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L’ora delle tlc

Vodafone respinge Iliad ma l’offerta tentata avrà un impatto anche su Tim

Mariarosaria Marchesano

La mossa dell'azienda francese secondo gli analisti di settore potrebbe servire a fissare i prezzi nella telefonia, dove finora non ci sono state compravendite in Europa

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Vodafone rifiuta l’offerta di Illiad e Apax per le attività telefoniche italiane e nel farlo rende (inconsapevolmente) un favore a Telecom che ha convocato un cda per lunedì 14 per discutere dei piani futuri. Fino ad oggi, infatti, non ci sono state nella telefonia operazioni di compravendita in Europa, e men che meno in Italia, tali da rappresentare una valutazione di mercato attuale del business dei servizi. Ma un’offerta come quella di Illiad, secondo il parere di più analisti, può diventare un benchmark per operazioni nello stesso settore. In parole povere, il prezzo di 11,25 miliardi che Illiad era disposta a sborsare per Vodafone Italia già di per sé avrebbe potuto indurre gli investitori ad attribuire un maggior prezzo ai servizi commerciali di Telecom Italia (ServiceCo), che l’amministratore delegato Pietro Labriola ha in mente di separare dalla rete (NetCo). Il fatto poi che la proposta sia stata rifiutata perché Vodafone la ritiene troppo bassa (in una nota, infatti, la compagnia ha detto che non è nel miglior interesse degli azionisti), non fa altro che avvalorare questa tesi.

L’eventualità di un rifiuto, che implica una valutazione delle attività italiane di Vodafone più elevata, è stata presa in considerazione da Equita che ha ricalcolato un possibile futuro valore potenziale di Borsa dell’ex monopolista. Conti alla mano, tra infrastruttura di rete, Telecom Brasile (che ha ricevuto dall’antitrust locale il via libera all’acquisizione, insieme con Telefonica Brasil e Claro, delle attività dell’operatore Oi Movel) e il business dei servizi, la valutazione del prezzo per azione di Tim si collocherebbe, sopra 80 centesimi, quasi il doppio rispetto all’attuale prezzo a Piazza Affari. Tutte queste considerazioni sono rilevanti in funzione del cda di lunedì, che, oltre a far decollare il progetto di rete unica con Open Fiber, partendo da una partnership commerciale sulle cosìddette aree bianche, potrebbe finalmente esprimersi sull’offerta non vincolante del fondo americano Kkr. Su questo punto è emersa in questi giorni una posizione non ufficiale della Cassa depositi e prestiti, che, avendo in carico le azioni Telecom a 0,82 centesimi per azioni (possiede il 10 per cento del capitale), sarebbe riluttante nei confronti della proposta di Kkr a 0,505 euro per azione. Cedere la propria quota a questo prezzo equivarrebbe per Cdp a registrare una sicura minusvalenza.

Da mesi si sprecano le speculazioni di mercato su un possibile rialzo dell’offerta ma, ambienti vicini al private equity statunitense hanno sempre fatto intendere che prima di muoversi in questo senso sarebbe opportuno avere un quadro chiaro sull’accoglibilità della proposta al di là degli aspetti economici. E si parla, cioè, di temi come la sicurezza della rete e la tutela dei livelli occupazionali più volte sottolineati dal premier Mario Draghi. L’idea prevalente su cui Telecom sta andando avanti, comunque, sembra essere quella della creazione di una rete unica nazionale a banda ultralarga, il che equivale a uno scioglimento della società ex monopolista così come si presenta oggi. Il percorso, anche se lungo e complesso per via proprio delle valutazioni da attribuire ai diversi asset, si avvia in una fase in cui la riduzione della concorrenza nel settore tlc potrebbe essere vista con minore ostilità. Qualche giorno fa, per esempio, l’autorità di regolamentazione delle telecomunicazioni del Regno Unito, Ofcom ha assunto una prima valutazione positiva a favore del consolidamento di mercato e questo non solo per le infrastrutture di rete, in cui nel paese anglosassone c’è già stata qualche esperienza, ma anche nel business mobile, motivandolo con la necessità di favorire gli investimenti per l’innovazione. Ovviamente, bisognerà vedere che cosa ne pensa l’antitrust europeo che ha sempre favorito la presenza di una pluralità di operatori, che, però, hanno visto nel tempo una crescente erosione dei margini. Insomma, nelle tlc potrebbe essere arrivata l’ora di “The consolidation games”, come l’ha battezzata uno studio di Mediobanca.

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