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L’esodo infinito

Giuliano Cazzola

Arriva la nona salvaguardia per gli “esodati”. Storia decennale di un fenomeno più mediatico che reale

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"Finalmente, un altro passo decisivo per saldare il nostro debito morale e politico con gli esodati, in attesa da nove anni di poter andare in pensione”. Così Stefano Fassina (LeU), relatore del disegno di legge sul Bilancio (ovvero come mettere la volpe a guardia del pollaio). Grazie a un emendamento approvato con modifiche, gli “esodati” avranno la loro nona salvaguardia. Dovranno accontentarsi, per motivi di copertura, di 2.400 casi sui 6 mila rivendicati dai loro onnipresenti comitati (per l’Inps i soggetti interessati sarebbero stati 4.500). Ciò vuol dire che, nel nostro futuro prossimo, di salvaguardie dovremo attendercene una decima.

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"Finalmente, un altro passo decisivo per saldare il nostro debito morale e politico con gli esodati, in attesa da nove anni di poter andare in pensione”. Così Stefano Fassina (LeU), relatore del disegno di legge sul Bilancio (ovvero come mettere la volpe a guardia del pollaio). Grazie a un emendamento approvato con modifiche, gli “esodati” avranno la loro nona salvaguardia. Dovranno accontentarsi, per motivi di copertura, di 2.400 casi sui 6 mila rivendicati dai loro onnipresenti comitati (per l’Inps i soggetti interessati sarebbero stati 4.500). Ciò vuol dire che, nel nostro futuro prossimo, di salvaguardie dovremo attendercene una decima.

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La questione degli “esodati”, se e quando in Italia si potrà ricostruire un percorso di verità, verrà ricordata come una delle più grandi montature del XXI secolo, in cui i mezzi di comunicazione sono stati in grado, per molti mesi, di emulare la beffa radiofonica notturna di Orson Welles sull’atterraggio dei marziani. I media, infatti, a suo tempo, hanno trasformato in una telenovela un problema reale riguardante tanti lavoratori rimasti impigliati nel brusco incremento dell’età pensionabile e dell’anzianità contributiva disposto dalla riforma delle pensioni Monti-Fornero del 2011, per molti dei quali, già poche settimane dopo furono introdotte talune prime correzioni. Ciò nonostante, la questione dei cosiddetti esodati si rivelò una sorta di pozzo senza fondo. Fu possibile individuare importanti sacche di “esodati” sulla base di accordi collettivi, ma era molto difficile trovare delle soluzioni per quanti avevano perso il posto di lavoro negoziando in proprio delle extraliquidazioni o senza aver avuto la possibilità di farlo.

 

Se la prima salvaguardia consentì di affrontare i problemi più evidenti derivanti dalla mancata previsione di una fase di transizione, le successive estesero via via la platea di beneficiari ampliando i requisiti di eligibilità e/o introducendo nuove categorie di destinatari. Si verificò quindi una singolare rincorsa che portò, oltre alla prima, ad altre sette sanatorie (poi divenute otto e ora nove), istituendo un fondo specifico che avrebbe dovuto riversare gli eventuali risparmi di ogni misura di salvaguardia nel fondo stesso, in aggiunta a ulteriori finanziamenti per riconoscere la deroga ad altre situazioni. Come avvertiva un focus dell’Ufficio parlamentare di Bilancio (Upb) del 2016, redatto quindi dopo la settima salvaguardia: “Se la sequenza degli interventi di salvaguardia dovesse continuare emergerebbe con sempre maggiore chiarezza il progressivo cambiamento di obiettivo di queste misure: non un esonero indirizzato in maniera specifica ai lavoratori che si trovano in difficoltà economica negli anni tra la cessazione dell’attività e la percezione della prima pensione a causa delle modifiche introdotte dalla riforma Fornero (cioè gli esodati in senso stretto), ma una soluzione per mettere al riparo platee più ampie e non necessariamente, o non tutte, danneggiate in maniera diretta dalla riforma, utilizzando le salvaguardie come surrogato di politiche passive del lavoro o di altri istituti di welfare oggi sottodimensionati o assenti’’.

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Nel complesso, e per riassumere, le salvaguardie furono gradualmente estese a sette macro-categorie di lavoratori: 1) in mobilità; 2) a carico di Fondi di solidarietà; 3) autorizzati al versamento volontario della contribuzione; 4) in esonero dal impiego pubblico; 5) in congedo/permesso per assistere figli/familiari con disabilità grave; 6) cessati dal lavoro sulla base di accordi; 7) cessati dal lavoro per scelta unilaterale (applicabile anche alla conclusione dei contratti a tempo determinato). Per ogni salvaguardia era stato preventivamente contingentato il numero di lavoratori che ne potevano beneficiare. L’ampliamento delle platee interessate non è dipeso dalla previsione di nuove categorie di salvaguardati, ma dalla introduzione di requisiti, soprattutto temporali, più favorevoli per entrare a farvi parte, cooptando così presunti “esodati” che avrebbero maturato la decorrenza della pensione secondo le vecchie regole ante-2011, anche in tempi di molto successivi alla riforma.

 

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Così, una particolare fattispecie e le sue varianti, pompate oltre misure dai media televisivi, hanno contribuito a creare un clima critico nei confronti della riforma del 2011, depotenziandone la stessa entità dei risparmi. Sempre l’Upb nel focus citato (che teneva conto di sette salvaguardie) fece notare che l’Inps aveva stimato in quasi 88 miliardi i risparmi di spesa ottenibili grazie alla riforma Fornero sul decennio 2012-2021. Di questi risparmi le sette salvaguardie fino a quel momento, nella loro ultima programmazione di spesa, erodevano circa il 13 per cento, dato utile per verificare in quale misura le stesse salvaguardie stavano interagendo con l’obiettivo originario della riforma Fornero di rallentare la dinamica della spesa. Conti più aggiornati – fino all’ottavo intervento – indicarono in 200 mila i soggetti salvaguardati e in circa 12 miliardi i minori risparmi. Tanti “esodati”, che non erano riusciti a entrare nelle salvaguardie, avrebbero potuto avvalersi prima dell’Ape sociale, poi anche di quota 100. Ma sono rimasti appesi al ramo dell’esodo perché le regole pre-riforma erano certamente più vantaggiose, sia per quanto riguarda l’età pensionabile di vecchiaia sia per i requisiti per il trattamento di anzianità, nei cui flussi annui sono confluiti, a ranghi compatti, i soggetti salvaguardati.

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