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Fuori dal Cura Italia

Barbara D'Amico

Professionisti, medici, autonomi, agricoltori, consulenti. Tutti gli esclusi dal decreto del governo

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Torino. Nemmeno il tempo di inaugurarlo che lo spot “nessuno perderà il lavoro” è già passato di moda. Specie tra gli esclusi dalle misure economiche anti-coronavirus promosse dal decreto “Cura Italia”. Dei quasi tre miliardi messi in campo per sostenere il lavoro autonomo, ad esempio, solo 300 milioni sono destinati alla costituzione di un Fondo per il reddito di ultima istanza (art. 44) per tutte le professioni ordinistiche. Che ora dovranno decidere insieme chi e come avrà diritto agli aiuti. Ma c’è di più. E’ l’ipotesi del presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, di assegnare i famosi 600 euro di indennizzo a partite Iva e autonomi tramite click day, limitando quindi l’accesso alle risorse solo a chi invii per primo e per tempo la richiesta online, fino a esaurimento scorte. La proposta ha già incontrato il no delle associazioni di categoria.

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Torino. Nemmeno il tempo di inaugurarlo che lo spot “nessuno perderà il lavoro” è già passato di moda. Specie tra gli esclusi dalle misure economiche anti-coronavirus promosse dal decreto “Cura Italia”. Dei quasi tre miliardi messi in campo per sostenere il lavoro autonomo, ad esempio, solo 300 milioni sono destinati alla costituzione di un Fondo per il reddito di ultima istanza (art. 44) per tutte le professioni ordinistiche. Che ora dovranno decidere insieme chi e come avrà diritto agli aiuti. Ma c’è di più. E’ l’ipotesi del presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, di assegnare i famosi 600 euro di indennizzo a partite Iva e autonomi tramite click day, limitando quindi l’accesso alle risorse solo a chi invii per primo e per tempo la richiesta online, fino a esaurimento scorte. La proposta ha già incontrato il no delle associazioni di categoria.

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L’essere costretti a spartirsi una torta troppo piccola, non è l’unica stortura del provvedimento. Persino nel settore che più di altri è sottoposto alla pressione dell’emergenza Covid-19, la sanità, il mantra delle tutele universali non è stato rispettato come promesso. “L’ultimo atto uscito dal governo, malgrado l’impegno di alcuni rappresentanti politici, è uno schiaffo a chi sta mettendo a rischio la propria vita per arginare la pandemia”, ha dichiarato dopo l’approvazione delle misure Alberto Oliveti, presidente dell’ente previdenziale dei medici e degli odontoiatri (Enpam). L’esclusione da ammortizzatori e assegno da 600 euro di medici in proprio e convenzionati, come medici di base, odontoiatri e sanitari liberi professionisti – una platea che senza contare i caregiver ammonta a circa 90 mila nuovi specialisti arrivati sulla piazza solo negli ultimi tre anni –, fa capire che il problema non è solo la quantità di risorse ma anche la qualità delle misure. Impostare male adesso i criteri di sostegno, creando lavoratori e cittadini di serie A e di serie B, rischia di rivelarsi un boomerang nel medio periodo.

 

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Ne sa qualcosa il comparto agricolo, che pur avendo ottenuto misure ad hoc nel decreto, sconta lacune pericolose per l’economia. La Confederazione italiana degli agricoltori Cia) ha lanciato l’allarme qualche giorno fa, chiedendo subito voucher per l’assunzione in deroga di braccianti e lavoratori agricoli. Il coronavirus ha bloccato gli spostamenti di chi garantisce le raccolte e, seppure non c’è il rischio di trovare gli scaffali vuoti, è molto concreto quello di perdere buona parte del raccolto. Non solo. Per le maggiori produzioni agroalimentari del paese, il decreto non ha previsto il posticipo dei contributi e delle tasse. “Il decreto legge è solo un primo passo, non può essere esaustivo”, spiega al Foglio Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura. “Molte delle richieste del comparto sono state recepite, ma per per la parte fiscale non ci siamo: lo stop tasse è riservato solo a chi fattura meno di due milioni di euro l’anno, mentre molte aziende agricole e anche florovivaistiche fatturano di più e non possono rimandare i versamenti di marzo. Auspichiamo una correzione”.

 

Infine ci sono tutti quei lavoratori in proprio esclusi dalle misure di sostegno immediate, ma costretti a rimanere in servizio. Come in consulenti del lavoro, un popolo di meno di 30 mila addetti presi d’assalto da aziende di tutta Italia, in corsa contro il tempo per applicare tutele e ammortizzatori previsti proprio dal decreto. Una professionista, che guida un team di 15 consulenti e preferisce restare anonima, spiega che la situazione è grave. “Non abbiamo un cuscinetto di decompressione, siamo esclusi dalle tutele ma dobbiamo continuare ad assistere i nostri clienti, altrimenti come si applicherebbero le norme del Cura Italia? E’ come se fossimo un triage e i pazienti fossero tutti in codice rosso ma noi non sapremo se verremo pagati per operare in emergenza perché c’è crisi di liquidità”. Uno scenario comune a molti addetti in proprio che iniziano a chiedere un sostegno non al reddito, bensì al lavoro: l’unica vera leva per evitare di incagliarsi sul come e il perché di un indennizzo, perdendo di vista l’orizzonte della recessione. Un fenomeno che a differenza degli slogan sui salvataggi, purtroppo, non passa mai di moda.

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