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Il progetto

A Centocelle una carrozzeria diventa atelier di sei artisti: "Il nostro è un mix tra Roma e l'arte internazionale"

Giuseppe Fantasia

"Post ex" è lo spazio di 1100 metri quadrati in cui coesistono fotografia, pittura, scultura e installazioni, in dialogo con l'artigianato locale. Guglielmo Maggini: "Ho girato il mondo, ma ora torno nella mia città."

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A Centocelle, una vecchia carrozzeria di più di mille metri quadrati ha avuto la sua trasformazione diventando uno spazio per artisti, un luogo comune in cui, progressivamente, ognuno di loro delimita la propria porzione di lavoro, nutrendosi della condivisione del quotidiano. In pratica, è un atelier di indipendenti che coabitano nello stesso spazio. Si chiama Post Ex e l’accoglienza che lo caratterizza è resa concreta anche dalla coesistenza di fotografia, pittura, scultura e installazioni che vanno a prendere vita in quello che è un vero e proprio contenitore in dialogo con la città e con gli artigiani del quartiere e con altri paesi. 

     
Guglielmo Maggini l’ha scelto da quando è tornato a Roma, la sua città, quella in cui si è laureato in Architettura e la stessa da cui è fuggito per arrivare prima a Londra - facendo un master in Visual Arts/Design Maker al Camberwell College of Arts – e poi a New York – in qualità di assistente di Gaetano Pesce, una collaborazione che si è interrotta dopo due anni – spiega al Foglio – perché, come disse Brancusi quando andò via da Rodin, “sotto i grandi alberi non c’è vita”.

 

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In realtà Maggini, classe 1992, la ricorda come “un’esperienza fondamentale” che gli ha dato la possibilità “di accedere a un master di vita, di fare il garzone di bottega che impara dal suo maestro”. A ben guardare alcune sue opere presenti in ogni angolo della suo "stanzona/studio" accogliente e originale, in effetti, l’ombra di Pesce è evidente: in Sluggish time, ad esempio, ma anche nei vasi colorati che formano i dieci tentativi di forma, come in "Vienimi nel cuore" e in "Fallo e basta", dove però Maggini ha messo sempre del suo. Un nome, una forma, una provocazione, uno stato d’animo divenuto realtà. Dopo il suo rientro a Roma, dovuto principalmente alla pandemia, è riuscito a creare un luogo immaginario ma reale in cui lo spazio è considerato un volume plastico, una maniera del tutto personale per indagare la percezione emotiva del tempo che sarà pure tiranno, ma che può essere anche ben gestito se ci si concentra come fa lui, che tocca, modella, colora, trasforma.

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E, ancora, chiede, si informa, si interroga, chiede ancora, non per forza e solo a sé stesso, e crea. La sua è una continua sovrapposizione liquida tra patrimonio classico, mondo naturale (si pensi a "I funghi si sentono") e riferimenti alla cultura pop. L’enorme torta di schiuma poliuretanica che ha chiamato, non certo a caso, "Flamboyant", l’abbiamo vista ultimamente alla Galleria d’Arte Moderna di Roma nella collettiva Materia Nova. "Roma nuove generazioni a confronto" è curata dall’attento e perspicace Massimo Mininni e vuole essere un progetto espositivo sperimentale composto da un’indagine critica sull’arte contemporanea nella Capitale. L'obiettivo è quello di valorizzare le componenti creative locali del XXI secolo mediante una selezione accurata e identitaria della nuova arte a Roma. Una torta/scultura attorno alla quale Maggini ha costruito attorno un racconto intimo fatto di materiali plastici misti, pensieri e visioni apparentemente fiabesche. “L’opera – precisa lui - appartiene al corpo di lavori 'Schermi', costituito da diverse maschere contestualizzate all’interno di scenari differenti. Si compone di un elemento scultoreo, maschera in resina, e di un supporto bidimensionale, un telo in pvc, come suo contesto”.

  

 

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Le maschere ed i loro contesti creano così delle installazioni che mirano a riconoscere ed estrapolare le sfaccettature della personalità dell’artista per creare personaggi disparati con caratteristiche specifiche. Mentre ci parla, cattura la nostra attenzione "L’uovo che cade da 0 a 10", ritratto-scultura di un uovo che cade in 10 mosse interamente in ceramica come le splendide "Velato e quelle Within 10 minutes". A fine luglio, in Maremma, sarà protagonista della quarta edizione di Hypermaremma (diretta da Carlo Pratis, Giorgio Galotti e Matteo D’Aloja) con un intervento site-specific alla Porta Medina di Orbetello che metterà in luce l’aspetto psicologico della porta come passaggio ad un’altra dimensione e come antico sistema di difesa cittadino, “Sarà un racconto tra continui giochi di luce e trasparenze plastiche”, assicura lui, un artista emergente, “nel senso che non sono monotematico”, precisa.  “Sono un artista che guarda al panorama romano e non solo, a vari sbocchi e canali, mixando l’aspetto internazionale e quello del territorio”. Una persona interessante, aggiungiamo noi, da tenere d’occhio, un vero e proprio saltimbanco come Flamboyant, un artista capace di mettere in luce l’ironia come forma difensiva dagli eventi a volte ingiusti e crudeli del reale. 

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