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Un’alleanza tra industria e politica per ridare energia all’Italia

Stefano Cingolani

Curare i danni economici della pandemia con una transizione energetica non più demagogica. Parla Nicola Monti, ad di Edison

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La pandemia sta lasciando il posto a una recessione gravissima, tuttavia la crisi offre anche grandi opportunità. Bisogna saperle cogliere accelerando la crescita, sciogliendo i lacci che soffocano le potenzialità del paese, trovando una nuova intesa tra industria e politica. E’ un messaggio positivo quello che l’ingegner Nicola Monti, amministratore delegato della Edison, vuole lanciare: l’ottimismo dell’intelligenza non solo della volontà.

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La pandemia sta lasciando il posto a una recessione gravissima, tuttavia la crisi offre anche grandi opportunità. Bisogna saperle cogliere accelerando la crescita, sciogliendo i lacci che soffocano le potenzialità del paese, trovando una nuova intesa tra industria e politica. E’ un messaggio positivo quello che l’ingegner Nicola Monti, amministratore delegato della Edison, vuole lanciare: l’ottimismo dell’intelligenza non solo della volontà.

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Il primo gruppo energetico privato in Italia con un fatturato da otto miliardi di euro, erede della Montedison, è controllato dalla francese Edf entrata nel 2001 in seguito a una scalata guidata dalla Fiat che fece tremare il governo allora guidato da Giuliano Amato. Oggi la società è sempre più concentrata sulla vendita di elettricità e sulle fonti rinnovabili. Sta cedendo le attività di esplorazione e produzione, è la numero due nell’eolico, e ci sono ampi spazi in questo vasto processo di transizione.

   

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Secondo l’Economist la pandemia accelera le politiche che combattono il cambiamento climatico, secondo altri la rivoluzione verde si arresta di fronte alla necessità di avviare al più presto la ripresa, è un problema di tempi e di costi anche sociali. Monti condivide l’analisi del settimanale britannico: “Non credo che la transizione subirà uno stop. Anche il crollo del prezzo del petrolio è congiunturale, in due anni tornerà su livelli che rendono competitive le fonti diverse dagli idrocarburi”, precisa. Il Green Deal europeo è un volano fondamentale e l’accordo franco-tedesco collega strettamente agli investimenti “verdi” gli stanziamenti del fondo per la ripresa. “In Italia c’è grande dibattito, ma anche una enorme difficoltà a passare dalle parole alle cose. Burocrazia, procedure complesse, un sistema farraginoso per le autorizzazioni. Dunque uno degli obiettivi fondamentali è semplificare. Ci sono investimenti privati già stanziati e in attesa di trasformarsi in posti di lavoro. Le cose da fare le conosciamo, sono scritte nel piano Energia e Clima 2030 che stabilisce gli obiettivi nazionali per il prossimo decennio”.

 

Prendiamo il parco eolico: è invecchiato con tecnologie inefficienti e obsolete, rinnovarlo significa risparmiare e produrre di più con minor impatto sull’ambiente. “E’ semplice, i nuovi rotori sono più potenti, se ne possono usare meno per ottenere lo stesso risultato o anche migliore”, spiega Monti. “Dunque si tratta di un progetto estremamente importante e ci sono tutte le condizioni per realizzarlo. Ma, di nuovo, ci vogliono anni per ottenere le autorizzazioni”. L’efficienza energetica è un campo che offre ampie possibilità. Il patrimonio edilizio italiano ha bisogno di interventi, realizzarli consente di mettere al lavoro un indotto ampio e per di più tutto italiano, sottolinea Monti il quale apprezza l’introduzione degli ecobonus e suggerisce che l’esempio venga seguito anche in tutti quei settori che consentono di accompagnare una transizione lunga e piena di incognite. L’auto elettrica, ad esempio. Non si tratta solo di produrre nuove vetture, ma di avere le infrastrutture indispensabili. “L’Italia è indietro rispetto al Regno Unito dove i punti di ricarica sono già tanti quanti i distributori di carburanti tradizionali. Anche in questo caso, ci vuole una risposta di sistema che metta in campo le imprese automobilistiche, quelle elettriche, le infrastrutture e i governi”.

 

Transizione energetica non vuol dire fine immediata del petrolio e tanto meno del gas, le energie alternative stesse ne hanno bisogno come supporto fondamentale. Gli idrocarburi serviranno ancora per favorire questo passaggio storico. Monti sottolinea che “l’industria nazionale ha competenze e riserve da sfruttare. Importante è che non torni la tentazione di imporre tasse, royalties, aggravi di costi che si scaricano sui prezzi”. Bisogna fermare l’eccessiva pressione verso questo settore e lo dice un’impresa che punta sulle nuove fonti. La Edison vuol sostituire con gas naturale il gasolio utilizzato nei trasporti pesanti. Il primo deposito costiero di gas naturale liquefatto in piccola scala costruito a Ravenna sarà in esercizio dal prossimo anno; è il punto di partenza per il gas che verrà usato come carburante per navi, carburante per camion, fonte di energia in luoghi remoti. Ciò permette una sensibile riduzione e, in alcuni casi, un quasi totale abbattimento delle emissioni di gas serra all'interno dell’atmosfera.

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Ma la Edison è anche leader nell’idroelettrico, una eredità che risale alla fine dell’800 con le storiche centrali sull’Adda. “L’Italia è tra i paesi con maggiore capacità installata e con un’intera filiera industriale”, ricorda Monti. “Si tratta di preservare e ammodernare le centrali. Ci sono progetti per 7 miliardi di euro per aumentarne l’efficienza e sono intrappolati nelle solite pastoie problematiche: concessioni scadute, incertezze delle procedure, problemi di armonizzazione europea e di omogeneizzazione regionale”.

  

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La pandemia ha riportato in primo piano la discussione sul futuro delle città. Un ripensamento era già in corso, adesso si è affermato un modo di lavorare che rafforza il progetto della smart city; in più è emersa l’esigenza di ripensare la mobilità urbana. L’industria energetica ha un ruolo importante. “Basti pensare che l’età media dei veicoli pubblici in Italia è dodici anni, in Europa è sette. Ammodernare in questo caso significa scegliere in modo deciso la elettrificazione, con tutto quel che comporta in termini di infrastrutture”. Anche questo passaggio va pianificato attentamente.

  

Programmare e semplificare. Per l’ingegner Monti sono due punti fermi. Capacità di scegliere e organizzare le priorità, abbattendo la barriera burocratica. Ma non c’è solo la burocrazia, a ostacolare la transizione c’è il fronte del No, ci sono i No Tap, i No Tav, adesso anche i No 5G, e siedono anche in Parlamento. “Prendiamo Genova come modello”, sostiene Monti. “Le cose si possono realizzare e bene. Nel caso del nuovo ponte sul Polcevera il commissario straordinario è riuscito a creare consenso tra tutti i soggetti coinvolti, le amministrazioni locali e le imprese”. Un esempio che rischia di diventare una nobile eccezione perché, finito il lockdown, tornano gli atteggiamenti ostili che prendono di mira anche le energie rinnovabili. Non occorre sostenere una battaglia culturale e politica? La lezione da trarre da questa crisi, secondo Monti, è che “ci sono le energie per competere e crescere, però occorre sciogliere i vincoli che le bloccano e puntare in modo chiaro al cambiamento. Ciò richiede di rimettere insieme industria e politica; in questi anni hanno seguito percorsi diversi, diventando due mondi che non si parlano abbastanza, con un danno per il paese. E’ una frattura che va ricomposta”.

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