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L’accordo tra ArcelorMittal e governo sull’Ilva fa rumore, ma è una farsa

Annarita Digiorgio

Nel testo sottoscritto dalle parti c'è una condizione che permette alla multinazionale il disimpegno senza penali in caso di mancato dissequestro preventivo e probatorio dei rami d'azienda

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Taranto. C’è una condizione, nell’accordo che firmeranno oggi ArcelorMittal e i Commissari di governativi deIl’Ilva che, da sola, basta a classificare il nuovo accordo sul siderurgico di Taranto per quello che è: 22 pagine di programma elettorale. Si tratta di una sospensiva posta tra le condizioni sine qua non per l’acquisto dei rami d’azienda da parte di Mittal: “A condizione – si legge – che si verifichi la revoca dei sequestri penali di natura preventiva e probatoria aventi a oggetto i rami d’azienda”. Qualora il dissequestro non dovesse verificarsi, Mittal potrebbe andare via senza neppure pagare la penale dei 500 milioni dovuta, lasciando la fabbrica prima del 1 novembre 2020.

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Taranto. C’è una condizione, nell’accordo che firmeranno oggi ArcelorMittal e i Commissari di governativi deIl’Ilva che, da sola, basta a classificare il nuovo accordo sul siderurgico di Taranto per quello che è: 22 pagine di programma elettorale. Si tratta di una sospensiva posta tra le condizioni sine qua non per l’acquisto dei rami d’azienda da parte di Mittal: “A condizione – si legge – che si verifichi la revoca dei sequestri penali di natura preventiva e probatoria aventi a oggetto i rami d’azienda”. Qualora il dissequestro non dovesse verificarsi, Mittal potrebbe andare via senza neppure pagare la penale dei 500 milioni dovuta, lasciando la fabbrica prima del 1 novembre 2020.

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Quindi Mittal potrà acquistare Ilva solo se verranno meno i sequestri preventivi posti dall’autorità giudiziaria. Parliamo di tutta l’area a caldo sequestrata dal gip di Taranto nel 2012 e da allora consegnata con facoltà d’uso al custode giudiziario. Sino a oggi solo una volta i Commissari hanno provato a chiederne il dissequestro di una parte, il famoso Afo2, e proprio quell’azione ne ha fatto rischiare la chiusura definitiva con il balletto giudiziario che conosciamo. Come può dunque ritenersi reale un contratto basato su una clausola che non solo non è nella facoltà del governo, ma che, alla luce degli 8 anni trascorsi, dipende da sequestri preventivi che si susseguivano anziché revocarsi, una magistratura inquirente sempre più protagonista e un maxiprocesso ancora al dibattimento del primo grado?

 

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Solo in questa ottica di programma elettorale si può inserire una precisazione che viene espressamente sottoscritta nel nuovo accordo laddove “si precisa che ArcelorMittal rinuncia al recesso senza aver ottenuto alcun impegno circa il ripristino della protezione legale”. Dunque nessuna promessa di scudo, ma in pieno stile propagandistico: sia perchè non esclude la possibilità che venga successivamente inserito sia perchè, dal giorno della sostituzione dell’amministratore delegato con Lucia Morselli, Mittal è via via fuori dalla fabbrica e i suoi dipendenti sono tornati negli impianti esteri dove non c’è bisogno di scudo. Altrimenti perchè il governo, se certo di vincere, non avrebbe proseguito al tribunale di Milano? Perchè “sarebbe messo a repentaglio il raggiungimento degli obiettivi per cui il 2015 è stata disposta l’apertura della procedura di amministrazione staordinaria, con riflessi sui livelli occupazionali e sull’economia locale e nazionale e prosecuzione interventi ambientalizzazione” è scritto nell’accordo firmato dal governo, ammettendo così che la sola parte pubblica non è in grado di mandare avanti l’accieria.

 

Le parti convergono su questa finzione perché serve a entrambi: al governo per perdere tempo e a Mittal per liberarsi dalla morsa giudiziaria delle lungaggini dei tribunali italiani, in cui rimarrebbe incastrata per anni. Stante questo presupposto, dentro possono metterci, come hanno fatto, qualunque cosa. Da una produzione di 8 milioni di tonnellate l’anno (quando oggi non riescono a venderne 4,5 milioni), il rifacimento di Afo 5, la messa in sicurezza di Afo 1 e 4 con le stesse prescrizioni imposte su Afo 2, la chiusura di Afo2 dopo averci speso 10 milioni, un sistema a preridotto con produzione energetica e di emissioni superiore all’attuale e il magico passaggio dai 5 mila esuberi richiesti da Mittal a zero esuberi. E il tutto sarebbe economicamente sostenibile. Come qualcuno possa crederci è un mistero, e infatti il segretario della Uilm Rocco Palombella e ha avuto il coraggio di dire che “quest’accordo è una farsa”.

 

A questo punto l’unica soluzione ipotizzata da una parte politica è stata quella di rinviare tutto. In tale ottica è da leggere il tentativo del sindaco di Taranto, coaudiuvato da alcuni ministri, di cogliere l’occasione come invitato dal tarantino vincitore di Sanremo a “fare rumore”, provando a rinviare il bluff a dopo le regionali. Del resto Ilva è pur sempre un’azienda strategica per Costituzione quindi cassa integrazione a vita, eccesso di personale, o esodi incentivati, sono l’unica cosa che il governo può mantenere.

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