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il caso

Quelli ad Alitalia furono aiuti di stato. Storia di un fallimento

Stefano Cingolani

La Commissione Ue vuole che vengano restituiti i 400 milioni di euro prestati alla compagnia aerea dal governo giallorosso. Il conto non è a carico di Ita ma della vecchia azienda. Si profila un complicato contenzioso: la maledizione continua

Potremmo chiamarla la maledizione di Alitalia o forse la resa dei conti per non aver pelato in tempo la patata bollente. In ogni caso, ora la Commissione Ue vuole che vengano restituiti i 400 milioni di euro prestati nel 2019 dal governo Conte II per consentire la stentata sopravvivenza della compagnia. Bruxelles ha valutato che il governo italiano non si è comportato come avrebbe fatto un operatore privato, valutando cioè la probabilità di rimborso compresi gli interessi, ma ha mirato esclusivamente a garantire la continuità dei voli nazionali e internazionali della compagnia. Invece di abbandonarsi in consunte polemiche sugli eurocrati di Bruxelles, Giancarlo Giorgetti non ha fatto una piega. “La decisione era attesa da tempo e non è una novità, comunque dimostra che siamo nel giusto”, ha detto il ministro dell’Economia. L’Ue infatti non rimette in discussione Ita Airways, anzi nel settembre 2021 aveva già stabilito che la nuova società, pur avendo rilevato gli asset di Alitalia, non ne rappresenta “il successore economico”, quindi non è tenuta a rimborsare i 400 milioni. Dunque “continueremo per la nostra strada”, ha aggiunto Giorgetti, che sta trattando l’accordo con Lufthansa. E allora chi paga? Lo stato italiano dovrà chiedere il rimborso alla vecchia Alitalia. Si profila un complicato contenzioso giuridico, stuoli di avvocati stanno già affilando gli strumenti del loro mestiere. Un pasticcio dopo l’altro. 

L’ultima puntata (ultima solo in ordine di tempo) della telenovela diventata ormai un’amara farsa, va fatta risalire al 2017, quando Alitalia era stata posta sotto procedura concorsuale speciale, ai sensi del diritto fallimentare italiano, e aveva continuato a operare come compagnia aerea. La decisione era stata presa dopo la ritirata di Etihad. Nel 2014 Alitalia era a terra da tutti i punti di vista. Il governo guidato da Enrico Letta aveva avviato una trattativa con la compagnia degli Emirati che ad agosto aveva annunciato a Matteo Renzi, arrivato nel frattempo a palazzo Chigi, la decisione di acquistare il 49 per cento di Alitalia. Sembrava la svolta definitiva, invece tre anni dopo c’è stato ancora bisogno di capitale. Etihad non era disposta a staccare altri assegni (erano necessari 400 milioni di euro) se non dopo una profonda ristrutturazione. Il piano industriale prevedeva la vendita dei servizi a terra e la riduzione del personale, ma fu bocciato dai dipendenti con un referendum. La compagnia di Abu Dhabi se ne era andata, Alitalia veniva commissariata, ma per mantenerla operativa nel 2017 e nel 2019, i governi italiani (Gentiloni prima, Conte poi) hanno concesso due prestiti, per un importo di 900 milioni e 400 milioni di euro, che non sono mai stati rimborsati. Nel 2018 e poi ancora nel 2020, la Commissione ha avviato un’indagine formale, per stabilire se le due iniezioni di denaro sono state conformi alle norme sugli aiuti di stato. Nel settembre 2021 la conclusione è che il prestito da 900 milioni di euro del 2017 era illegale; ora anche quello di 400 milioni lo è perché  non può essere considerato nemmeno un aiuto di salvataggio mancando la caratteristica di “una tantum” prevista dagli orientamenti per il salvataggio e la ristrutturazione. 

Nessun privato avrebbe concesso un euro, il governo italiano, dunque, ha concesso un ingiusto vantaggio economico rispetto ai concorrenti sulle rotte nazionali, europee e mondiali, ciò costituisce aiuto di stato, incompatibile con la normativa europea. Si sente già un sottofondo di recriminazioni. Bruxelles ce l’ha con l’Italia, quanti aiuti sono stati dati alle compagnie europee? E’ vero, durante la pandemia, ma i prestiti sono stati restituiti: Lufthansa nel novembre 2021 ha staccato un assegno di nove miliardi di euro per il governo di Berlino. Nel caso italiano il Covid-19 non c’entra, il virus che ha stroncato l’Alitalia è ben diverso. A questo punto, non resta  che fare un augurio: si concluda al più presto la vendita alla compagnia tedesca, i contribuenti italiani tireranno un sospiro di sollievo (e anche noi giornalisti costretti a seguire queste cosmicomiche).

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