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Il rimpasto di governo di Macron

Mauro Zanon

Molti temevano un ricambio di massa, ma il presidente sostituisce soltanto due ministri, con una direttiva: più disciplina

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Parigi. Fino a questa mattina, si rincorrevano le voci di un rimpasto “più importante del previsto”, con Gérard Collomb, ministro dell’Interno, pronto a fare le valigie per tornare a Lione, dove è stato sindaco per sedici anni. Ma alla fine, forse per non creare ulteriori turbolenze in una rentrée già particolarmente agitata, il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, ha optato per un rimpastino “poste pour poste” – ufficializzato tramite un tiepido comunicato stampa e non con la classica cerimonia – sostituendo soltanto le due sedie vacanti della squadra ministeriale: quella dell’Ambiente, occupata fino alla scorsa settimana da Nicolas Hulot e quella dello Sport, dove sedeva Laura Flessel.

   

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Nicolas Hulot (foto LaPresse)

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Quest’ultima, sorprendo un po’ tutti, ha annunciato questa mattina la sua decisione di abbandonare l’esecutivo, “per motivi personali”, ha detto l’ex campionessa olimpica di scherma (i guastafeste di Mediapart hanno scoperto che in realtà erano “motivi fiscali”). Al suo posto entra un altro membro della società civile, un’altra figura popolare dello sport made in France, Roxana Maracineanu, 43 anni, ex campionessa di nuoto di origini rumene, figlia di rifugiati politici fuggiti dalla dittatura di Ceausescu. Già consigliera regionale in Île-de-France in quota Partito socialista, la Maracineanu era stata coinvolta lo scorso luglio dal premier Edouard Philippe per seguire da vicino il rafforzamento del piano di lotta contro i numerosi annegamenti al mare e in piscina, e sensibilizzare le scuole sul tema in collaborazione con il ministero dell’Istruzione. Resta comunque una nomina sorpresa la sua, che nessuno aveva visto arrivare.

 

Laure Flessel 

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Dopo il no secco di Daniel Cohn-Bendit, avvicinato invano domenica scorsa da Macron e dai suoi generali, era invece nell’aria la promozione all’Ambiente di François de Rugy, presidente dell’Assemblea nazionale, macronista della prima ora e soprattutto figura di peso del mondo ecologista francese. Figlio della nobiltà di Nantes (il suo nome completo è François Goullet de Rugy), il nuovo titolare del dicastero della Transizione ecologica e solidale ha una grande esperienza politica a differenza del suo predecessore Hulot, qualità che ha allontanato anche gli altri candidati al suo nuovo posto, Pascal Canfin, presidente di Wwf Francia, e Laurence Tubiana, direttrice della Fondazione europea per il clima. “Non potevamo ricominciare in una situazione simile a quella vissuta con Hulot, con un tipo incontrollabile che può sbattere la porta nel giro di tre mesi”, ha spiegato al Monde un deputato della République en marche (Lrem), molto vicino all’Eliseo.

 

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Dopo il diploma a Sciences Po, la fornace delle élite dove ha studiato anche Macron, nel 1995 fonda e presiede l’associazione Écologie 44, e due anni dopo raggiunge i Verdi. Cantore di un’ecologia “riformista”, nel 2015 se ne va in polemica dal gruppo Europe écologie les Verts (Eelv) criticando la “deriva goscista” dei suoi compagni e la loro scelta settaria di non partecipare al governo di Manuel Valls, allora primo ministro. Nel 2017 viene eletto presidente della Camera bassa, dove fino a ieri ha dimostrato lealtà a Macron. Alcuni screzi, invece, erano emersi con Richard Ferrand, carismatico luogotenente della macronia, capogruppo dei deputati Lrem e ora tra i favoriti a sostituirlo sul “perchoir”, il pulpito da cui si esprime il presidente dell’Assemblea nazionale. Di certo la figura di François de Rugy non aiuterà Macron a risalire nei sondaggi di popolarità (l’ultimo, il più nefasto dall’inizio del mandato, indica che soltanto il 31 per cento dei francesi ha fiducia in lui): non ha il talento oratorio di Hulot, né il suo fascino intellettuale, né tantomeno la forza mediatica. Ma il nuovo ministro dell’Ambiente dà al presidente garanzie di fedeltà e di durata che nessun altro in questo momento poteva dare e non è un elettrone libero come poteva essere Cohn-Bendit. Insomma, più disciplina e meno popolarità.

 

Questa mattina, alcune voci davano in uscita anche la ministra della Cultura, Françoise Nyssen, “l’anello debole del governo”, come viene descritta dalla stampa parigina. Per ora resta a rue de Valois, ma sotto sorveglianza speciale.

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