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Il cortocircuito dello scontro Lega-Cina

Redazione

L’ambasciata reagisce allo show di Salvini, e lui fa il martire. Ma i martiri sono altri

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La manifestazione improvvisata davanti all’ambasciata della Repubblica popolare cinese a Roma, l’altro ieri, da Matteo Salvini, ha sortito l’effetto sperato. Dopo mesi, anni di silenzi, il partito che era al governo quando l’Italia ha firmato il suo ingresso nella Via della Seta e che ha delegato i rapporti con Pechino al filocinese Michele Geraci, e oggi invece si riscopre dalla parte dell’atlantismo e dei diritti, cercava lo scontro. E infatti l’ambasciata cinese, che si è contraddistinta più volte per sparate al limite del protocollo diplomatico, ha risposto con un comunicato: “Alcuni politici italiani hanno inscenato un cosiddetto flash mob davanti all’ambasciata, pronunciando accuse gratuite contro la Cina. Le respingiamo esprimendo il nostro forte scontento e disappunto”. Per il rappresentante di Pechino la legge sulla sicurezza nazionale introdotta a Hong Kong, che di fatto cancella l’autonomia dell’ex colonia inglese, non solo è legittima, ma anche chi ora manifesta contro la Cina “aveva denunciato gli atti di violenza e criminalità che hanno avuto luogo sul territorio italiano e avanzato proposte volte a rafforzare le misure legislative in materia di ordine pubblico”. Il riferimento è ai decreti sicurezza Salvini-Conte. 

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La manifestazione improvvisata davanti all’ambasciata della Repubblica popolare cinese a Roma, l’altro ieri, da Matteo Salvini, ha sortito l’effetto sperato. Dopo mesi, anni di silenzi, il partito che era al governo quando l’Italia ha firmato il suo ingresso nella Via della Seta e che ha delegato i rapporti con Pechino al filocinese Michele Geraci, e oggi invece si riscopre dalla parte dell’atlantismo e dei diritti, cercava lo scontro. E infatti l’ambasciata cinese, che si è contraddistinta più volte per sparate al limite del protocollo diplomatico, ha risposto con un comunicato: “Alcuni politici italiani hanno inscenato un cosiddetto flash mob davanti all’ambasciata, pronunciando accuse gratuite contro la Cina. Le respingiamo esprimendo il nostro forte scontento e disappunto”. Per il rappresentante di Pechino la legge sulla sicurezza nazionale introdotta a Hong Kong, che di fatto cancella l’autonomia dell’ex colonia inglese, non solo è legittima, ma anche chi ora manifesta contro la Cina “aveva denunciato gli atti di violenza e criminalità che hanno avuto luogo sul territorio italiano e avanzato proposte volte a rafforzare le misure legislative in materia di ordine pubblico”. Il riferimento è ai decreti sicurezza Salvini-Conte. 

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Il punto, però, è che la legge sulla sicurezza a Hong Kong non può essere neanche lontanamente paragonabile. Le nuove norme liberticide di Hong Kong sono entrate in vigore senza che nessuno potesse parlarne, attraverso la procedura legislativa cinese, e cioè con un metodo autoritario e illiberale. E’ poi sintomatico il fatto che il portavoce di Pechino questa volta abbia usato toni più pacati del solito (dice di aver “assistito con dispiacere” allo “spettacolo” messo in scena da “certi politici”), mentre a novembre, quando era stato ascoltato l’esponente delle proteste Joshua Wong, aveva accusato un gruppo di parlamentari di aver compiuto “un grave errore” e di aver avuto “un comportamento irresponsabile”. Ai toni dell’ambasciata Salvini però risponde da martire: “L’ambasciata cinese ha reagito con delle minacce, ma io non ho paura”. Lo scopo del leader della Lega è rifarsi una verginità filoatlantica, ma forse dovrebbe riflettere sulla sua politica filocinese di quando era al governo.

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