I leader riuniti al G20 in Argentina (Foto LaPresse)

Eccoci a Disnaeland. L'analisi di Niall Ferguson

Niall Ferguson

Nel mondo nulla funziona. Né populisti né centristi la spuntano. Ma scampateci dai socialisti

Basta un gioco di parole per spiegare come mai il 2018 si avvia a un epilogo triste per molti. “Negli anni Settanta il gioco di parole era che la fatiscente Glasgow era Disneyland. ‘Aye, because this disnae work, and that disnae work…”, scrive Ferguson in un commentary pubblicato ieri. “Disnae” è la pronuncia scozzese di “doesn’t”, [questo] non… [funziona, non va ecc.]. Secondo il grande storico della globalizzazione, originario appunto di Glasgow, e senior fellow alla Hoover Institution dell’Università di Stanford, ora viviamo tutti in “Disnaeland”, la terra del “non”, del non ho avuto. In effetti nessuno ha ottenuto quello che voleva. Chi può dire di esserci riuscito? “Hai votato per la Brexit? Sei finito con Theresa May e ora hai tre opzioni: il suo accordo, nessun accordo o qualche altro accordo, nessuno dei quali ha la maggioranza né alla Camera dei comuni né nel paese, implicando altre tre opzioni: un altro leader dei Tory, un altro referendum o un’altra elezione generale”.

 

Sembra poco? Continuiamo, Ferguson ha appena cominciato. “Hai votato per Donald Trump? Sei finito con Nancy Pelosi di nuovo a capo della Camera dei rappresentanti e Robert Mueller che ha radunato i sospetti. Hai votato per Emmanuel Macron? Sei finito con i gilet gialli che sfondano l’Arco di Trionfo. Hai investito in azioni? Non ha funzionato. Obbligazioni? Non ha funzionato nemmeno. Bitcoin? Quello – sul serio – non ha funzionato”. Potremmo aggiungere per Italia: hai votato Lega e M5s per uscire dall’euro? Controlla nel portafoglio: non ha funzionato. E, insomma, mentre il 2018 si chiude in modo infelice per molti Ferguson è tentato di concludere che nulla oramai funziona. “Nemmeno il centrismo”. E lo stesso vale per gli investimenti perché “quest’anno sono stati offerti un centinaio di modi per perdere denaro”.

 

Cosa ha trasformato il nostro pianeta in Disnaeworld? “La mia risposta a tutti i leader democratici è che non possono vincere. Per almeno sette ragioni. 1) Non puoi fare nulla sui dati demografici, e per la maggior parte delle democrazie sono terribili. 2) Hai ereditato un sistema di welfare che trasferisce le risorse dagli elettori più giovani a quelli più anziani, ma questi ultimi tendono a essere più numerosi e si rivelano più incisivi nelle elezioni, quindi non puoi riformare il welfare e, insieme, sopravvivere. 3) La tua valvola di sicurezza è che puoi prendere denaro in prestito sul mercato obbligazionario, e i tassi di interesse molto bassi permettono di farlo, ma ora anche questo sta cambiando e non puoi fare nulla perché le Banche centrali sono indipendenti [dai governi]. 4) L’invecchiamento della popolazione crea domanda di lavoro per studenti e persone straniere, ma l’immigrazione è politicamente impopolare, anche quando gli immigrati vengono dal nord Europa e davvero possono colmare le carenze di competenze lavorative 5) Potresti essere in grado di superare questi problemi se ci fosse una vera minaccia esterna, ma la verità è che la gente comune non ha paura di Vladimir Putin o di Xi Jinping, e tanto meno di Kim Jong-un. 6) Per quanto riguarda il cambiamento climatico, chiedi a Macron come va la sua proposta di tassare il carburante. 7) Infine, i social media hanno reso quasi impossibile il controllo della narrazione. Puoi twittare dal profondo del tuo cuore, ma stai sparando con una pistola ad acqua in un oceano di posizioni estreme e di fake news”. “Quindi – aggiunge Ferguson – la politica è un’impresa apocalittica. Il leader democratico con le migliori prestazioni al G20 in termini di longevità e popolarità è stato Angela Merkel (13 anni, 50 per cento di consensi), il peggiore Macron (19 mesi, 26 per cento di consensi e in calo). Questo perché Merkel ha imparato, da molto tempo, che la chiave della popolarità è sempre quella di prendere la linea di minore resistenza. Lei è un disastro di strategia, ma un genio di tattica”.

Niall Ferguson, lo storico scozzese e senior fellow alla Hoover Institution 


 

E a questo punto gli investitori come possono fare soldi in un mondo di abietti fallimenti politici? Non è facile, ma è sulla sanità che conviene puntare, visto che il mondo è vecchio e malato. “Se tutto quello che hai fatto è stato investire in quel settore e vendere il resto, il tuo rendimento totale da gennaio è stato del 19 per cento. Questo ha senso. La tendenza più straordinaria degli ultimi anni è stata il deterioramento dell’aspettativa di vita e della qualità della salute in America. L’epidemia di oppiacei è solo la manifestazione più choccante di questa crisi. Non solo la popolazione americana sta invecchiando; è malata”.

 

Purtroppo le best practice vengono sempre evitate dalla politica. “La democrazie avrebbero potuto imparare l’una dall’altra, copiando e condividendo il sistema svizzero di un governo decentrato, il sistema neozelandese di prudente finanza pubblica, la sanità giapponese, l’immigrazione canadese, l’efficienza energetica tedesca e così via. Gli storici del futuro si chiederanno perché le migliori pratiche non si sono diffuse in questo modo. Forse avrebbero potuto se le persone più brillanti della mia generazione (Ferguson è del 1964, ndr) avessero fatto politica anziché finanza. Senza volerlo, i banchieri sono riusciti a rendere più facile come mai prima d’ora una sola cosa soprattutto: prestare soldi ai governi. Vasti mercati globali per il debito pubblico e i tassi di interesse a minimi senza precedenti – questo è ciò che ha permesso alla classe politica di arginare tutte le decisioni difficili, lasciando alla prossima generazione la soluzione”. I banchieri dunque sono, in parte, complici? “Ora i banchieri si domandano perché i loro figli siano tutti socialisti. Bene, prima o poi avranno la possibilità di votare per il socialismo. E poi scopriranno il vero significato di Disnaeland, la terra del non. Perché credetemi, ragazzi: niente non funziona (disnae work) come il socialismo”.

 

(Traduzione di Alberto Brambilla)

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