PUBBLICITÁ

Il tonfo del pil e gli errori di Trump

Redazione

Il -32,9 per cento dimostra che non esiste un trade-off tra virus ed economia

PUBBLICITÁ

Nel secondo trimestre 2020, il pil americano ha registrato il più colossale tonfo dalla fine della Seconda guerra mondiale: meno 32,9 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019, e meno 9,5 per cento rispetto a gennaio-marzo. Si tratta, per ora, di una stima preliminare diffusa dal Bureau of economic analysis. Se confermata, qualcuno potrebbe persino vedere il bicchiere mezzo pieno, visto che il “consenso” degli economisti era su un calo ancora più pronunciato. Il crollo colpisce tutte le componenti private del prodotto interno lordo: i consumi delle famiglie, l’export e gli investimenti. Le notizie, per quanto non sorprendenti, hanno spinto le borse in territorio negativo. La ripresa è ancora lontana, nonostante i risultati apparentemente incoraggianti del mercato del lavoro, dove il picco negativo di aprile (14,7 per cento di disoccupazione) sembra ormai alle spalle (a maggio i senza lavoro erano scesi all’11,1 per cento).

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Nel secondo trimestre 2020, il pil americano ha registrato il più colossale tonfo dalla fine della Seconda guerra mondiale: meno 32,9 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019, e meno 9,5 per cento rispetto a gennaio-marzo. Si tratta, per ora, di una stima preliminare diffusa dal Bureau of economic analysis. Se confermata, qualcuno potrebbe persino vedere il bicchiere mezzo pieno, visto che il “consenso” degli economisti era su un calo ancora più pronunciato. Il crollo colpisce tutte le componenti private del prodotto interno lordo: i consumi delle famiglie, l’export e gli investimenti. Le notizie, per quanto non sorprendenti, hanno spinto le borse in territorio negativo. La ripresa è ancora lontana, nonostante i risultati apparentemente incoraggianti del mercato del lavoro, dove il picco negativo di aprile (14,7 per cento di disoccupazione) sembra ormai alle spalle (a maggio i senza lavoro erano scesi all’11,1 per cento).

 

L’economia americana rimane dinamica e reattiva, ma è sottoposta a uno stress insostenibile. Dietro questi dati, infatti, c’è una sequela di errori di breve e lungo termine che hanno puntellato la politica economica di Donald Trump. Come è ovvio, la causa principale è la diffusione dell’epidemia che, nel paese più ricco del mondo, ancora non si è arrestata. Anzi, continua a crescere, visto che i casi attivi superano i 2 milioni, le morti sono oltre 154 mila e non c’è segno di inversione di trend. La circolazione del virus rappresenta un ostacolo durissimo per l’economia, perché – oltre ai costi direttamente connessi ai malati e ai morti – mina la fiducia reciproca. Ma questa situazione si innesta su un contesto di generale affaticamento in atto da prima del Covid-19: Trump ha ottenuto risultati apparentemente miracolosi somministrando continui stimoli fiscali a un settore produttivo che era già al di sopra del proprio potenziale. Un rallentamento era nell’ordine delle cose: il virus ci ha messo il carico da novanta, e l’ostinazione del presidente nel negare l’evidenza ha fatto il resto.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ