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Perché Amazon scarica la tassa francese sui piccoli imprenditori

Mauro Zanon

Il governo di Parigi ha approvato il mese scorso un'imposta del 3 per cento sulle entrate. La risposta del colosso ecommerce: aumentare le commesse alle pmi francesi che usano la sua piattaforma

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Parigi. Sono passate soltanto tre settimane dall’approvazione della taxe Gafa” da parte del governo francese, provvedimento che tassa del 3 per cento il fatturato dei grandi gruppi tecnologici, Google, Amazon, Facebook, Apple, ma anche altri giganti come Airbnb e Booking. E la prima reazione, tra le aziende coinvolte, è già arrivata. Amazon, il colosso di Jeff Bezos, ha annunciato che dal prossimo 1° ottobre la gabella made in France verrà ricompensata aumentando della stessa percentuale l’importo che le piccole e medie imprese (Pmi) francesi pagano per usare la sua piattaforma.

 

“Dato che operiamo nel settore di vendite al dettaglio altamente competitive e a basso margine e investiamo pesantemente nella creazione di strumenti e servizi per i nostri clienti e partner distributori, non siamo in grado di assorbire un’imposta aggiuntiva basata sul fatturato”, ha argomentato il gruppo americano, aggiungendo che questa decisione “potrebbe mettere le piccole aziende francesi in una posizione di svantaggio competitivo rispetto alle loro controparti negli altri paesi. A questo proposito, alla stregua di numerosi altri attori, abbiamo avvertito le autorità”, ha scritto Amazon.

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Il nuovo tariffario è presente sulla pagina informativa destinata ai rivenditori francesi e nel dettaglio prevede un aumento della commissione che va da pochi decimi di punto percentuale a quasi 1,5 punti, a seconda dei prodotti offerti. L’annuncio del gruppo di Bezos arriva a pochi giorni dalle minacce di rappresaglia del presidente americano Donald Trump, che in risposta alla “taxe Gafa” si è detto pronto a tassare i vini francesi. “La Francia ha appena imposto una tassa digitale alle nostre meravigliose aziende tecnologiche americane. Se qualcuno deve tassare, quel qualcuno dovrebbe essere la loro nazione, gli Usa. Presto annunceremo un’azione sostanziale in risposta alla follia di Macron. Ho sempre detto che il vino americano è migliore del vino francese”, ha twittato lo scorso 26 luglio il capo della Casa Bianca.

 

A Parigi, sono in molti a infierire contro l’esecutivo, dicendo che il rimedio è stato peggiore del male, che la reazione di Amazon era assolutamente prevedibile, e che alla fine pagheranno i piccoli consumatori, perché le Pmi francesi faranno ricadere su di loro la nuova commissione di Amazon. Altri, invece, evidenziano il paradosso di un provvedimento che certamente non è stato lungimirante, ma che ha comunque messo in mostra il ruolo semi-monopolistico dei colossi tecnologici: il dominio di Amazon sul mercato francese è tale che gli imprenditori penalizzati saranno costretti ad accettare loro malgrado l’aumento delle commesse, e questo mostra l’assenza di vere alternative.

 

Di certo, l’azione in solitaria della Francia, e la conseguente reazione di Amazon, conferma ancora una volta che la soluzione per arginare i problemi, che in questo caso riguardano lo strapotere dei Gafa, deve essere presa quanto meno a livello europeo, o perfino a livello di Ocse. Al G7 di Biarritz, in programma fra venti giorni, Macron e il suo ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, potrebbero provare a far cambiare idea a Irlanda, Danimarca, Svezia e Finlandia, i principali oppositori di una “tassa Gafa” a livello dell’Ue.

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