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L'America si è "europeizzata". Un altro attacco a una sinagoga

Giulio Meotti

Una donna è morta e altre tre persone sono state ferite a San Diego, dove un ragazzo di 19 anni ha aperto il fuoco. Il profilo è quello del suprematista bianco

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“Condanniamo con forza il male dell’antisemitismo e l’odio, che devono essere sconfitti”, ha tuittato il presidente americano Donald Trump, mentre l'America faceva i conti con il secondo attacco mortale a un luogo di culto ebraico in soli sei mesi. A San Diego, in California, una donna è morta e altre tre sono state ferite nel corso di una sparatoria in una sinagoga. Come per la strage nella sinagoga di Pittsburgh, l’autore dell’attacco, un ragazzo di 19 anni di nome John Earnest, rientra nel profilo del suprematista bianco.

     

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“Il male dell'antisemitismo” è relativamente nuovo in America, mentre nella vecchia Europa lo conosciamo da tempo, con attacchi alle scuole ebraiche (Tolosa), ai musei ebraici (Bruxelles) e ai supermercati ebraici (Parigi). E gli Stati Uniti sembrano avvicinarsi paurosamente all'Europa. Nelle ultime settimane, la politica americana ha molto discusso il caso di Ilhan Omar, la rifugiata somala eletta coi Democratici, che aveva attaccato sui social la lobby filo israeliana (Aipac), lasciando intendere che finanzia i politici americani perché sostengano Israele. Si odono echi corbyniani e lannuttiani.

      

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Due giorni fa, sul New York Times, è uscita una vignetta (il giornale poi si è scusato), in cui il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha le sembianze di un cane con la stella di Davide che porta a spasso un Trump non vedente e con la kippah. Qui invece si odono echi nordeuropei, con le vignette dei giornali norvegesi che hanno stereotipato in ogni modo il popolo ebraico. Attacchi mortali alle sinagoghe, vignette antisemite, accuse di doppia fedeltà agli ebrei da parte dei leader politici: l'America, che era sempre stata una felice eccezione, è sempre più vicina. 

 
 
 

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