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Berman promuove Cameron e Valls sulla guerra (retorica) al terrore

L’intellettuale della New Left americana seleziona i tre migliori discorsi politici del 2015. E sceglie quelli sul rapporto tra guerra al terrore e democrazia
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Roma. Paul Berman, uno degli intellettuali di riferimento della New Left americana, ha selezionato per la rivista Tablet i “tre migliori discorsi del 2015 sulla politica estera”. Gli interventi ruotano tutti attorno a democrazia e terrorismo islamico. I “premiati” sono il premier britannico David Cameron, il primo ministro francese Manuel Valls e il segretario “ombra” agli Esteri del Regno Unito, il laburista Hilary Benn. Almeno due i punti di forza di questi interventi: la capacità di svettare sull’attuale indecisionismo della classe politica americana e poi il richiamo lucido a quei princìpi che in particolare la sinistra degli Stati Uniti avrebbe smarrito. Le parole che questi leader europei hanno scelto sono “scevre da qualsiasi eufemismo”, sono “precise” ed “emozionanti”, sostiene Berman. Quest’ultimo scrive da anni per diverse riviste prestigiose, tra cui Tablet Mag, magazine di approfondimento di politica e cultura ebraica. Una delle sue tesi più famose è quella secondo cui la lotta all’islam politico non è che la continuazione della battaglia contro i totalitarismi del secolo scorso. Per l’intellettuale americano, la guerra al terrorismo è una battaglia antifascista di sinistra che i salotti liberal del suo paese non hanno mai voluto raccogliere.

 

Berman inizia citando un discorso di Cameron tenuto in una scuola di Birmingham lo scorso luglio. Nel quale il premier britannico dimostra innanzitutto di “distinguere nettamente tra la religione islamica e il movimento politico noto come ‘islamismo’”. “Ciò che combattiamo è l’estremismo islamico, un’ideologia, una dottrina estrema e, come tale, sovversiva”, disse il premier britannico. Per Berman, Cameron ha il merito di porsi come “nemico di quella dottrina che il primo ministro ha avuto la forza di definire ‘estremismo islamico’”. “Quando le persone dicono: ‘E’ per via della guerra in Iraq che attaccano l’occidente’, dovremmo ricordare loro che l’11 settembre è venuto prima – ricordò Cameron in quell’occasione – Sono l’Isis, al Qaida e Boko Haram che stanno uccidendo i musulmani. Dobbiamo essere chiari: la radice della minaccia che affrontiamo è l’estremismo stesso”.

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Il secondo intervento selezionato da Berman, quello pronunciato dal socialista Valls all’indomani dell’attacco alla redazione di Charlie Hebdo, è notevole per la condanna rivolta dal premier socialista a qualunque atto antisemita: “La storia dimostra che l’odio contro gli ebrei è sintomo di una crisi democratica, di una crisi della Repubblica”, ha detto Valls. Ma soprattutto, rivolgendosi all’Assemblea nazionale, il premier francese ha usato i toni giusti: “Nel suo discorso appassionato c’è più rabbia di quanta se ne sia mai sentita in qualunque altro pronunciato negli Stati Uniti”, commenta Berman con un’ennesima frecciata ai liberal americani.

 

[**Video_box_2**]L’ultimo intervento scelto è quello del 2 dicembre scorso rivolto dal socialista britannico Hilary Benn al Parlamento, quando ha espresso il suo sostegno a un intervento militare contro lo Stato islamico in Siria e ha voltato le spalle al suo leader Jeremy Corbyn, “uno che definisce ‘amici’ Hezbollah e Hamas”, scrive Berman. Il segretario “ombra” agli Esteri “rappresenta una tradizione più antica e differente all’interno del Partito laburista che Corbyn non è riuscito a sconfiggere”. In nome dell’internazionalismo che contraddistingue la sinistra europea, Benn ha dichiarato solidarietà “a Hollande, leader dei nostri compagni socialisti francesi”, e ha votato a favore di un intervento armato. “Oggi affrontiamo dei fascisti”, ha detto, prima di ricordare che la Camera dei Comuni si unì insieme, durante la Seconda guerra mondiale, “contro Hitler e Mussolini”, contro “la negazione dei diritti umani”. E allora, conclude Berman, la sinistra americana prenda appunti e guardi a quel “modello di chiarezza” incarnato da questi leader europei, anche socialisti. Ovvero ritorni a quei princìpi antitotalitari, antifascisti e ostili all’antisemitismo che ancora la dovrebbero contraddistinguere.   

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