foto LaPresse

Ci voleva il Covid per svegliare il governo sugli incentivi alle auto

Maria Carla Sicilia

Il nuovo approccio su diesel e benzina può funzionare, ma con le risorse stanziate l'impatto sul mercato sarà comunque limitato. È il momento di tracciare una strategia

Con il decreto Rilancio il cambio di rotta che il governo ha dato alle politiche che incentivano la mobilità è stato netto. Dopo l'esperimento dell'ecobonus, destinato ai soli veicoli elettrici, il nuovo pacchetto di incentivi da 100 milioni per l'acquisto di automobili include anche i motori diesel e benzina, a patto che non emettano più di 110 grammi di Co2 al chilometro, come fanno i nuovi modelli Euro 6. E proprio questi ultimi, secondo un recente report di Bloomberg NEF, potrebbero attrarre più dei due terzi del budget complessivo, nonostante la quota minore di incentivi loro riservata.

   

Il nuovo meccanismo – introdotto con un emendamento del Pd malgrado i malumori del M5s – permette infatti a chi rottama un'automobile più vecchia di un'Euro 4 di avere fino a 3.500 euro di sconto sull'acquisto di un motore diesel o benzina Euro 6. Chi invece vorrà acquistare un'auto elettrica potrà contare fino a 10mila euro di sconto in caso di rottamazione, sommando gli incentivi previsti dal decreto Rilancio all'ecobonus introdotto dalla scorsa legge di Bilancio. Contributo che arriva invece a 6.500 nel caso delle ibride. “Nonostante il supporto economico maggiore offerto ai veicoli elettrici le misure sono progettate per offrire un piccolo impulso alle vendite di auto nuove indipendentemente dal tipo di carburante – scrive Bloomberg –. Dato che i motori a combustione interna rappresentano ancora la stragrande maggioranza delle vendite di nuovi veicoli in Italia, BNEF stima che fino al 70 per cento del budget di 100 milioni di euro per il resto del 2020 potrebbe essere destinato a questi ultimi anziché ai veicoli elettrici”. Una notizia comunque positiva per l'ambiente, meno buona invece per i tifosi dei motori alternativi. Per la prima volta il sistema degli incentivi così strutturato garantisce infatti uno svecchiamento del parco auto circolante, uno dei più vecchi d'Europa, che alla fine del 2018 poteva contare solo una piccola quota di Euro 5 e 6 pari al 36,3 per cento, lasciando libera scelta a chi acquista di valutare la soluzione più conveniente, all'interno di uno standard di emissioni comunque contenute.

  

    

   

L'impatto sul mercato, secondo le proiezioni di Bloomberg Nef, sarà invece limitato. Nel migliore dei casi, stimano gli analisti, la misura si tradurrà in 57mila automobili vendute nel periodo di validità degli incentivi, da agosto a dicembre 2020, appena il 3 per cento delle vendite annuali se si considera la media degli ultimi cinque anni. Numeri che spostano poco l'assetto complessivo del mercato, ma che dopo il tracollo dei mesi scorsi sono almeno un segnale di attenzione verso l'industria automobilistica in grave sofferenza. Il conto che ha pagato in questi mesi l'intera filiera, dai costruttori alle concessionarie, è stato pesantissimo. In Italia, come nel resto d'Europa, il quadrimestre marzo-giugno 2020 ha visto una riduzione del 65 per cento delle immatricolazioni rispetto al periodo precedente. Per avere un'idea, prima dell'arrivo della pandemia in Italia si superavano le 150mila immatricolazioni in un mese – gennaio 2020 si è chiuso con 156mila autovetture – , in pieno lockdown, ad aprile scorso, si sono vendute appena 4.279 unità.

   

Il passo avanti del governo, che ha scavalcato le ideologie per sostenere la ripresa economica nel rispetto dell'ambiente, va nella giusta direzione. Dopo questi mesi di rodaggio però sarà il caso di tirare le somme, valutando se investire altre risorse per dare sostanza alla misura e trasformarla da esperimento a strumento di una più ampia strategia per la mobilità sostenibile.

Di più su questi argomenti: