Putin visita Tver Carriage Works (foto kremlin.ru)

Se si toccano le pensioni, si perdono consensi. Il teorema Fornerova

Micol Flammini

Putin ora è costretto a chiedere ai russi di lavorare di più e i russi, storicamente statalisti, di lavorare di più non ne vogliono sapere

Roma. La matematica è una scienza esatta, dai risultati certi. Ad esempio se in politica viene applicata la matematica, si fanno i conti per far quadrare il bilancio dello stato, e in base ai calcoli si prendono dei provvedimenti, la gente si arrabbia. Se poi i calcoli riguardano le pensioni si sfiora la rivoluzione. In Italia è accaduto con la riforma Fornero, ma mercoledì abbiamo avuto la conferma che la parola riforma associata a pensione fa arrabbiare chiunque, anche i russi, da vent’anni innamorati del loro presidente. Vladimir Putin ha chiesto ai suoi funzionari di fare i conti, anche su suggerimento del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, e ha scoperto che la Russia non ce la fa più, per ogni pensionato ci sono 1,2 lavoratori attivi. Lo stato non riesce più a pagare le pensioni (esigue) dei suoi cittadini e per il momento, benché il capo del Cremlino abbia promesso di ammorbidirla, la nuova legge non può fare altro che andare avanti.

   

Putin si è presentato in televisione, i sette canali nazionali si sono bloccati per far sentire finalmente cosa ne pensasse il presidente della legge annunciata il 14 giugno, giorno di inizio dei Mondiali. Si è limitato a dire che terrà conto degli interessi e delle necessità dei russi e a tutti ha chiesto di capire: “Se non aumentiamo l’età pensionabile, crollerà tutto il sistema”. E non ha mentito. Con la legge attuale i russi vanno in pensione a 60 anni gli uomini e a 55 le donne, la riforma propone di estendere il periodo lavorativo fino a 65 anni per gli uomini e fino a 60 per le donne, gradualmente. L’obiettivo è renderla effettiva per il 2028. Per le donne – che, come ha detto Putin, “non solo lavorano ma badano alla casa ai figli e ai nipoti” – sono previste delle riduzioni.

   

Il presidente russo ha conquistato il suo quarto mandato a marzo con il 70 per cento dei consensi e dopo l’annuncio della riforma, nonostante sia stato scelto il momento mediaticamente più adatto, con i russi già in preda all’eccitazione per il campionato e il mondo che guardava tutto alla Russia, la popolarità di Putin è scesa sotto il 64 per cento. Se già il capo del Cremlino sapeva che i giovani, i nuovi elettori e quelli che voteranno tra sei anni, sono quelli più distanti dalla sua linea politica – sono quelli che sono scesi in piazza contro il bando di Telegram, sono internazionali e spesso si informano sui giornali stranieri, viaggiano e vorrebbero una Russia più moderna ed europea – non pensava che avrebbe perso anche il consenso dei più anziani, quelli più affezionati. La popolarità rimane sempre molto alta, ma questa volta, alle manifestazioni contro la riforma delle pensioni, non hanno partecipato i giovani, a protestare c’erano gli adulti appartenenti a quella stessa classe sociale che fino a qualche mese prima magnificava il presidente perché aveva promesso che durante i suoi mandati nessuno avrebbe mai toccato le pensioni. In effetti tutti i sovranisti fanno scelte diverse, una delle prime mosse dei governi nazionalisti in Polonia e Ungheria è stata proprio l’abbassamento dell’età pensionabile.

    

Putin ora è costretto a chiedere ai russi di lavorare di più e i russi, storicamente statalisti, di lavorare di più non ne vogliono sapere. Anche perché lo slogan urlato durante le manifestazioni “Aiuta lo stato e muori prima di andare in pensione” non è così lontano dalla realtà. Per le donne l’aspettativa di vita è di 77 anni, 17 dopo la nuova età pensionabile. Per gli uomini è di 68, 3 anni dopo il pensionamento. Nessuno è immune dalle contestazioni che seguono una riforma che vuole aumentare l’età pensionabile. Nemmeno Vladimir Putin, da vent’anni maestro di popolarità.