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La Corte dell'Aia ha dato torto alla Cina sul Mar cinese meridionale, e ora che succede?

La Corte permanente di arbitrato dell'Aia  ha deciso oggi che le rivendicazioni storiche di Pechino nel Mar cinese meridionale non hanno alcuna base legale.
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La Corte permanente di arbitrato dell'Aja  ha deciso oggi che le rivendicazioni storiche di Pechino nel Mar cinese meridionale non hanno alcuna base legale. Le Filippine avevano trascinato la Cina in tribunale nel 2013, ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos), dopo almeno tre anni dall'inizio delle più evidenti rivendicazioni cinesi in quell'area del Pacifico (qui la timeline). La sentenza di oggi è la prima che viene emessa nei confronti di quello che viene considerato l'espansionismo unilaterale cinese nelle acque del Pacifico. Il tribunale dell'Aia ha deciso su quindici punti, la maggior parte dei quali molto tecnici, ma che vanno tutti contro la Cina: i giudici hanno deciso, tra le altre cose, che nessuna delle isole Spratly rivendicate territorialmente possono dar luogo a un'area economica esclusiva [leggi qui La guerra non dichiarata nel Mar cinese meridionale].
Subito dopo la diffusione del comunicato stampa relativo alla sentenza, l'agenzia di stampa di Pechino, Xinhua, ha iniziato a lanciare una controffensiva mediatica.
Secondo il quotidiano cinese Global Times, la decisione è "naturalmente nulla […] La Cina non ha bisogno di sentenze arbitrali, che non sono legalmente valide visto che per l'arbitrato è richiesto che tutte le parti aderiscano all'iniziativa". 
Da mesi la Cina tenta di minare la credibilità del tribunale, e aveva già annunciato che non avrebbe accolto alcuna sentenza, non riconoscendo l'autorità del tribunale nel caso (opinione diffusa anche tra molti analisti, che ritengono che la sentenza possa non essere vincolante per le parti). In ogni caso, la sentenza di oggi è una delle più importanti per la geopolitica dell'area, "anche se la Cina dovesse ignorarla", scrive Tara Davenport sul Diplomat.
Che cosa succede adesso? Pechino può alzare i toni della discussione senza espandere ulteriormente le acque rivendicate nel Mar cinese meridionale. Oppure la Cina potrebbe decidere di rispondere con la forza alla sentenza, "per esempio annunciando una Zona di identificazione aerea" nel Mar cinese meridionale, come ha fatto nel Mar cinese orientale nel 2013. (Evento che causò una crisi notevole tra Cina, Giappone e Corea). Il ministero degli Esteri giapponese ha già accolto con favore la sentenza.
Nel frattempo il Pacifico è sempre più militarizzato.
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