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L'ammissione del Pentagono: lo Stato islamico non è stato contenuto

Paola Peduzzi
Il segretario alla Difesa americano Ash Carter dice che gli Stati Uniti faranno di più contro il Califfato. Intanto Putin lancia missili dal sommergibile Rostov nel Mediterraneo
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Milano. Siamo in guerra contro lo Stato islamico e dobbiamo tutti fare di più per contrastare “gli assalti alla civiltà che noi difendiamo”, come quelli a Parigi e a San Bernardino, ha detto il segretario alla Difesa americano, Ash Carter, testimoniando di fronte alla commissione Forze armate del Senato. La Russia di Vladimir Putin ha lanciato missili dal sommergibile Rostov nel Mediterraneo, il capo del Cremlino si augura che “le armi nucleari non si rivelino necessarie”, mentre colpisce con forza Raqqa, “capitale” siriana del califfato, ma, come ha ammesso Carter, lo Stato islamico “non è ancora stato contenuto”.

 

“Faremo di più”, ha detto il capo del Pentagono, anche se inviare truppe occidentali resta fuori dalla lista e nemmeno l’incrollabile insistenza del senatore repubblicano John McCain – “vorrei sapere qual è la strategia”, “serve un surge in Siria” – è riuscita a chiarire l’escalation promessa da Carter. L’obiettivo ora della coalizione a guida americana è quello di rafforzare le truppe che già ci sono sul campo: le milizie sunnite, che sono state convocate a Riad, nell’incontro organizzato dall’Arabia Saudita, pronta a tutto pur di evitare che siano le forze sciite a intestarsi l’eventuale vittoria contro lo Stato islamico; le milizie sciite che, “ci piaccia o no”, come ha detto Carter, contribuiscono in Iraq al contenimento dell’avanzata del califfato: “Iran is in the game”. Gli Stati Uniti si augurano che le forze in campo si uniscano contro il nemico comune, che le divisioni secolari possano evaporare in nome di una battaglia unitaria,

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