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Istruzioni per la Wto del futuro. “L’Organizzazione deve cambiare”, ci dice il candidato saudita Al Tuwaijri

Micol Flammini

I dazi, la Cina, le riforme. “Il ruolo del direttore generale è mettere tutti attorno a un tavolo a negoziare” 

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Roma. Il 31 agosto Roberto Azevêdo lascerà la guida dell’Organizzazione mondiale del commercio e chi arriverà dopo di lui avrà il compito difficilissimo di ristrutturarla. Ci vorrà una leadership forte, perché le dispute all’interno dell’organizzazione sono sempre di più e la fiducia nei confronti dei rapporti commerciali globali sta venendo meno. Il mondo è cambiato e la Wto, fondata 25 anni fa, ha fatto fatica ad andare dietro a questi cambiamenti. Ecco perché tutti gli otto candidati alla direzione dell’organizzazione insistono molto sulla parola “riforma”. Ognuno la intende a modo suo e Mohammad al Tuwaijri, proposto per la carica di direttore generale della Wto dall’Arabia Saudita la intende così: “Le cose da risolvere all’interno dell’organizzazione sono tante. Per me l’importante è capire come si possono portare i risultati, ed è chiaro che la Wto è imbrigliata in una serie di meccanismi lenti e burocratici, a causa dei quali spesso è difficile che arrivino i risultati”. L’altra parola che i candidati ripetono spesso è fiducia, “i membri della Wto devono poter ricominciare a fidarsi dell’organizzazione”, dice al Foglio Al Tuwaijri, attuale consigliere dei reali sauditi in materia di economia locale e internazionale.

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Roma. Il 31 agosto Roberto Azevêdo lascerà la guida dell’Organizzazione mondiale del commercio e chi arriverà dopo di lui avrà il compito difficilissimo di ristrutturarla. Ci vorrà una leadership forte, perché le dispute all’interno dell’organizzazione sono sempre di più e la fiducia nei confronti dei rapporti commerciali globali sta venendo meno. Il mondo è cambiato e la Wto, fondata 25 anni fa, ha fatto fatica ad andare dietro a questi cambiamenti. Ecco perché tutti gli otto candidati alla direzione dell’organizzazione insistono molto sulla parola “riforma”. Ognuno la intende a modo suo e Mohammad al Tuwaijri, proposto per la carica di direttore generale della Wto dall’Arabia Saudita la intende così: “Le cose da risolvere all’interno dell’organizzazione sono tante. Per me l’importante è capire come si possono portare i risultati, ed è chiaro che la Wto è imbrigliata in una serie di meccanismi lenti e burocratici, a causa dei quali spesso è difficile che arrivino i risultati”. L’altra parola che i candidati ripetono spesso è fiducia, “i membri della Wto devono poter ricominciare a fidarsi dell’organizzazione”, dice al Foglio Al Tuwaijri, attuale consigliere dei reali sauditi in materia di economia locale e internazionale.

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L’Organizzazione mondiale per il commercio comprende 164 paesi, dal 2015 non sigla più accordi, e tutto è peggiorato con l’arrivo dell’Amministrazione Trump, che porta avanti una battaglia contro le organizzazioni internazionali (in aprile gli Stati Uniti hanno annunciato che smetteranno di finanziare l’Organizzazione mondiale della sanità, l’Oms), e con la crescita dell’economia cinese. Riguardo alla disputa tra America e Cina l’organizzazione finora è riuscita a fare ben poco: l’Amministrazione Trump ha anche sospeso la nomina dei membri dell’Appellate body, un comitato di sette giudici che deve risolvere praticamente le dispute tra i paesi. 

    

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Le tensioni tra Stati Uniti e Cina sono la sfida più grande da affrontare per l’organizzazione. Ma è vero che bisogna anche considerare la frustrazione e la sfiducia dei paesi membri, questi sentimenti nascono dal fatto che affrontare i problemi e negoziare è diventato difficile. Lo stesso direttore generale non ha un’influenza forte e immediata sulle controversie. Ma ci sono dei segnali positivi, durante il G20 in Arabia Saudita tutti i paesi erano d’accordo sulla necessità di nuove riforme. Anche Stati Uniti e Cina”. La debolezza – debolezza è il terzo termine che ricorre spesso nei discorsi dei candidati – e la mancanza di risposte da parte dell’organizzazione hanno spinto alcuni paesi, dice Mohammad al Tuwaijri, a prendere delle iniziative autonome. Un esempio sono i dazi di Trump alla Cina. “Perché si stanno usando soluzioni al di fuori della Wto per affrontare le sfide? Perché vengono confuse la politica e le regole del commercio e perché i leader si sentono poco rappresentati dall’Organizzazione Mondiale per il Commercio. E questo accade perché non c’è una direzione forte. Il direttore della Wto deve essere un equilibrista e deve aiutare i membri a navigare tra le controversie. Deve essere la persona che mette tutti attorno a un tavolo e spinge le persone a negoziare”.

  

La Cina è entrata nell’organizzazione nel 2001 e, nonostante la sua economia sia cresciuta moltissimo, è la seconda economia mondiale, viene ancora considerata un paese in via di sviluppo. E’ questa una delle questioni che hanno fatto arrabbiare Trump – lo status di paese in via di sviluppo porta diversi vantaggi quali sussidi all’esportazione e benefici nella risoluzione delle controversie. Il presidente americano vuole che lo status della Cina cambi all’interno dell’organizzazione, altrimenti minaccia di prendere delle soluzioni unilaterali. Anche su questo, dice Al Tuwaijri, l’organizzazione deve imparare a negoziare, presentarsi come un arbitro e gestire le divergenze. “La domanda non è se la Wto serve ancora, ma quale Wto serve, cosa bisogna fare affinché continui a essere utile. Io credo che tutti siano convinti che ci sia ancora bisogno dell’organizzazione. Ancora di più adesso, dopo la pandemia”. La crisi sanitaria va vista come un’opportunità, dice il candidato: “Ho i miei timori certo, tutti stanno rivedendo le loro catene di approvvigionamento e questo avrà un impatto sulla globalizzazione. La pandemia potrebbe anche esercitare maggiori pressioni sul sistema commerciale multilaterale. Tutto quello che sta accadendo va analizzato e tutti gli attori devono essere coinvolti. E in questo il compito di un direttore generale è: colmare le differenze, costruire ponti”.

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