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Il corpo michelangiolesco della Pellegrini vs il vuoto concettuale di Mario Merz

Alfonso Berardinelli

Paragonando le foto del matrimonio di Federica Pellegrini con la scultura delle balle dell'artista milanese, la nuotatrice olimpionica appare come la donna più sexy fra le italiane note al grande pubblico

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Dato che il caos e l’imprevisto trionfano, e un cantante che un mese fa, al Circo Massimo, urlava e ripeteva soddisfatto “sono fuori di testa”, è stato applaudito da un pubblico di settantamila paganti, vorrei permettermi anch’io di abbassare il livello del mio autocontrollo, di solito un po’ più alto della media. Un pesante agosto è alle nostre spalle, ora ci aspetta un settembre forse meno soffocante ma certo con più problemi. La crisi politica e la caduta del governo Draghi, voluta da Giuseppe Conte, un uomo che non avrà, spero, un futuro politico, hanno seminato in Italia una tale nausea dei politici e della politica (un individuo, un partito) che il più temibile schieramento minaccia di essere quello dei non-votanti. Voterò? Non voterò? Per chi voterò senza vergognarmi di averlo fatto?

 

Domenica scorsa, l’ultima di agosto, mi sono dedicato ai giornali, una dedizione più pigra che incuriosita. Come ho scritto nel mio precedente articolo della settimana scorsa, sulla malinconia ambientale, noi italiani, se non siamo o non crediamo di essere malinconici, siamo però molto bravi nel creare ambienti naturali, sociali, politici assai malinconici. Per consolarmi, alzo sempre più spesso gli occhi sui cieli di Roma, un incomparabile teatro barocco fatto di cirri, strati, cumuli e nembi; oppure abbasso lo sguardo a osservare con la più umana simpatia i cani piccoli, bassottini e barboncini di vario pelo e taglia, che premurosi portano a spasso al guinzaglio i loro cosiddetti padroni, finalmente attenti, dopo anni e anni di incivile inerzia o ripugnanza, a eliminare le innocenti deiezioni dei loro fedeli compagni a quattro zampe.

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Non so come giustificarmi, ma le cose che più hanno attirato la mia inconsulta attenzione sui giornali di domenica sono state due foto. La prima è quella di una presunta opera d’arte dell’autorevole “scultore” Mario Merz, del quale nella mia incompetenza ricordavo un “Objet cache-toi”, cupola trasparente che copre, mi pare, un paio di occhiali (quale sofisticato concetto esprimerà?) e una “Città irreale”, non certo una città in miniatura, ma una specie di astuccio triangolare trasparente che contiene due tubi al neon piegati in modo da scrivere proprio “Città irreale”, a scanso di equivoci. Dunque un artista che pensa e fa, come si diceva allora, “arte povera” e con concetti poveri: basta indovinare il concetto, che guardare è inutile. Ora sulla Domenica del Sole 24 Ore trovo la foto di un’altra opera di Merz, questa volta intitolata “Senza titolo” (la povertà concettuale aumenta) e quindi bisognerà guardarla, perché il concetto è assente. La didascalia informa che l’artista ci ha lavorato dal 1966 al 1979 e che si tratta di un capolavoro. Sul pavimento giacciono quattro balle polverose di fieno o di paglia, il cui senso o concetto non è né esplicito né indovinabile.

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In un manualetto di arte trovo però questa interpretazione dell’opera di Merz: “La banalità viene innalzata a livello di arte e oggetti di uso comune investiti di significati metafisici”. Si tratterà di vera e propria metafisica? Che cos’è la metafisica? si chiedeva Heidegger. Ecco, la critica d’arte è questo e questo è il suo linguaggio. Tutto è arte, se qualcuno che indossa l’etichetta di artista lo vende come arte, se qualcuno lo compra come arte e se un critico d’arte ne parla come se fosse arte. Ma dov’è l’arte, la tecnica, il talento, il lavoro, il portare a compimento? 

Decido perciò di considerare arte le foto che mostrano il matrimonio della nuotatrice olimpionica Federica Pellegrini, che a guardarla dopo aver guardato le balle di Merz mi appare come la donna più sexy fra le italiane oggi pubblicamente note. Sto delirando? Il suo fisico, nascosto dal bianco abito nuziale, non è un concetto da scoprire, lo abbiamo già visto nelle gare quasi nudo e non è facile dimenticarlo: una versione post-postmoderna dei nudi femminili michelangioleschi, in cui però la solidità muscolare esprime la nostra attuale idea di salute fisica e potenza atletica: senza troppi drammi, né concetti.  

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