Rosa Chemical (Lapresse)

il commento dopo le polemiche su sanremo

Contro il soggettivismo moderno non serve una guerriglia retrograda e banale

Giuliano Ferrara

La rivoluzione dei costumi è cosa troppo seria per farla al suono delle canzoni, ma non fermerei la girandola di Sanremo, bacio omoriferito incluso. Bisogna stare attenti a non essere ridicoli, e magari intolleranti, quando si porge un allarme etico e psicologico

Trasgressivo nel desiderio e nel comportamento, come tutti gli esseri umani o quasi, ma difeso dalle mie inibizioni, che talvolta si presentano come idee compiute, dovrei esortare la comunità in cui vivo, Auditel di Sanremo compreso, all’edificazione e al pudore, al rifiuto delle sottoculture sempre combattute: diritto all’aborto, sostanze psicotrope (fumo e alcol a parte), ostentazione gay, peggio che mai teorie e pratiche del gender fluid eccetera. Da vecchio che geme sotto il basto pesante dell’esperienza, invece, non sollecito una “diversa narrazione”, come ha chiesto un rappresentante della destra al potere, della destra del consenso comune ai valori costituiti. Ne sono sorpreso, ma è così. Con tutto il rispetto, non mi ritroverei in un festival del matrimonio cristiano, del contegno maschile e femminile, della costumatezza, cose che prediligo anche se nella loro forma laica e distaccata, penoso mi pare l’istinto censorio dei nuovi capi nazionali, che vorrebbero mandarci a letto tranquilli e puri, come se cinquettianamente non avessimo l’età. È così, il fluido mi ha fluidificato, non ci posso fare niente.

 

Le vecchie battaglie con Wojtyla, Ruini e Ratzinger mantengono per me il fascino discreto della rivolta esatta, incentrata sulla pretesa antirelativista di una verità oggettiva e della tradizione, resta intatta la diffidenza verso l’abissale soggettività dei nostri tempi, tecnica e social e mercato libero e innocente della trasgressione, mentalità e pratica dominante di potere culturale e di influenza (ah, gli influencer). Ma Povia no, Adinolfi no, la narrazione governativa per cui hanno votato anche i prigionieri di Sanremo, il conservatorismo come guerriglia retrograda o retroversa, dopo lo squarcio di illuminazione e la grande sorpresa cattolica a cavallo dei due secoli, oggi ripiegata nel banale e nel corrivo, questo no. Un conto è prendersela con Nietzsche brandendo Paolo di Tarso o Agostino, un altro conto la filosofia della sovranità sessuale o di genere convogliate in idee che erano alte e ora sembrano fisse, anche fissazioni, diciamo così.

 

Continuo a pensare che il mondo vada contraddetto, che ci sia molto conformismo trucco e parrucco nell’esibizionismo anche allegro e pasticcione del bacio in bocca omoriferito, dell’invocazione alla cannabis sativa, che la rivoluzione dei costumi è una cosa troppo seria per farla al suono delle canzoni, sotto il riflettore commerciale della promozione di sé, ma penso sia saggio coltivare un certo accurato e non dogmatico tradizionalismo in una logica di minoranza e testimonianza, un po’ perché non amo le battaglie perse, checché se ne pensi a vedere quante ne ha perse la gente come me, un po’ perché non si vive di solo pane logico e razionale, lo spirito va e viene dove e come vuole, e ti fa delle improvvisate quando e dove meno te l’aspetti. Mi spiace per il mio amico Langone, con Milani tra i massimi scrittori di questi anni, ma le crociate non funzionano in questi termini, neanche sotto l’aura della metafora e del gusto. Non voglio dire con Keynes e Kissinger che le cose sono cambiate e dunque cambiano anche i miei giudizi sulle cose, le cose non sono così facilmente negoziabili come i criteri di vita, sono anche ignote, se vogliamo, sono cose in sé, eppure la girandola impazzita di Sanremo non la fermerei, men che meno con decreti minculpop.

 

Non vedo un’alternativa credibile all’esplosione del sogno regalato (ti regalo un sogno è la frase più inquietante e stupida della nostra epoca, no?), alla baldoria delle emozioni facili. È impresa complicata e delicata costruire qualcosa di permanente dove si decostruisce in sintonia con la cultura e la coscienza dei tempi, magari in nome dell’amore che omnia vincit. Bisogna stare attenti a non essere ridicoli, e magari intolleranti, quando si sia stati abbastanza seri nel porgere un allarme etico e psicologico restando prevalentemente inascoltati. Dormiglione precoce, non ho resistito fino al lingua in bocca immortale tra una rosa chimica e un bravo ragazzo molto tatuato, e posso solo dire adesso: in un certo senso mi dispiace.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.