quando parlava della costruzione di strade nuove lo faceva perché sapeva che la gente normale non avrebbe mai avuto il tempo di andare a controllare. Anche il trumpismo ha messo un confine tra se stesso e il resto del paese e crede, scrive Gessen, che nessuno potrà mai capire le bugie che sono state raccontate in questi anni, e che hanno tirato fuori il lato sovietizzato dell’America.

 

Stati Uniti e Russia finiscono spesso gli uni lungo il cammino dell’altra. I repubblicani si sono messi in testa di mostrare un nuovo impegno contro le interferenze russe e per questo il segretario di stato Mike Pompeo ha annunciato una ricompensa di dieci milioni di dollari per chi darà informazioni su hacker che vogliono sabotare le elezioni di novembre.

 

Ha raccontato il sito Meduza che ieri alcuni cittadini russi hanno ricevuto un messaggio in cui veniva sponsorizzata la ricompensa: Rewards for Justice. Non si sa chi abbia inoltrato il messaggio, se il dipartimento di stato americano c’entri qualcosa o se sia uno scherzo. Ma è un segnale di come i due mondi sono abituati a inseguirsi da sempre, e così talvolta capita anche che si assomiglino.

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