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economia in stagnazione

Di tutti i Brics la Russia è quella che più ha disatteso le aspettative

Mariarosaria Marchesano

Oggi il pil di Mosca è poco più alto della Spagna ed è più basso dell’Italia, pur essendo il paese più grande del mondo. Le sanzioni economiche potrebbero però spingere Putin a rafforzari i rapporti con la Cina

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Da qualche tempo circolano alcune valutazioni sull’esito dei Brics, l’acronimo inventato nel 2001 da Jim O’Neill mentre era capo economista alla Goldman Sachs di Londra per promuovere gli investimenti finanziari in un gruppo di quattro paesi emergenti (Brasile, Russia, Cina e India) ai quali si aggiunse il Sudafrica diventando Brics. O’Neill, che è stato anche ministro del Tesoro del governo inglese di David Cameron, prospettava un futuro radioso per questi paesi, ma in un articolo sul Ft di fine novembre ha ammesso che le cose non sono andate così bene in Russia e Brasile.

“La grande sfida su come questi paesi possano con successo effettuare una transizione verso uno status di reddito più elevato rimane irrisolta”, ha scritto, spiegando che la Cina è stato l’unico paese Brics ad aver superato le sue proiezioni di crescita economica mentre l’India ci è andata solo vicina. Né Brasile né Russia hanno visto la loro quota nominale del pil in dollari americani crescere più di tanto rispetto al 2001, “tantomeno hanno contribuito in modo costruttivo all’interno del G20 per il bene comune globale e questo è altrettanto deludente”.

Queste riflessioni tornano utili nel momento in cui la Russia è al centro dell’attenzione internazionale per la crisi con l’Ucraina e si cerca di capire se avranno successo le sanzioni annunciate da Ue e Stati Uniti. Da più di 10 anni l’economia russa è in stagnazione: il tasso di crescita medio non supera l’1 per cento l’anno, il divario con i paesi sviluppati aumenta e i paesi in via di sviluppo la stanno sorpassando. Gli stessi economisti russi sono preoccupati per i rischi a cui va incontro la Federazione per avere scelto un modello tutto sommato isolazionista e concentrato sull’estrazione delle materie prime e sulla loro esportazione, sebbene goda di grandi riserve valutarie (40 per cento del pil contro il 9 per cento della media europea), di un debito pubblico molto basso (17 per cento del pil) e si avvantaggi nel suo bilancio statale dell’aumento del prezzo del petrolio arrivato a quasi 100 dollari a barile.

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“L’errore dei Brics è stato di mettere sullo stesso piano paesi che hanno strutture economiche, politiche e sociali profondamente diverse immaginando una loro crescita omogenea – dice al Foglio, Marco Lossani, ordinario di economia internazionale all’Università Cattolica – Quella dei Brics mi è sempre apparsa un po’ come un’operazione di marketing. Detto questo, il bilancio che se ne sta facendo oggi mette in evidenza in modo eclatante il diverso percorso fatto da Russia e Cina negli ultimi vent’anni nonostante provengano entrambi da regimi totalitari”. Per Lossani, la Cina, con tutte le sue contraddizioni, è riuscita a promuovere un processo di industrializzazione su ampia scala che l’ha fatta diventare la seconda potenza economica mondiale e a triplicare il reddito pro capite, la Russia è rimasta ancorata a un modello “poco inclusivo e molto estrattivo” a vantaggio esclusivo di una cerchia ristretta di oligarchi. “Nei due paesi è diverso il ruolo giocato dalle autorità politiche nell’economia, la Russia non ha voluto promuovere un processo di diversificazione che persino il mondo arabo, da sempre dipendente dal petrolio, è riuscito a inaugurare”, prosegue Lossani.

Oggi il pil russo è poco più alto della Spagna ed è più basso dell’Italia, pur essendo il paese più grande del mondo. “Negli ultimi anni la Banca centrale russa si è concentrata sulla gestione macroeconomica delle crisi, contribuendo alla stabilità finanziaria – osserva Brunello Rosa, professore alla London School of Economics e ceo della società di ricerca Rosa&Roubini – Ma parallelamente non c’è stata una spinta alla crescita economica che non fosse di tipo autarchico e questo un po’ perché le continue sanzioni hanno rappresentato un freno e un po’ perché Putin ha dimostrato che la difesa dei suoi confini e l’estensione della sua potenza sono le uniche cose che gli interessano come si è visto in Georgia e in Crimea”.

Oggi Russia e Cina hanno un peso molto diverso nell’economia globale, ma è la Russia che sta facendo tremare il mondo perché, come dice Rosa, ha puntato tutto sul potere militare mentre gli altri si occupavano del pil. “Le sanzioni economiche imposte dal fronte occidentale sono tutto sommato leggere e potrebbero risultare poco efficaci, ma bisogna fare attenzione a inasprirle perché la Russia potrebbe cercare e trovare l’appoggio proprio della Cina, in virtù dei nuovi rapporti rinforzati, nel caso si arrivasse a tagliarla fuori dal sistema di pagamenti internazionali”.
 

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